“Le allegre comari di Windsor” rivivono nella lieve, ironica e riuscita trasposizione teatrale della Compagnia Artemisia Teatro

La leggenda vuole che la regina Elisabetta, divertita dal personaggio di Falstaff nell’Enrico IV, e desiderosa di vederlo ancora sulla scena, avesse commissionato a William Shakespeare una nuova commedia che lo vedesse protagonista e per di più innamorato. Il tutto, secondo i desiderata della sovrana, in quindici giorni. Nasce così intorno al 1600 “Le allegre comari di Windsor”, una pièce eccentrica, sopra le righe, leggera e piacevole, con toni che vanno dall’ironico al grottesco.

La versione portata in scena dalla Compagnia Artemisia Teatro all’AncheCinema di Bari si allontana dal testo del drammaturgo inglese per sposare la riscrittura fatta da Edoardo Erba nel 2017 su richiesta della regista Serena Senigallia che, novella Elisabetta, chiedeva una versione senza personaggi maschili, con quattro donne sul palcoscenico e addirittura senza Falstaff (che però doveva continuare ad essere protagonista).

Raccolta la sfida, e dopo una serie di rimaneggiamenti e sistemazioni anche successivi al debutto, ne è scaturito uno spettacolo divertente, che mantiene all’incirca il 70% del testo originale, e che con un artifizio teatrale fa interpretare alle donne presenti in scena anche i personaggi maschili.

Il testo di Erba è un vero e proprio atto di disobbedienza, e tuttavia lo spirito del drammaturgo inglese è presente nei tratti essenziali della trama e nei caratteri dei personaggi.

Madame Page e Madame Ford sono due donne di mezza età, borghesi e un po’ bigotte, sfiorite nella loro bellezza ma tenaci nel difenderla, che conducono una vita piuttosto monotona. A ciascuna Falstaff invia una lettera d’amore, identica nel contenuto (vengono cambiati solo i nomi), con lo scopo di arrivare, attraverso i favori delle due donne, al denaro dei mariti per sistemarsi economicamente, essendo ridotto in rovina.

Inizialmente offese, ma segretamente ridestate nello spirito, le comari confidano l’una all’altra la “lusinga d’amore” e, scoperto l’inganno, decidono di vendicarsi dell’affronto del Cavaliere.

Da qui in poi il testo di Erba si sviluppa come una sorta di “prova generale”, una simulazione delle azioni immaginate per soddisfare il desiderio di vendetta. Le donne assumono il ruolo dei rispettivi mariti, mentre la serva Quickly, grezza e irriverente, rappresenta un po’ la loro voce interiore, quello che entrambe vorrebbero dire e fare, impedite in questo dalla loro condizione sociale. È lei che suggerisce i modi della vendetta e che guida le azioni di Anne, figlia di madame Page, che dal canto suo sfrutterà la situazione per riuscire a sposare il giovane Fenton, inviso ai genitori. A Quickly viene affidato il ruolo di Falstaff nell’attribuzione dei ruoli da parte delle due dame che preparano il piano per vendicarsi.

Il taglio scelto che, come si diceva, è distante dalla partitura originale, per sua stessa natura potrebbe correre il rischio di creare confusione nella comprensione dei fatti e nel susseguirsi degli eventi, ma ci sembra che la regia di Mariella Lippo e l’interpretazione leggera e ironica da parte degli attori affronti e superi brillantemente questo potenziale ostacolo. Ne viene fuori una pièce eccentrica, lieve, con un buon ritmo, che coinvolge il pubblico presente e numerosissimo (di fatto, un sold out) nel gioco dell’immaginazione e nel racconto della vendetta delle due donne.

Dicevamo della regia di Mariella Lippo, che imprime un bel dinamismo allo svolgersi della vicenda. Suoi anche i costumi, realizzati da Angela Grassi, mentre scene, luci e musiche sono affidati ad Alessandro Iacovelli, Pino Matera e Simona Caliandro.

Brillanti e divertenti le attrici in scena. Maria Passaro (madame Page), Gilda l’Arab (madame Ford), Maria Pina Guerra (Anne). Infine Ernesto Marletta, che veste i panni di Quickly/Falstaff, ci regala una interpretazione camaleontica e molto convincente, passando con grande maestria da un ruolo all’altro, regalandoci un bel monologo finale in un registro nuovo e ancora diverso da quelli precedenti.

Così strutturata e interpretata, la commedia riesce a raccontare efficacemente fatti, sentimenti, costumi, contraddizioni e ipocrisie di una certa società, e non perde l’esuberanza e l’irriverenza proprie del testo originale.

Imma Covino
Foto di Gennaro Guida
dalla pagina Facebook di Mariella Lippo

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