Un incessante e quasi delirante flusso di coscienza per esplorare tutte le esasperazioni e le follie del nostro vivere quotidiano: “Sopra un palazzo” di e con Sergio Vespertino convince e cattura il pubblico del Teatro Abeliano di Bari

Il Festival Multidisciplinare Maschere d’Olivo, nella sezione Actor, ha portato sul palcoscenico del Teatro Abeliano di Bari Sopra un palazzo di e con Sergio Vespertino.

Lo spettacolo nasce intorno al 2010, e di recente è stato rivisitato e aggiornato nei tempi e nei contenuti anche grazie alla collaborazione alla scrittura di Marco Pomar. Fa da contrappunto la fisarmonica di Pierpaolo Petta, che sottolinea e accompagna con particolare vivacità i gesti e le parole dell’artista sul palco, e ci regala anche un paio di assoli assolutamente godibili e intensi.

Sergio Vespertino è un esponente di rilievo del teatro comico siciliano. Nel 1990 è capocomico del quartetto cabarettistico dei Treeunquarto, gruppo che lascia una decina di anni dopo per dedicarsi all’esperienza del teatro di parola, scegliendo come cifra personale e privilegiata quella del monologo. In realtà la sua personalità e il suo talento sono multiformi, e questo gli ha permesso di inanellare nel tempo anche partecipazioni sul piccolo e grande schermo. Lo ritroviamo in alcuni episodi del “Commissario Montalbano”, nei film “In guerra per amore” di Pif e “Rocco Chinnici, è così lieve il tuo bacio sulla fronte”, nonché nella serie “La mafia uccide solo d’estate”, per citare solo alcune delle sue, peraltro pregevoli, incursioni nel mondo del cinema e della televisione.

Ma fondamentalmente, ontologicamente, assolutamente, Vespertino è uomo di teatro, e lo si capisce già nella prima manciata di minuti del suo spettacolo. Che faccia ridere sonoramente, o immalinconire, che coinvolga il pubblico, che lo meravigli con la poesia delle parole e dei gesti, la sua padronanza del palcoscenico, del testo e degli spettatori è totale.

L’andare di Vespertino nella narrazione e sul palco sembra caotico, nevrotico, un vero e proprio flusso di coscienza a tratti quasi delirante che esplora tutte le esasperazioni e le piccole grandi follie del nostro vivere quotidiano. Una  serie di immagini attraverso le quali ci fa toccare con mano  le assurdità che viviamo nella convinzione che si tratti di situazioni “normali”. Insomma, un racconto di fatti e sentimenti, come spesso accade nei monologhi attoriali che animano i nostri palcoscenici.

Ma qui la differenza la fa prima di tutto il testo, ben strutturato, organico, dinamico, a dimostrare che anche un ottimo talento ha bisogno di una bella scrittura, per evitare di limitarsi al piacevole ma banale assemblaggio di sketch di repertorio.

E poi ci sono la personalità, il mestiere, l’esperienza, l’empatia, il legame di rispetto e affetto con il pubblico, la capacità di dialogare e condurre lo spettatore perché entri nel personalissimo mondo che l’attore racconta. E non meno importante l’uso della lingua, il richiamo a quel dialetto che   colora e dà anima, che racconta una appartenenza, il radicamento nella propria terra e nelle proprie tradizioni.

Vespertino riesce a far ridere, riflettere, meravigliare e, in ultimo, stupire. Lo spettacolo parte, come dicevamo, con una carrellata di racconti e di ipotetici ed esasperanti dialoghi con genitori anziani, mentre oggetti di un tempo passato (che peraltro appartengono alla nostra memoria) vengono spostati da un lato all’altro del palcoscenico, ammassati su una sedia in modo apparentemente casuale, e poi nascosti da una tendina, a metà tra un sipario e un confessionale, che diventa rifugio dell’anima inquieta. Si arriva così alle ultime battute, agli ultimi minuti riservati alla poesia, alla tenerezza. Tutto il frenetico andare trova un compimento, un senso, una amorevole sintesi nello stupore e nella meraviglia. Con questi sentimenti, con una splendida trovata scenica che non vi sveliamo (che porta la firma di Carlo de Meo) Vespertino chiude il suo spettacolo. E ci invita a fermarci ogni tanto affinché, nonostante la nostra vita assurda, frenetica e spesso confusa, non perdiamo l’innocenza e l’incanto.

Uno spettacolo divertente, delicato, con un arco narrativo armonioso e scorrevole. E sul palco un artista davvero coinvolgente, capace di farci viaggiare attraverso registri e sentimenti diversi con cuore e passione.

Imma Covino
Foto dal web

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