Un insipido Dickens alla amatriciana: non convince il Canto di Natale de noiartri de “Il principe di Roma” con Marco Giallini

A Natale, si sa, ci sono riti e ritualità. Che non possono in ogni caso essere evitate. Le famiglie si riuniscono, se possono, ci sono i cenoni, i regali, la tombola e, per chi è costretto, la piccola processione di deposizione del Bambin Gesù con il più piccolo della famiglia (che magari ha trent’anni) a guidare l’accorato, anche se stonato, canto propiziatorio.

Ecco. Un’altra, imprescindibile e abbastanza recente, tradizione è la riproposizione dell’ormai stantio Canto di Natale di Charles Dickens: lo abbiamo visto in tutte le salse, film, cartone animato, computer, con attori di ogni forma e colore (ci manca solo il Natale con i Navì di Avatar). Hollywood, l’anno scorso, non sapendo più come fare a propinarci sempre lo stesso racconto, ha provato, con un certo successo internazionale, a descrivere come Dickens abbia generato l’ormai rimacinato Scrooge. I tapini, però, non sanno che i nostri cineasti sono pieni di fantasia e la Hollywood sul Tevere ha rielaborato la storia, ci ha mischiato un po’ di Sordi del ‘Malato Immaginario’ e del ‘Marchese del Grillo’, ed ecco qua confezionato il canto di natale de noiartri.

La storia è a tutti nota. Un cattivissimo e ricchissimo signore vive solitario e odiato da tutti. E’ però temuto, perché dà lavoro, miserabile, a tanti (mi ricorda qualche ceffo che gira per l’Italia). Quando però, nella notte di Natale, il fantasma del suo vecchio socio (morto in miseria) e i tre fantasmi, del tempo che fu, del presente e del futuro, gli fanno visita capisce e si trasforma in un vecchio, un po’ patetico, che regala soldi a destra e a manca, riacquistando in brevissimo l’amore, l’amicizia e la stima di tutti.

Bene. Sceneggiatori, produttori e regista, del Principe di Roma confezionano un film un po’ strabico, un occhio al racconto ed uno alla commedia all’italiana, almeno quella più recente.
Un ricchissimo e truce imprenditore romano del 1829 vuole acquistare il titolo di principe da un indebitatissimo nobile che, per sovramercato gli dà in sposa la figlia. Il tutto prima che il Papa, in agonia, muoia. Ovviamente il nostro, per diventare ricco e potente, è passato sulla testa di tutto e tutti con cinica e crudele ribalderia. Sarà, come detto, la visita di tre fantasmi, defunti e famosi personaggi storici che popolano le notti romane, a condurlo finalmente sulla retta via arrivando all’armonico finale, non senza pretendere di inserire una nota poetica nel lieto fine. Obbligatorio per Natale.

Le aspirazioni del film sono evidenti: raccontare una storia vecchia in maniera nuova, con tocchi di popolare ma non grossolana comicità. Bisogna onestamente dire che il tiro manca completamente il bersaglio. Nel film non funziona quasi niente. La recitazione di Marco Giallini è fiacca e lui sembra sempre che stia mangiando e sia lì quasi per caso tra un piatto e l’altro. In alcuni momenti imbarazzante. I tre fantasmi sono costretti in dialoghi di difficile assemblaggio. Denis Tantucci non ha praticamente battute (pochissime) e non fa altro che sorridere come nella nota pubblicità del plin plin, sia pure con una dolcezza che seduce. A Filippo Timi ormai fanno fare solo l’arrabbiato cronico, truccato in maniera francamente strana per essere Giordano Bruno, però la sua indiscussa professionalità mantiene il personaggio ad un livello quantomeno accettabile. Giuseppe Battiston, pur nella sua nota bravura, è fuori parte, simpatico ma più simile a qualche caratterista un po’ cialtrone che all’attore della cui levatura nessuno dubita. Di Sergio Rubini si deve necessariamente pensare che l’aumento del tasso di interesse abbia fatto schizzare la rata del mutuo. Tra gli attori principali spicca Giulia Bevilacqua che, con i giusti toni, di fatto reinterpreta la parte che fu di un’affascinante Laura Antonelli nel Malato Immaginario di Sordi.

Il regista Edoardo Falcone, che aveva diretto Giallini in Se Dio Vuole e in Babbo Natale questa volta sembra aver lasciato un po’ troppo la mano agli attori.

Insomma, un film da vedere solo se qualcuno durante le feste vi rende la vita impossibile e voi non avete proprio altro posto in cui fuggire se non il cinema più vicino; del resto, le sale bisogna riempirle.

Marco Preverin

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