Un universo ipnotico, visionario ed onirico: “Nuda”, la nuova magia della Compagnia Finzi Pasca, ha inaugurato la Stagione teatrale 2022.2023 del Comune di Bari

La nudità mi rinfresca l’anima.” (Alda Merini)

Se Dio mi desse un pezzo di vita, mi vestirei in modo semplice, e prima di tutto butterei me stesso in fronte al sole, mettendo a nudo non solo il mio corpo, ma anche la mia anima.” (Gabriel García Márquez)

In principio era l’artista di strada. Sì, in principio, perché non vi è dubbio che la creazione del mondo dell’arte della rappresentazione parta da lì, che tutto ciò che oggi pare non poter sopravvivere al di fuori di un ambito circoscritto e senza l’apporto di un pubblico adorante sia figlio – sarebbe meglio dire figliastro – della cultura popolare. Il teatro è forse la maggiore dimostrazione di questa particolarissima involuzione; nato con il carrozzone itinerante di Tespi, si è – finanche repentinamente – rinchiuso in opprimenti stanzoni dove non vi è più alcuno spazio per la sana e liberatoria esternazione delle proprie emozioni. E non voglio dire che non sia giusto: dico solo che così è!

Unica roccaforte del primordiale modo di fare arte resta il circo, meraviglia tra le meraviglie, mondo fatato che, a dispetto delle enormi difficoltà e degli infiniti sacrifici dei suoi abitanti, ci accoglie sempre con un luminosissimo raggio di sole, impalpabile magia che si lascia catturare solo da quanti si abbandonano ai suoi benefici effetti. Lasciarsi andare non è affatto facile, soprattutto per chi conserva il buon vecchio miocardio in un contenitore asettico ed irraggiungibile, lasciandolo atrofizzare e rendendolo refrattario ad ogni emozione; il metodo più facile e sicuro per tornare sui propri passi – lo diciamo per esperienza personale – è imparare dai bambini, che poi vuol dire disimparare, lasciarsi andare a regole altre, spingersi oltre, credere all’incredibile.

Ecco, se non ritorneremo come bambini non potremo mai accostarci con piena soddisfazione e totale appagamento al mondo di “Nuda”, la nuova strabiliante produzione della Compagnia Finzi Pasca che ha splendidamente inaugurato la Stagione teatrale 2022.2023 del Comune di Bari, in collaborazione con il Teatro Pubblico Pugliese; quanti hanno affrontato la prova titanica – e sono stati in tanti, visto che il Teatro Piccinni nella sera della Prima era affollato in ogni ordine di posto – utilizzando il saggio trucco di dare ascolto al fanciullino che è in noi ma che spesso mettiamo a tacere, saranno stati certamente catturati dalla straordinarietà di una performance unica nel suo genere.

Due gemelle: la prima – ma nata per seconda – è una Santa, venuta fuori dalla pancia della mamma con già indosso una tunichetta immacolata composta di zucchero filato, l’altra è più contigua al peccato, nata nuda, sporca, con gli occhi appiccicati, e subito caduta dalle mani del chirurgo; la prima è candida come il latte, l’altra ha la pelle che si macchia di rosso; la prima digiuna ed è in preda a visioni che il mondo intero vuole conoscere, l’altra si abbuffa e vive dei suoi incubi di omicidi e corpi nell’armadio. Si amano, si odiano, si sfiorano, si schiacciano, si elogiano, si denigrano, si perdonano, si perdono e si ritrovano per poi riscoprirsi in una danza liberatoria ed in un estremo e supremo abbraccio pieno di gioia. Detto così, in fondo, potrebbe anche non sembrare gran cosa, invece “Nuda”, nato dall’omonimo geniale romanzo di Daniele Finzi Pasca (edizioni Abendstern, 2014), è davvero uno spettacolo strabiliante, per lo più perfetto nella sua commistione di teatro, danza, acrobazia e circo uniti indissolubilmente, che andrebbe fotografato attimo per attimo, filmato e rivisto al rallentatore, sino a mandarlo a memoria. Dapprima teatro di visionaria parola, magnificamente interpretato da Melissa Vettore e Beatriz Sayad, entrambe voci della sola sorella scapestrata, la pièce trova poi la forza di trasformarsi in una delle oniriche magie senza fine cui l’autore e regista (nell’occasione anche designer luci) ci ha abituati sin dai tempi della sua militanza nei fantastici Cirque du Soleil e Cirque Eloize, qui affidata a Jess Gardolin, Micol Veglia e Francesco Lanciotti, straordinari saltimbanchi acrobati che si concedono il lusso di sfidare le leggi della natura e della vita, giungendo a deridere e sbeffeggiare la morte e finanche Dio.

Le evoluzioni letterarie e fisiche, ben supportate dalle sempre coinvolgenti musiche di Maria Bonzanigo, dalla suggestiva scenografia di Hugo Gargiulo e dai semplicemente seducenti costumi di Giovanna Buzzi, si muovono tra tubi di luce viva, danze aeree, grandi marionette e mille altre diavolerie, così da ipnotizzare lo spettatore, regalandogli anche momenti di pura e sana malinconia, che ha avuto l’accondiscendente compiacenza di disarmarsi, disegnando nell’aria, con il solo ausilio del proprio corpo e di pochi comuni oggetti (un letto, sopra tutti), geometrie impossibili che, lungi dall’essere mera dimostrazione di disumana bravura, servono solo a rappresentare meravigliosi quadri, a donare momenti di struggente poesia e di sfrenata allegria, a tracciare nell’animo solchi difficilmente risanabili.

Prima di restare per sempre irrimediabilmente soggiogati dalle leggiadre trapeziste (come l’angelo del cielo di Berlino di wendersiana memoria), dal vigoroso equilibrista ovvero dalle affascinanti contorsioniste della parola, conviene dichiararsi prigionieri di un universo incantato, che, nel chiuso delle nostre casette, non credevamo nemmeno potesse esistere, ma che, ora, è esploso davanti ai nostri occhi in tutta la sua rara bellezza, e vivere il sogno – che in giorni neri come quelli che viviamo non è poco –, grati del dono ricevuto, “indecisi – come direbbe lo stesso Daniele – se svegliarci o tornare a dormire”.

Pasquale Attolico
Foto: Viviana Cangialosi

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