“The Guilty”: su Netflix un thriller mozzafiato che scandaglia le profondità dell’animo umano

Joe Baylor è un ufficiale della polizia di Los Angeles, un poliziotto di strada, con una vita veramente problematica.
Lasciato dalla moglie e in attesa di un processo da cui dipenderà la sua vita – con una giornalista del Los Angeles Times che lo chiama in continuazione per “sapere la sua versione della storia” -, è stato tolto dal servizio ed esiliato tra gli operatori del 911.
Quando la luce rossa della sua postazione si accende, risponde a telefonate di persone stressate o in percolo che lo trattano come un cameriere e con le quali lui deve essere sempre gentile.
Riceve telefonate come deve, ma Joe non vorrebbe essere lì ed è veramente stressato.
Poi arriva la telefonata che gli cambierà la vita e quella delle persone coinvolte nella vicenda.
Altro non si può dire per non spoilerare.

La storia di “The Guilty“, confezionata da Nic Pizzolato e diretta da Antoine Fuqua, pur essendo un remake del film di Gustav Möller, è davvero coinvolgente.
Passa dalla gestione pubblica (la sala del 911 della polizia di L.A.) circondata dal dramma della citta assediata dagli incendi (siamo in una delle estati recenti che hanno messo a fuoco la California e quindi NON USATE LA PLASTICA MONOUSO), ad un approccio più intimo e intenso, perché il protagonista si sposta in una sala da solo e da lì coordinerà gli esseri umani coinvolti, le loro voci, confrontandosi non solo con quello che avviene al di là del filo ma anche con la sua personale vicenda.
Alla fine, dovrà necessariamente fare i conti con se stesso, con un epilogo in cui lo ha portato tutto quello che accade e da cui non riesce ad essere operatore distaccato; viene trascinato dagli eventi che dovrebbe controllare senza più riuscire a tornare a quello che era prima della telefonata.

La trama si svolge in un’unità di tempo senza interruzioni, senza spazio per pensare ad altro, per identificarsi con qualcun altro che non sia il protagonista. La macchina riprende quasi sempre la sua faccia o il segnale di chiamata. Rosso come il sangue che sarà o potrebbe essere versato.
Antoine Fuqua abbandona i grandi filmoni (Attacco al Potere – The Equalizer 1 e 2 ecc), composti di bravissimi attori che, magari, sono serviti a fargli pagare il mutuo di casa e devono rappresentare un’America invincibile che serva a consolare i bravi cittadini statunitensi di fronte all’evidente decadenza politica del loro paese, per affrontare un tema più “europeo” che lo porta, senza strafare, a scandagliare le profondità dell’anima.

Jake Gyllenhaal ci consegna un’interpretazione attenta ed allo stesso tempo allucinata, come la vita del personaggio richiede, una prova d’attore non facile, che il protagonista regge bene, anche lui senza strafare.
Una menzione speciale, in un film di voci, ai nostri ottimi doppiatori Stefano Crescentini, Dania Tropea, Massimo Triggiani, Valentina Favazza, Francesco Bulkaen, Emiliano Coltorti, Massimo De Ambrosis, Sofia Fronzi, Giacomo Doni, Andrea Moretti, Manna Guadagno, Mauro Gravina, Gaia Bolognesi, Alberto Caneva: tutti bravi a rendere il pathos della storia, pur con qualche difetto di traduzione, nella difficoltà di trasporre situazioni più tipiche degli USA nel nostro linguaggio corrente.

Il film è sulla piattaforma Netflix dal 1° ottobre: se non lo avete visto e vi piace stare per 90 minuti incollati alla poltrona, senza vedere sparatutto ma lasciandovi solo prendere dal piacere della suspense, non lo mancate.

Marco Preverin

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