Io, coinvolta emotivamente da “La vita davanti a sé”, il film evento di Edoardo Ponti con Sophia Loren girato a Bari

La vita davanti a sé” è un film diretto da Edoardo Ponti, tratto dall’omonimo best seller di Romain Gary e disponibile dal 23 novembre sulla piattaforma Netflix.

Una pellicola toccante. Profonda.

Protagonista è Sophia Loren, che torna dopo anni sotto i riflettori, nelle vesti di un’anziana signora ebrea, Madame Rosa, che vive nel capoluogo pugliese e che ospita nella sua casa bambini figli di prostitute. A lei viene affidato anche Momo (Ibrahima Gueye) – un ragazzino senegalese, musulmano, orfano di madre – dal dottor Cohen (Renato Carpentieri), che riesce a strapparle la promessa di ospitarlo per due mesi.
Momo è carico di rabbia nei confronti di tutti e della vita, che è stata davvero avara con lui.
Ed è per questo che decide di mettersi a lavorare per uno spacciatore.
Ed è per questo che è duro, insofferente, scostante e scontroso con tutti.
Anche Madame Rosa è una donna indurita dalla vita, una donna sopravvissuta al campo di concentramento, che si prende cura di questi ragazzini dietro compenso.

È una storia di solitudine, di abbandono e di degrado, ma anche di integrazione, alla cui efficacia contribuisce la presenza di un transessuale, Lola (Abril Zamora), un personaggio tenero, gentile, amico dell’anziana signora.
Ma l’amore ha le sue strade, perciò può portare anche due persone come Momo e Madame Rosa, che appartengono a dei mondi così lontani e diversi tra loro, ad apprendere un linguaggio comune, quello dei sentimenti.

Ecco, dunque, che un rapporto che, inizialmente, sembra essere difficile e improbabile, si trasforma in un forte legame affettivo, in una storia di affetto e lealtà, di sostegno e gratitudine.
Madame Rosa, però, è una donna anziana, che deve fare i conti con la sua età, ma anche e soprattutto con i fantasmi del suo passato, che ancora la tormentano. Ed i suoi demoni sono visibili nella sovrapposizione del passato con il presente, che in alcuni momenti si intersecano a rappresentare un tragico vissuto mai sopito.
Il dolore del vivere si manifesta così nella pellicola in uno scenario che, attraverso uno scarso cromatismo, quasi un triste bianco e nero, mette a nudo questo dolore.
Tuttavia, lo scorrere della vita e del tempo, pur nelle pieghe della precarietà, sa portare i due protagonisti verso lidi emotivi in cui l’amore, le attenzioni, le cure, la reciprocità affettiva diventano balsamo per l’anima e riescono a sanare vecchie ferite.
Infatti, è proprio Momo a starle vicino e ad aiutarla quando è lei ad avere bisogno di lui, negli ultimi momenti della sua esistenza. Ed è Madame Rosa ad insegnare a Momo che nella vita bisogna saper sperare, perché “è proprio quando non ci credi più che succedono le cose belle”.

È un ottimo cast, una buona regia, una intensa Sophia Loren, che caratterizzano questo film. Lei è un’attrice che ci riesce difficile guardare sulla scena senza pensare al suo passato di star cinematografica, di Premio Oscar, perciò le aspettative sono alte e la Loren riesce a non deluderci; la sua interpretazione è lodevole, seppure in un film gradevole e emotivamente coinvolgente, ma non eccelso.
Un film che, tuttavia, ci fa comprendere quanto sia importante per ciascun essere umano il bisogno di essere amati, di “essere visti”.

Ce lo dice anche Laura Pausini, sulle note del brano “Io sì”, al termine del film:
“Non lo so io
che destino è il tuo,
ma se vuoi, se mi vuoi,
sono qui.
Nessuno ti vede, ma io sì.
Chi si ama lo sa.
Serve incanto e realtà
a volte basta quello che c’è:
la vita davanti a sé”.

Ornella Durante

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