Nicola Piovani, novello Teseo, sfida e domina il Mito del Minotauro: salutata da meritate ovazioni “Il Labirinto di Creta”, l’inedita Opera per ragazzi commissionata dalla Fondazione del Teatro Petruzzelli di Bari

L’anno scorso, durante la conferenza stampa tenutasi per la presentazione del progetto “Il Labirinto di Creta”, opera destinata ad un pubblico di giovanissimi, commissionata dalla Fondazione Teatro Petruzzelli di Bari a Nicola Piovani, emblematiche furono le dichiarazioni del Maestro che, riferite a come i ragazzi percepiscano la musica e le arti in generale, stimolarono oltremodo l’attenzione del pubblico verso l’inedita creatura musicale: “Questa rappresentazione indurrà certamente i ragazzi a capire che il teatro, quando si dice che i ragazzi scelgono altri tipi di musica rispondo che la scelta è possibile quando c’è la conoscenza, se non conosci “Tristano e Isotta” non puoi sceglierlo, abbiamo quindi deciso di attingere dal bacino ricchissimo che è quello della mitologia greca, che non ci parla dei destini dell’uomo ma degli uomini di tutti i giorni, storie attualissime, cercando una storia che avesse elementi della favola, il mostruoso Minotauro, Teseo il ragazzo che lo affronta per ucciderlo ma che con tutta la sua forza, senza l’intelligenza di Arianna e il suo gomitolo non sarebbe mai venuto fuori dal labirinto, stiano scrivendo con Paola Ponti il libretto, che conterrà tutti gli elementi della messa in scena, pensati contemporaneamente ai testi”.

La lunga e quasi spasmodica attesa è oggi finalmente terminata e la Prima assoluta dell’Opera è andata in scena salutata da una partecipazione talmente festosa e trascinante da non lasciare dubbi sulla riuscita dell’operazione fortemente voluta dalla Fondazione, che può aggiungere al proprio carnet di successi un altro titolo che, di certo, sfiderà i tempi.

Introdotta dallo scrittore e giornalista Pietrangelo Buttafuoco, che si alternerà in questo ruolo con lo storico Alessandro Barbero nel corso delle repliche previste fino al 21 maggio, la nuova produzione ha tenuto fede all’iniziale dichiarazione d’intenti di provare a strutturare un nuovo approccio con l’Opera classica utilizzando linguaggi musicali e letterari più consoni al pubblico del presente e, soprattutto, del futuro, superando inutili quanto desueti schemi che continuano ad escludere, se non ad osteggiare, richiami alla musica contemporanea. Così, l’intera rappresentazione diventa un florilegio di esercizi di stile, mai lezioso, anzi sempre godibile, affascinante e, qualità forse più importante visto il pubblico cui è rivolta, coinvolgente.

L’ouverture, allegra e scanzonata, introduce due personaggi fondamentali, i clown cantastorie Don Cosimo e Papèla che, con un divertentissimo duetto/battibecco perfettamente miscelato in musica ed in prosa, introducono la storia del Minotauro, creatura feroce, mezzo uomo e mezzo toro, cui piaceva mangiar ragazzini, gli piaceva mangiarli da vivi, difettuccio che costringe suo padre a rinchiuderlo in una speciale prigione, il labirinto che, per chi non lo sapesse, è quella cosa che se c’entri ti smarrisci, giri giri e non ne esci, non riesci a uscirne più.

Ogni anno, all’ingordigia del Minotauro, vengono sacrificati sette ragazzini e sette ragazzine, mangiati vivi, ma quest’anno c’è una novità, un ragazzo con il sole nel cuore, proveniente da Atene è arrivato, micio micio, zitto zitto, quatto quatto, bello bello, lillo lillo, cacchio cacchio e ha deciso di affrontare il mostro.

Ed ecco entrare in scena il nostro eroe Teseo, il quale, decantando tutte le proprie virtù – talento, astuzia e coraggio – giura di vendicare le vittime del Minotauro, sostenuto dall’amore della sua Arianna, figlia del Re di Creta.

Arianna spera di dissuadere il suo amore dal compiere un gesto che ritiene suicida, ma è troppo tardi: Teseo ha già deciso, si vanta di avere un piano infallibile, fino a quando la fanciulla non gli chiede come uscirà dal labirinto e lui ovviamente non ne ha la più pallida idea. E qui vengono fuori il talento, l’astuzia ed il coraggio reali, quelli dell’universo femminile, quelli di Arianna, che dopo aver fatto giustamente notare al suo Teseo che sei maschio, sei eroe, sei possente, ma non sei intelligente, sottolineando, con una battuta che ha fatto venir giù il Teatro, che nel Labirinto la tua spada non ti servirà per ritrovar la strada, morirai come un minchione nella macabra prigione, gli consegna un gomitolo di lana del quale lei terrà il capo all’ingresso della prigione e lui ne srotolerà il filo cammin facendo e in questo modo ritroverà successivamente la strada del ritorno.

Arriva il giorno desiderato e temuto. Teseo si addentra nel labirinto e giunge infine al cospetto del feroce Minotauro, che già pregusta il pranzo e a questo punto viene fuori l’astuzia di Teseo (meglio tardi che mai) che lo circuisce con belle parole, affermando di non credere che sia lui il mostro, mi avevano detto che eri tanto brutto, orribile, bruttissimo, deforme e sgraziatissimo, malfatto e fetentissimo, osceno e immondissimo e invece no, chiosa l’ateniese, sei davvero affascinante, bello, dolce e seducente, incantevole e avvenente, ammaliante e nobilissimo, rubacuori amabilissimo. Dopo questa sviolinata, il povero Minotauro esprime il suo rammarico per dover mangiare il ragazzo, ma Teseo lo rassicura, non deve preoccuparsi ma solo concedergli di esaudire un ultimo desiderio, vale a dire che il mostro gli canti una ninna nanna e lo sventurato cosa fece? Rispose, anzi cantò, per ben due volte, la dolcissima Ninna nanna al chiar di luna al termine della quale si lascia convincere da Teseo a stringersi in un abbraccio che gli sarà fatale, perché il ragazzo nasconde un pugnale con il quale colpisce a morte l’ingenua bestia: è la fine del dramma e l’apoteosi dell’amore tra i due giovani.

Il libretto e la regia, firmati da Paola Ponti e dallo stesso Piovani, navigano di pari passo, accattivanti in ogni istante, e non appaiono mai perdersi nella pur labirintica impresa; la messa in scena, che gode della collaborazione di Alessandra Premoli, appare accuratissima e affascinante, grazie anche alla direzione scenografica e disegno luci di Angelo Linzalata (splendida, a dir poco, la raffigurazione mobile del Minotauro mentre divertente il grottesco gomitolo rosso di Arianna che cresce a dismisura), con il palco inondato da colori caldi ed avvolgenti, ripresi anche dai bellissimi costumi di Luigi Spezzacatene tutti elementi che, assieme al fondamentale apporto del video design di Leandro Summo, sottolineavano perfettamente la bellezza della musica.

Era lei, la musica, la star assoluta della serata. Eseguita in modo eccelso dall’Orchestra del Teatro Petruzzelli, diretta dallo stesso autore, l’inedita pagina pentagrammatica di Piovani, perfettamente legata a testi che, nella loro apparente semplicità – scelta forzata dato il pubblico cui soprattutto si rivolgono – spiegavano passo dopo passo tutta la storia, riuscendo finanche a visualizzare le emozioni ed i sentimenti dei protagonisti, passava in rassegna, senza soluzione di continuità, diversi generi musicali, riuscendo a far convivere infiltrazioni jazz e duetti rossiniani, in una maestosa galoppata che, partendo dall’Ouverture in stile circense – quello tanto amato dal compositore (Benigni docet) -, toccando la già citata Ninna Nanna e giungendo fino al maestoso e corale happy end, attraversava tutta l’Opera

Gli interpreti si dimostravano tutti bravissimi e convincenti, assolutamente all’altezza della prova, a partire dall’ottimo Coro del Teatro Petruzzelli, magnificamente diretto dal Maestro Marco Medved. Raccoglievano le meritate ovazioni Maria Rita Combattelli (Arianna), Murat Can Guven (Teseo), Federica Giansanti (Fedra), William Hernandez, simpaticissimo Don Cosimo, con il suo piglio finto severo, e, in particolare, Toni Nežić, che ha reso il suo Minotauro umanamente mostruoso, facendolo infine amare dal pubblico, nonostante il suo essere antagonista malevolo. Un discorso a parte merita Carlotta Proietti, strepitosa Papèla, capace di recitare magistralmente, cantare superbamente (anche rap) e coinvolgere la platea in modo indissolubile e – vi assicuro – indimenticabile.

Testimoniata la riuscita della produzione, di cui vi consiglio la visione – se i sold out ve lo consentono -, resta la difficoltà – invero di poca importanza – di etichettarla. Troppo facile definirla opera pop, troppo semplice definirla disneyana. Non lo è affatto: è decisamente, assolutamente, prepotentemente, un’Opera piovanesca, dalla genesi fino al sospirato lieto fine che il Maestro ha voluto per Arianna e Teseo perché “ogni storia ha un lieto fine se ti fermi al punto giusto; non varchiamo quel confine fra il festevole e il funesto, anche il pubblico è contento se il finale è trionfale quando il bene vince il male, quando vince la bontà“; non possiamo non essere d’accordo, ma qui c’è qualcosa di più, perché in questo “Labirinto di Creta” creato nel Petruzzelli a vincere è stata la Musica.

Gabriella Loconsole
Foto di Clarissa Lapolla photography
per gentile concessione della Fondazione

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