“La difficilissima storia della vita di Ciccio Speranza”, una fiaba alla rovescia raccontata al Teatro Kismet di Bari

Free to be whatever I
Whatever I choose, and I’ll sing the blues if I want

(“Libero di essere qualsiasi cosa scelga,
E canterò il blues se voglio
”)
(Oasis, “Whatever”, da “Definitely Maybe” 1994)

Ci sono brutti anatroccoli, che trapiantati in un lago di cigni, iniziano di colpo a fiorire e a danzare. E poi ci sono cigni, caduti dal becco di una cicogna dispettosa in un campo popolato dai maiali, e di uomini che nella rabbia e tra il fango dei maiali ci sguazzano benissimo.

È così che Ciccio Speranza vive, non manchevole solo del bacio di una cicogna, ma anche dell’amore di una madre. Vive da solo nella sua condizione, ma assieme a suo padre e al fratello Dennis, in un buco di pianeta dove delle scalcagnate cassette di legno fanno tutto: inginocchiatoi per le preghiere, luoghi di lavoro, di riposo, ripostigli e confessionali. Ciccio vive da solo, seppur in compagnia, perché suo padre e suo fratello, così diversi da lui, ne osteggiano la natura di diverso.

La difficilissima storia della vita di Ciccio Speranza” è una produzione Società per attori e Accademia perduta Romagna Teatri, portato in scena dalla compagnia Les Moustaches, in scena Damiano Spitaleri, Alberto Gandolfo e Federico Bizzarri, Alberto Fumagalli firma il testo e la regia, assieme a Ludovica D’Auria, i costumi sono di Giulio Morini. Lo spettacolo è nel cartellone “Bagliori 2023/24” del Teatro Kismet a cura di Teresa Ludovico.

Diverso, Ciccio, dicevamo. Sì perché Ciccio sogna la città e una carriera da ballerino. Per questo volteggia, in un tutù, prodigioso per un corpo oversize come il suo, in un mondo in cui la farina diventa borotalco e la luce dell’alba, sempre uguale a se stessa, un occhio di bue in cui danzare leggiadro al riparo degli occhi grevi e degli insulti degli uomini di casa. Gli insulti sono ancora più impressionanti perché in una lingua/dialetto, un crocevia tra la lingua basca, la langue d’oc e la ladina, un esercizio molto pregevole della scrittura, che rende qualsiasi discorso una specie di antipreghiera in un Esperanto all’incontrario.

Ciccio è un personaggio bellissimo e commovente, in una storia con uno sguardo un po’ superato nella narrazione della repressione xenofoba. Un ballerino la cui estetica ricorda gli ippopotami di Fantasia di Disney, che fa sognare una vita diversa, senza fame e senza sete, da cui volare via.

Riuscirà Ciccio a volare via dalla sua?

Per consentire loro di vivere in libertà, gli ailotadores immobilizzano le ‘bestas‘ (cavalli e giumente) con il loro corpo per rasarle e marchiarle.” (“As bestas”, regia di Rodrigo Sorogoyen, 2022)

Beatrice Zippo

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