Con il progetto “Eri con me”, presentato a Molfetta per il “Festival Viator – menti, cuori e corpi sulle vie Francigene del sud”, la splendida Alice continua a far brillare di luce accecante i gioielli rubati al Maestro Franco Battiato

Alice è un emblema di stile e di integrità. È un esempio di come ci si dovrebbe comportare quando si fa musica: seguendo l’istinto e la passione, assecondando i propri tempi e le proprie sensibilità. Scrivere per lei è stata una delle sfide più stimolanti dei miei anni da autore.” [Tiziano Ferro]

Franco Battiato è stato, è e sarà per sempre un dono inestimabile che non ci siamo meritati ed il cui valore non abbiamo appieno compreso, un faro di luce accecante che ha tracciato la via in modo indelebile, rendendoci nomadi alle prese con un viaggio infinito, facendoci solcare, attraverso veri e propri mutamenti sonori e dell’anima, gli oceani non solo della musica ma anche e soprattutto della conoscenza, della nostra vera essenza. Se escludiamo il confronto con i classici – cui Battiato dovrà necessariamente essere, prima o poi, accomunato -, è da tempo che non è possibile rintracciare nel panorama mondiale un artista che gli sia associabile, fosse anche solo per quell’incessante evoluzione musicale che lo ha portato dalla collaborazione con il mai abbastanza compianto Maestro Giorgio Gaber all’incisione dei suoi primi lavori “Fetus” (del ‘71) e “Pollution” (‘72), ancora oggi pietre miliari nel campo di una sperimentazione che diventa addirittura sublime ossessione negli anni successivi, grazie alla scoperta di John Cage e all’amicizia con Karlheinz Stockhausen, dando vita ad album ancor oggi inaccessibili ai più, tra cui “Sulle corde di Aires” (‘73), “Clic” (‘74) e “Juke box” (‘77), prima di svoltare decisamente verso la forma canzone, inventandosi un linguaggio che non ha avuto eguali: “L’era del cinghiale bianco” (‘79), “Patriots” (‘80), ma soprattutto “La voce del padrone” (‘81) e “L’arca di Noè” (‘82), fanno schizzare Battiato in vetta alle classifiche di vendita, seguiti da capolavori assoluti quali “Fisiognomica” (‘88), “Caffè de la Paix”(‘93), “L’imboscata” (‘96), il meraviglioso album di cover “Fleur(s)” (‘99), e molti, molti altri.

Ancor più chi avesse avuto, come chi scrive, la fortuna di ascoltare più volte Franco Battiato dal vivo, di certo ritiene difficile, se non impossibile, riuscire a rintracciare – in particolare da quando lui manca a questo mondo – chi possa riproporlo con la medesima maestosa classe e cura estetica; tra i pochi degni di ripercorrere quei sentieri non vi sono certo quelli che urlano istericamente nelle piazze di essergli stati amici, bensì coloro che hanno condiviso con il Maestro quei bagliori di luce nell’istante stesso in cui – provenendo da chissà quale galassia – nascevano e ci venivano rivelati, prima fra tutte/i la splendida Alice (al secolo Carla Bissi), che legava indissolubilmente la sua carriera artistica a quella di Battiato in più di un momento, da “Il vento caldo dell’estate”, primo hit tratto dall’album “Capo Nord”, “Per Elisa”, con cui vince il Festival di Sanremo ’81, e l’album “Alice”, i duetti di “Chanson egocentrique”, tratto dall’album “Azimut”, e de “I treni di Tozeur”, con cui partecipano all’Eurofestival, e tanto altro, tra cui gli album tributo “Gioielli rubati” (’85) e “Alice canta Battiato” (’97), i brani “Eri con me” e “Veleni”, rispettivamente presenti negli album “Samsara” (2012) e “Weekend” (2014), fino al definitivo tour in coppia, accompagnati dalla Ensemble Symphony Orchestra, del 2016, che fa registrare il tutto esaurito in tutte le date e da cui nasce il cd/dvd “Live in Roma”.

A questi tesori inestimabili si è aggiunto ora “Eri con me”, magnifico excursus del repertorio del cantautore realizzato con il solo accompagnamento de I Solisti Filarmonici Italiani e del pianoforte di Carlo Guaitoli, da tempo fedelissimo di Battiato, un disco splendido a partire dalla foto di copertina, realizzata nella residenza/eremo siciliana del Maestro. Su questa pietra miliare discografica, per cui Alice si è aggiudicata la Targa Tenco 2023 solo un anno dopo aver ricevuto il Premio Tenco alla carriera, si è dichiaratamente incentrato lo straordinario concerto inserito nel cartellone della IX edizione delFestival Viator – menti, cuori e corpi sulle vie Francigene del sud, che vanta la direzione artistica di Giovannangelo De Gennaro e Michele Lobaccaro; ed è bastato un attimo perchè lo straripante pubblico che affollava in ogni ordine di posto l’Anfiteatro di Ponente di Molfetta fosse trasportato dalla inalterata sublime voce di Alice e dalla bravura dello stesso Guaitoli e Chiara Trentin al violoncello verso un pianeta altro, un mondo lontanissimo in cui la bellezza, la grazia, la poesia hanno ancora un posto di rilievo.

Grazie alle ipnotiche versioni dei brani già citati e di altri gioielli rubati, momenti pregni di intensità lirica e poetica quali “Da Oriente a Occidente”, “Lode all’Inviolato”, “E ti vengo a cercare”, che Battiato disse di aver compreso appieno solo dopo averla eseguita in presenza di Papa Giovanni Paolo II, “La cura”, “L’addio”, che conobbe anche una divina versione dell’indimenticabile Giuni Russo, “Il re del mondo”, “L’animale”, “La stagione dell’amore”, “Prospettiva Nevski”, “Sui giardini della preesistenza”, “L’era del Cinghiale bianco” e “Torneremo ancora”, ultimo straordinario dono di Franco al suo popolo, ci concedevamo un rigenerante bagno in sonorità d’ambrosia, rapiti dalla sublime musica ma, al tempo stesso, da quelle frasi che hanno occupato inamovibilmente le nostre menti e le nostre coscienze; forse per questo motivo l’applauso più sentito di tutto il concerto mi è parso sia arrivato a sottolineare i versi della sublime “Povera Patria”, episodio che ci fa sperare che, come auspicava il Maestro, qualcosa possa davvero cominciare a cambiare.

Eppure – lo confesso – sono le parole tratte da “Io chi sono?” che hanno rimbalzato nella mia mente durante e dopo il concerto, dato che da quel “E siamo qui, ancora vivi, di nuovo qui da tempo immemorabile … La luce si unisce allo spazio, sono una cosa sola: inseparabili. La luce si unisce allo spazio in una cosa sola: indivisibili” affiora – a mio modesto parere – tutto il rapporto che lega i due artisti, una fiamma che produce una luce ‘differente’ che, lungi dall’essere stanca ed affaticata ovvero dall’apparire ormai distante e dimenticata, è presente, viva ed inesauribile dentro di noi, così da illuminarci ancora il cammino.

Franco Battiato non potrà mai appartenere al passato, mai, ma per essere giustamente ricordato deve ‘servirsi’ di Artisti dalla sconfinata sensibilità che dimostrino tutto il rispetto, tutto l’affetto, tutta la riconoscenza nei confronti del mentore, dell’ispiratore totale, artistico ed etico, rarissima genia di cui Alice è parte integrante nonché genitrice, appartenendo indiscutibilmente ad un mondo “altro”, in cui l’Arte è indissolubilmente legata alla Vita stessa, tanto da tracciarne i percorsi ed il passo, qualità che, da sola, basterebbe ad accomunarla al sommo cantautore siciliano. Ecco, quello che Alice ha fatto durante tutta la sua performance molfettese non è stato esclusivamente interpretare il repertorio di Battiato, bensì lasciarsi usare, pilotare, attraversare da parole e musica, diventarne essa stessa la voce come mezzo e non come fine, vale a dire come strumento – letteralmente – per arrivare al cuore degli ascoltatori, per rendere udibile ciò che udibile non è, per far ‘sentire Battiato’ non solo nei padiglioni auricolari ma molto, molto più nel profondo. Quando Alice canta ci si trova subito da un’altra parte, e si vedono immagini che non ci sono, e si percepiscono esclusivamente onde di vibrazioni positive che dal palco arrivano sino in platea per poi essere restituite agli artisti presenti ed ancor più in là, sino a raggiungere – di certo – il Maestro nella nuova entità dimensionale da lui abitata.

Pasquale Attolico
Foto di Ninni Mare

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