Nuove repliche di “Uno Nessuno Centomila” nell’adattamento e regia di Alessandra Pizzi e l’interpretazione di Enrico Lo Verso: le ragioni del successo dello spettacolo che ormai può considerarsi un classico

Tornerà in scena a marzo al Teatro Traetta di Bitonto e al Teatro Comunale di Novoli, preceduto da due tappe marchigiane il 24 febbraio a Fabriano e il 25 febbraio ad Ancona, l’apprezzatissimo Uno Nessuno Centomila di Luigi Pirandello, con l’adattamento e la regia di Alessandra Pizzi ed interpretato da Enrico Lo Verso.

Perché tornare a parlare di questo spettacolo di cui il Cirano Post ha già spesso parlato, che il pubblico pugliese ben conosce avendo ospitato il suo debutto nell’agosto 2016 e numerose delle sue oltre 500 repliche ed avendo significativamente contribuito a fargli raggiungere il ragguardevole traguardo di oltre 400.000 spettatori e a numerosi dei suoi sold out? Perché tornare a vederlo, come molti hanno fatto e continueranno a fare?

Proviamo a rispondere.
Per l’adattamento, genialmente ritagliato da Alessandra Pizzi centrando il “nocciolo” del messaggio di Pirandello e spogliandolo di molti ornamenti e digressioni utili per dare al libro la dimensione del romanzo ma che possono talvolta appesantirne la lettura a chi non rientra nell’élite degli esperti e dei letterati. Adattamento che mantiene la forma originaria del dialogo tra Vitangelo Moscarda che racconta la sconvolgente esperienza che rivoluzionerà la sua vita ed il suo mondo al lettore/spettatore ma arricchendolo di piccoli dettagli che “colorano” questo dialogo e ne facilitano l’interpretazione e la comunicazione allo spettatore (“io avevo vissuto fino a quel momento con quel naso… senza mai cambiarlo, sempre quello! Le sopracciglia, la mano, le orecchie, le gambe… E che dovevo aspettare di prendere moglie per avere conto che li avevo difettosi!!!”), mantenendo però intatti tutti i messaggi e gli eventi chiave del percorso mentale e della vita quotidiana del personaggio. Genialità dell’adattamento che spiega facilmente la risposta positiva in primis di Enrico Lo Verso, che ripeterà più volte a stampa e pubblico di essere stato convinto proprio dalla fluidità del testo che “meritava di essere rappresentato” a tornare al teatro dopo oltre 10 anni di assenza, e di seguito quella che lui stesso definisce sorprendente del pubblico che, ben lungi dal disertare uno spettacolo “basato su un testo di filosofia”, continua ad amarlo e a tornare a vederlo.

Per l’interpretazione di Enrico Lo Verso, che raccontava durante un incontro con il pubblico di non aver mai avuto un vero rapporto con Vitangelo Moscarda prima di lanciarsi in questa avventura, e forse anche un po’ per questo, libero da preconcetti e sicuramente aiutato dalle quelle radici siciliane di cui va giustamente molto fiero, ha potuto far suo il testo e gradualmente entrare nella pelle e nell’anima di Vitangelo Moscarda. Già, perché, diceva in un’intervista ad Agrigento TV in occasione di una replica proprio “in casa di Pirandello” “questa razionalità esasperata che porta Vitangelo Moscarda a riflettere su tutto e tutti è un po’ nel DNA siciliano” e quindi anche nel suo. Accade così che lo spettatore si senta come trasportato nel parlatorio del ricovero in cui era stata trasformata la sua casa o nella piazza stessa di Richieri, a discorrere con Vitangelo in persona, che con domande precise e dirette proietta i suoi dubbi sullo spettatore, inducendolo a mettersi in discussione, a mettere in discussione il proprio rapporto con gli altri (illuminante a questo scopo la lettura degli estratti del “quaderno degli ospiti” che gli spettatori riempiono con entusiasmo alla fine di ogni rappresentazione). Accade che Vitangelo prenda vita al punto che anche gli spettatori più giovani ne avvertono l’autenticità, la genuinità, la lontananza da ogni artificioso eccesso, da ogni “teatralità” intesa nel senso negativo del termine.

Il Vitangelo Moscarda di Enrico Lo Verso è “vivo e vero”, respira il rapporto con lo spettatore, con il Teatro o la piazza in cui recita, con “quelle assi” avvertendo la magia della presenza di chi le ha calcate e di chi le calcherà e lo porta nella sua interpretazione, al punto che ad ogni rappresentazione i gesti o le soluzioni interpretative benché presenti ed immodificate in tutte le rappresentazioni possono apparire sotto una luce diversa. E in questo modo ad ogni occasione un nuovo particolare può colpire in modo diverso ed inatteso lo spettatore, come il riflesso della luce sulla cattedrale di Rouen colpiva Monet al punto da creare serie di quadri diversi dallo stesso apparentemente immutabile soggetto.
E chissà, forse era proprio questo ciò che cercava Alessandra Pizzi quando scrivendo l’adattamento determinava che avrebbe dovuto essere Enrico Lo Verso, proprio lui e solo lui, a portarlo in scena.

Manuela Colafigli

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