La verità, vi prego, sugli esordi: ecco “Il Sogno di Shakespeare” in debutto nazionale al Teatro Kismet per Teatri di Bari

Estate
che ha dato il suo profumo ad ogni fiore
che ha creato il nostro amore
per farmi poi morire di dolore:
odio l’estate.

(Bruno Martino, “Estate”)

Dev’esserci stato un tempo, prima che le città venissero inondate di petrolio e i cieli di elettricità, in cui gli odori balsamici dell’estate ispiravano i racconti degli artisti di ogni lingua, andando a intrecciarsi con gli afrori della gioventù.
Ecco dove Boccaccio ha salvato i suoi narratori dalla peste di Firenze, ecco dove Giorgione rende la pelle nuda di una fanciulla più fulgida di un lampo, ecco le novelle di Chaucer, tra una mulattiera e l’altra. Ecco dove Shakespeare ha riposto gli ascosti ardori dei giovani attori e amanti del suo “A Midsummer night’s dream”, riempiendo la bucolica di ellenico neoclassicismo, che come tale non risente ancora delle ipocrisie conservatrici della cristianità. Un tempo e un luogo fatato, come l’estate, come la giovinezza, una suggestione che ha scatenato la fantasia dei critici lungo i secoli, ma Shakespeare, si sa, è capitato su questo pianeta per caso, e calcandone le tavole ha parlato di mondi che nessun essere umano vedrà mai per intero.

Debutta dunque al Teatro Kismet di Bari “Il Sogno di Shakespeare”, la lettura che dà la nuova produzione targata “Teatri di Bari”, coprodotta con la compagnia “I Nuovi Scalzi”. Alla regia Savino Maria Italiano, sulla scena Francesco Zaccaro, Lidia Ferrari, Ivano Picciallo, Piergiorgio Maria Savarese, Pietro Quadrino, Thilina Feminò, Zelia Pelacani. Lo spettacolo capita nel mezzo inverno della Stagione 2022/2023 Sconfinamenti” a cura di Teresa Ludovico.

Scopo del gioco, anzi, dello spettacolo, è quello di portare al secondo livello uno dei capisaldi del teatro shakespeariano e elisabettiano: il “play within the play”, lo “spettacolo nello spettacolo”, non solo seguendo il testo del “Sogno di una notte di mezza estate”, ma raccontando le peripezie di una sgangherata compagnia teatrale, tra ritardi e costumi raffazzonati, velleità individuali e rumori di scena amatoriali, coup de théatre improvvisati con fortune alterne e copioni interiorizzati in maniera a dir poco personalizzata, come fa Zaccaro, che più che sopra le righe dà una prova recitativa in cui le righe scappano via ridendo come matte.

Il terzo livello del “play within the play” è nella natura estrinseca dello spettacolo: un debutto presso un pubblico che ha la vibrazione dell’amichevole, nelle cui pieghe si percepiscono le emozioni e gli ingranaggi dello spettacolo che ancora devono scaldarsi: quella luce da sistemare meglio, l’armonizzazione di quella particina, passaggi in cui ancora fuma l’ansia della prova generale. Un’occasione imperdibile, perché non ci sono mai davvero due debutti per qualsiasi evento della vita, la stessa acqua non fluirà mai identica due volte. E quale occasione è più prelibata di un debutto che parla di un debutto che parla del debutto?

Certo, aggiungere un livello al testo originario, già complicato di suo, è un’ambizione che chiede coraggio e dedizione, e la fortuna aiuterà l’audacia. Le acque del mare aperto daranno maturità alla rappresentazione, ma il fascino della prima volta appartiene solo a chi l’ha vissuta. E bisogna essere contenti di averlo fatto.

Beatrice Zippo
Photo credit pagina facebook “Teatri di Bari”

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