“Certe volte io vorrei saperne meno di come va il mondo: ormai non mi sorprende più. Sentire ancora un soffio di purezza, essere terra, selva vergine. Dimmi se questa è o non è magia: “Axé, axé, fortuna a te” (…). Storie di chi rimane e chi invece lascia tutto e se ne va.” (da “Fortuna”)
Il terreno calcato da quanti decidono di affrontare il fertile campo delle cover è fortemente minato e – ça va sans dire – si corrono grossi pericoli nel frequentarlo, anzi grossissimi. Eppure, in un mondo in cui sembra quasi che i fruitori di musica abbiano smesso di pensare col proprio cervello o, meglio, abbiano volutamente messo in stand by ogni neurone avvezzo alla ricerca ed alla sperimentazione, ormai tutti – ma proprio tutti – si lasciano irretire da questo genere di compilation (meglio se natalizia).
Il rischio, come detto, è molto alto; l’effetto “piano bar” o “lounge music’s pub” è sempre in agguato dietro l’angolo, come pure quello “serata tra amici con chitarra”, che magari sarà un po’ più romantico ma sempre orribile è, sino all’odiato, agghiacciante, raggelante, raccapricciante “effetto matrimonio”, un mostro da cui occorre guardarsi sempre con malcelato terrore, dalle mille e più teste che utilizza il canto ammaliante delle Sirene per irretire gli artisti che poi si lasciano soffocare tra le sue spire. Come si può sfuggire alle grinfie di bestia di tali nefaste doti? Ci vogliono armi molto potenti, a cominciare proprio dalla personalità dell’artista impegnato, il quale, pur mantenendosi fedele alla propria cifra stilistica, deve riuscire a trasmettere emozioni inedite nonostante la riconoscibilità delle canzoni ri-visitate, seducendo al punto da far pensare che – forse – la cover abbia addirittura superato in bellezza l’originale.
Con il progetto “Tropitalia”, Mario Venuti è riuscito a confezionare un prodotto di tale genia, donando nuova e personalissima veste ad alcuni tra i più pregiati arazzi della musica italiana, risciacquandoli nelle acque che bagnano le spiagge di Copacabana o Ipanema, in modo che, da questo inedito incontro delle italiche sonorità con la Rio de Janeiro patria del samba, ne uscissero impreziositi e splendenti di nuova luce; da quel cd è scaturito un tour tornato oggi in terra di Puglia e, nello specifico, sul palco del Teatro Forma di Bari per un’unica data, dimostratasi insufficiente a contenere la straripante richiesta di biglietti, che concludeva la trionfale Stagione della rassegna “Around Jazz”, come sempre confezionata dal direttore artistico Michelangelo Busco.
L’autore di vere gemme musicali, tra cui “Qualcosa brucia”, “Un altro posto nel mondo”, “Per causa d’amore” con Patrizia Laquidara, “Mai come ieri” con Carmen Consoli, di cui fu il primo sostenitore, ed “Echi di infinito”, che Mario ha regalato ad Antonella Ruggiero, sceglieva, dunque, di presentarsi al suo adorante pubblico in chiave tropicalista e la commistione tra gli elementi messi in campo appariva assolutamente convincente, con la band, formata da Tony Canto alla chitarra e arrangiamenti (che proponeva anche il suo brano “Il treno della felicità”), Manola Micalizzi alle percussioni e cori, Vincenzo Virgillito al contrabbasso e Neilton Dos Santos alle percussioni, che illuminava in modo eccellente la stella del concerto, realizzando un piccolo capolavoro di suoni e parole, di grazia ed energia, di serenità e gioia nello stesso frangente.
Ed era piacevolmente sorprendente ritrovarsi davanti tanti brani legati a doppio filo alla nostra memoria, che, per loro esclusivo merito, vivevano e vivono ancora di vita propria, talvolta superando persino la fama dei loro creatori, perle di indicibile splendore ed incommensurabile valore che andavano a formare un set che, anche grazie all’ambiente raccolto e familiare del Forma, appariva di rara bellezza, naturalmente posato sui brani tratti dall’ultimo lavoro discografico, tra cui ricordiamo “Quella carezza della sera” dei New Trolls e “Una carezza in un pugno” di Celentano, “Vita” di Dalla e Morandi, “Parlami d’amore Mariù” e “Vivere” direttamente dal periodo fascista, “Ma che freddo fa” di Nada, omaggiata anche con “Il cuore è uno zingaro” del nostro Nicola Di Bari, la sorprendente “Xdono” di Tiziano Ferro, “Figli delle stelle” di Alan Sorrenti, “Maledetta primavera” della Signora Loretta Goggi e una versione brasileira della mitica “Volare – Nel blu dipinto di blu”, che interagivano perfettamente con i successi di sempre del nostro, formando un corpo unico di singolare intensità con “Tutto questo mare”, “Crudele”, “Il più bravo del reame”, “Adesso con chi stai”, “Nina Morena”, “Caduto dalle stelle”, “Veramente” e la già citata splendida “Fortuna”, il primo successo da solista di Venuti dopo l’esaltante esperienza nel leggendario gruppo dei Denovo, brano in cui, di fatto, si potevano ritrovare già i semi che avrebbero dato vita oggi alla rigogliosa pianta “Tropitalia”.
Pasquale Attolico