Torna finalmente il grande jazz a Bari: il quartetto di Ambrose Akinmusire inaugura il Jazz Revenge Fest #1, la neonata rassegna estiva dell’associazione Nel Gioco del Jazz

Bari come Perugia? Ebbene sì. Anzi per una volta lasciateci dire, non senza una malcelata soddisfazione campanilistica, Bari meglio di Perugia. Sì, perché i quattro magnifici concerti che compongono la tranche iniziale della prima straordinaria edizione del “Jazz Revenge Fest”, la neonata creatura estiva, nata dalle belle menti de Nel Gioco del Jazz, che ci auguriamo abbia ancora lunghissima vita, hanno portato nel capoluogo pugliese e, per la precisione, sul palco dell’Arena della Pace, musicisti di fama mondiale, rubandoli, grazie all’instancabile lavoro di Donato Romito e Roberto Ottaviano, rispettivamente nei ruoli di Presidente e Direttore artistico dell’associazione barese, a rassegne ben più blasonate e, soprattutto – è sempre bene sottolinearlo – non venendo mai meno alle iniziali dichiarazioni d’intenti di salvaguardia del genere musicale da noi tanto amato, come – lungi da noi la volontà di aprire una diatriba sull’argomento – ormai siamo abituati a vedere in ogni festival che si fregia di occuparsi di jazz; l’unica contaminazione ammessa nelle scelte di Ottaviano & C. è quella tra le diverse lingue musicali, tra artisti di rarissimo talento che detengono l’innegabile capacità di riuscire a guardare nel futuro, pur non trascurando la grande lezione del passato, di creare nuovi fantastici mondi pur non distruggendo le favolose architetture che ancora oggi ci deliziano.

Ambrose Akinmusire, ad esempio, appartiene senza dubbio a tale genia e lo ha dimostrato, qualora ve ne fosse stata ancora la necessità, nella sublime performance che ha inaugurato il Jazz Revenge Fest #1. Il suo jazz ha davvero un passo diverso rispetto ai colleghi suoi contemporanei, suona inedito ai nostri orecchi, pur potendovi riconoscere tutto lo sterminato background da cui proviene, creando un linguaggio completamente innovativo, audace ed affascinante, fatto di suoni freschi perfettamente miscelati a saggi intervalli, che non è mai, nemmeno per un attimo, dimentico della tradizione. Sembra quasi che il trombettista e compositore statunitense guardi le note, da sempre ferme sul freddo pentagramma, in modo diverso, con una visione finanche impressionistica, riuscendo a dar loro una nuova vita, un nuovo moto, uno scatto diverso, una pericolosa quanto adrenalica accelerata nelle curve della memoria; e tutto questo non suona mai sconnesso, slegato, incoerente, ma, al contrario, traccia una linea chiara ed univoca che cattura l’ascoltatore, il quale non può fare a meno di avventurarsi in un viaggio avvincente che lo porterà a vivere un’esperienza indimenticabile.

Tutto quello che sortisce dalla tromba di Ambrose, come fu per il divino Miles Davis, ha qualcosa di arcano e magico, come del resto assolutamente prodigiosa ed inesplicabile appare la più che perfetta sinergia tra il leader e la sua band, formata dallo strabiliante pianista Samuel Harris, dal batterista Justin Brown e dal contrabbassista Matthew Brewer, un gruppo formato da quattro magnifiche teste pensanti che si trasforma davanti ai nostri occhi e, soprattutto, nelle nostre orecchie, in una vorticosa e caleidoscopica molteplicità di sonorità, dal bebop più sfrenato alla melodia più intrigante. In tale contesto, Akinmusire gioca spesso a mettersi da parte per poi sfociare in una serie di impressionanti assoli della sua tromba, intrecciandosi impeccabilmente coi suoi musicisti e creando un compiuto controcanto soprattutto con Harris, il quale, spesso, ruba le luci della ribalta al band leader, dimostrandosene insostituibile alter ego.

Giustamente costruito sulla più recente uscita discografica “On the tender spot of every calloused moment” (Blue Note Records 2020), il set del rodato Quartetto ha evidenziato una innata forza propulsiva, un desiderio di rompere gli schemi cui siamo stati pigramente abituati, per avventurarsi in terre inesplorate alla ricerca di nuove sonorità, nuove declinazioni, nuova luce, nuova bellezza.
Ecco perchè oggi, grazie al Jazz Revenge Fest #1, possiamo affermare, senza tema di smentita, di aver dato un’inebriante sbirciatina al futuro del jazz.

Pasquale Attolico

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