L’amore e la malattia senza compromessi nel film “Sulla stessa onda”, esordio registico di Massimiliano Camaiti

Isola di Favignana di non so quale anno, fine dell’estate.

La prima scena è un falò acceso sulla spiaggia dove i ragazzi, uomini e donne, fanno una scommessa su chi abbia il coraggio di saltarlo senza ustionarsi. Al lato del falò, un po’ defilate, ci sono due ragazze giovanissime che confabulano tra di loro. Quella con i capelli neri con vene di rossastro, carinissima, e l’altra con i capelli lunghi e biondi ed occhiali grandi da miope, un po’ bruttina. Ma si capisce bene che la bionda è l’amica del cuore della ragazza dai capelli neri/rossastri. A un certo punto la ragazza bruna (che si chiama Sara) prende la decisione, fa una piccola rincorsa, salta in maniera perfetta il falò senza ustionarsi e atterra oltre con un salto perfetto e a piedi uniti. Questo salto avrà poi un significato altamente simbolico.
La nota, questa ragazzina dai capelli neri/rossastri, lunghi ma raccolti con un fermaglio, un ragazzo; tra i due nasce non soltanto la chimica dell’amore, ma anche la chimica dell’idem sentire, del pensiero, del cuore e dell’anima. In questa assolata parte della Sicilia, in un finale d’estate dal tempo bellissimo, si svolge quindi la storia del primo amore tra Lorenzo (17 anni) e Sara (16 anni); il primo è assistente dell’istruttore di vela di cui la ragazza è allieva, in realtà senza motivo, in quanto è già un’atleta di tutto rispetto, avendo partecipato, alcuni anni prima, agonisticamente a regate di vela vincendo anche alcune coppe.
Finito il falò e la veglia sul mare, vanno tutti a dormire in una camera comune: è una sera permeata da una vena di malinconia, perché due giorni dopo finisce il corso di vela e ognuno dovrà lasciare il mare per rientrare a Palermo. Inoltre Sara avverte improvvisamente un forte crampo alla gamba destra, trovando l’immediato conforto dall’amica Barbara.

Sara e Lorenzo sono sulla spiaggia di Favignana: lui le fa sentire il mare e lei, che avverte ancora un crampo sulla gamba destra, gli confessa che ha dovuto abbandonare la vela agonistica perché non aveva più tempo per studiare. Poi vanno ad una festa (che festa non è) in un bar, dove cenano e, dopo le prime ritrosie di Sara, che avverte ancora dolore alla gamba, ballano stretti stretti e, complice una musica stupenda, si baciano, delicatamente come solo due ragazzini al loro primo incontro d’amore sanno fare.
Il giorno dopo, l’ultima regata di Sara finirà tragicamente e solo l’intervento di Lorenzo, che ne aveva intuito le difficoltà, eviterà il peggio.

Finito il soggiorno a Favignana, i due si ritrovano a Palermo, incapaci di staccarsi l’uno dall’altra. Ma Sara nasconde un segreto: tre anni prima le è stata diagnosticata una malattia degenerativa che ha cambiato la sua vita e quella dei suoi genitori. E’ affetta da distrofia muscolare e la malattia sembra essere tornata più aggressiva di prima.
Sara è circondata da una madre premurosa (una intensa Donatella Finocchiaro) e da un padre che, anche se diviso dalla moglie, le resterà vicino, al punto da trasferirsi, a seguito dell’aggravarsi della distrofia, nella vecchia casa coniugale; quando Sara apprende questa insolita notizia sottolineerà ”Se vi siete riuniti, vuol dire che la situazione è peggiorata” con un tono secco, ma senza piangersi addosso. Ma c’è anche l’amica del cuore, un’amica pronta a stemperare con l’ironia ogni domanda, ogni angoscia di Sara. Ma perché tutto questo? Perché queste domande e queste angosce che non hanno una risposta se non le battute ironiche e comunque spensierate della sua amica del cuore? Perchè non sa decidersi se concedersi o no la storia d’amore con Lorenzo. Sarà questo suo interrogarsi all’interno che la porterà a comprendere sulla pelle e nel cuore che anche se si ha poco tempo a disposizione, ne vale sempre e comunque la pena. Infatti i due si ritrovano, incapaci di staccarsi l’uno dall’altra. E le loro lunghe passeggiate in motorino lungo il mare struggente di una Palermo metallica e assolutamente non oleografica, fanno da sfondo alla loro complicata storia di amore: in una di queste occasioni, Lorenzo conduce Sara in un museo pregandola di tenere gli occhi chiusi, la fa sdraiare per poi farle ammirare una vasta distesa di neve con una serie di puntini neri, che sembrano rondini. Uno spettacolo immenso e, ripeto, struggente. Si, complicata, perché Lorenzo, apprendendo della malattia di Sara solo dai suoi genitori, che lo vedono attendere la giovane per lunghe ore in strada, avrà uno scatto d’ira nei confronti della ragazza, allontanandosene. Quando Sara, giorni dopo, cercherà Lorenzo, lui stempererà l’accaduto chiedendole ”Ma tu sei venuta qui per scaricarmi o chiedere scusa? Perché per scaricarmi ormai è troppo tardi. Per le scuse no. Io voglio stare sempre con te.”; così ricominciano le silenziose scorribande dei due, sino a quando, raggiunta una insenatura con una piccola barca a motore, avranno il loro primo rapporto sessuale, amplesso descritto con molta dolcezza e pudicizia, complici i luoghi del loro amore, i luoghi del cuore e dell’anima, fotografati in una Sicilia non da cartolina, che non cede agli stereotipi tanto spesso sfruttati, anche dalla recente fiction televisiva, in cui luce, vento e mare fanno parte integrante del racconto, dandogli una dimensione tattile e sensoriale che giova all’insieme dell’intensità dell’innamoramento giovanile.

Intanto la malattia di Sara si aggrava e questo coinvolge le due famiglie, anche il padre vedovo di Lorenzo, ottimo imprenditore/intenditore di barche che ripara in maniera professionale, che ha instaurato il rapporto col figlio sulla complicità, e la zia del ragazzo (la straordinaria attrice siciliana Manuela Ventura), sorella della defunta, di fatto una seconda mamma. Nonostante alla giovane sia prescritto di non affaticarsi, Lorenzo e Sara hanno deciso di partecipare insieme ad una gara di vela proprio a Favignana, che si concluderà con la caduta della giovane, ormai debilitata, in mare, subito raggiunta dal suo amato che la bacia come se avessero trionfato nella gara.

E poi c’è il ritorno a Palermo dove, sorridente seduto sul suo motorino, c’è Lorenzo all’uscita dell’ospedale. Qui non incombe la morte tout court perché Barbara (l’attrice Sofia Magliara) consegna a Lorenzo la collanina di Sara, comunicandogli, solo tramite un lungo ed intenso abbraccio, la ragazza è volata via. Si, volata via, perché Lorenzo ritorna nel museo dove aveva accompagnato Sara con gli occhi chiusi, si stende a terra, indossa la sua collanina e ammira la vasta distesa di neve. E noi vediamo che quei puntini neri altro non sono che rondini che incominciano a volare e magicamente diventano gabbiani, vanno via lasciando quell’unica distesa bianca di neve, questa volta senza alcun punto nero. E Lorenzo si scioglie in un sorriso.

Le mie impressioni
Il film chiamato Sulla stessa onda è visibile sulla piattaforma Netflix, che lo ha prodotto assieme a Mediaset. Contrariamente a quanto visto con i film americani c.d. strappalacrime pur belli (cito, fra tutti, Love Story e I passi dell’amore), la storia d’amore tra Sara e Lorenzo di fatto è un racconto spensierato sull’adolescenza e la bellezza dell’età dell’innocenza. Non a caso, il regista del film Massimiliano Camaiti, al suo esordio, ci tiene a dire che la tenerezza è la chiave di lettura di questo film: “Il film nasce da un’esperienza personale che ho deciso di raccontare. Dal teen drama si passa al young adult, un melò dove c’è si un destino che incombe, ma che non viene trattato con patetismo. Al contrario, la storia d’amore è così forte che porta lo spettatore a realizzare come può essere più forte di qualsiasi cosa, di come l’amore poi vinca su tutto. Nel film non ci sono cattivi, la tenerezza sta tutta nel protagonista che  fino all’ultimo crede sempre nel meglio. Questo è l’elemento positivo di cui abbiamo bisogno. L’amore lo devi andare a cercare perché come la felicità non bussa alla porta”.
E’ l’amore che supera e va oltre la morte che, ripeto, neppure è “mostrata” nel film, ma solo sussurrata dal tenero abbraccio tra Lorenzo e Barbara.

I giovani attori protagonisti sono Elvira Camarrone e Christian Roberto, siciliani di nascita e romani d’adozione, i quali nel film ci fanno palpitare e innamorare di Favignana, della Sicilia, di questa terra meravigliosa, del mare che li culla e nel contempo li strapazza. Nella piena libertà di credere comunque nel futuro, anche quando il destino ti è avverso perché incombe la malattia. Semplicemente splendida, sofferta e sentita la loro recitazione, in particolare quella di Sara/Elvira, entrambi preparatisi al film in Istituti per la cura della distrofia muscolare, prima a Roma e poi a Palermo, dove hanno potuto confrontarsi con dei ragazzi che vivono la drammatica realtà raccontata nel film. Ha detto Sara/Elvira, parlando di quell’esperienza, che “un conto è leggere, studiare e informarsi, un altro è poter spendere del tempo con questi ragazzi e comprendere quello che vivono.”, mentre le fa eco Lorenzo/ Christian (ballerino oltre che attore): “Stare insieme ai ragazzi del centro ci ha dato una botta di vita straordinaria, la loro voglia di vivere è stata contagiosa e bellissima”; e infatti Sara è come loro: “é determinata, forte, si piega ma non si spezza, affronta tutto con il sorriso. È consapevole che nessuno si salvi da solo e sa che può farcela solo con l’aiuto di tutti. C’è stata una canzone che ci ha unito e che abbiamo usato poi per preparare ogni scena, Promise di Ben Howard, che è stata inserita anche nella colonna sonora del film. L’abbiamo sentita in una pausa ed è diventata subito nostra.
La splendida e intensa Donatella Finocchiaro, la madre di Sara, dice: “Sono tematiche coraggiose da affrontare e parlarne è necessario. Il film può dare un po’ di aiuto alle famiglie e ai ragazzi che si trovano a combattere ogni giorno con la malattia. L’amore è un antidoto potentissimo al dolore e alla sofferenza, questo è il messaggio universale del film, oggi più che mai importante.”

Ma, a mio parere, l’originalità del film che, lo ripeto, si distacca dall’ampio filone americano di genere, risiede nella scrittura e la regia, tutte sommesse e, per così dire, pudiche sul tabù della morte e del dolore, superando il rischio, concreto e niente affatto immaginario, di melensaggine. Infatti, quello che conta in questa chicca che è Sulla stessa onda sono i silenzi, le pause, il non detto, i gesti al posto delle parole, i dialoghi secchi e naturali e per nulla scontati, con una recitazione che potremmo definire eduardiana.
Il non detto, quello che si ricava dal film, lo si apprezza nel colloquio tra Lorenzo e sua zia, nel parallelismo tra la malattia di Sara e quella che ha portato alla morte la madre del ragazzo, un’assenza/mancanza con cui Lorenzo non ha mai davvero fatto i conti e che si è tradotta in uno stallo permanente nella vita di suo padre, rimasto sempre fedele non al ricordo di sua moglie, ma al suo amore per lei.
Di solito, in questo genere di film, la morte costituisce solo il pretesto per estremizzare i sentimenti fra i giovani protagonisti ed accelerare il percorso della loro storia d’amore; qui, invece, si vede che in concreto esiste il bisogno di affrontare e in qualche modo includere un trapasso come eventualità possibile e parte della natura stessa dell’esistenza. Al dolore non si sfugge, bisogna convivere con lui, dice il padre a Lorenzo in un dialogo commovente tra i due, a seguito del quale, vedendo una foto che lo ritrae piccolino con la madre quando esce dal mare, Lorenzo recupera il bene della madre che lui aveva completamente rimosso dalla sua mente.
E la malattia, la morte, il dolore cosa sono?
Sono temi/tabù con i quali il nostro dover vivere si confronta giorno per giorno, ora per ora, minuto per minuto. E questo obbligato confronto lascia i più giovani, i più deboli, in uno stato di disorientamento se non di smarrimento totale.
E, a pensarci bene, è già tutto nel titolo: Sulla stessa onda si riferisce all’onda del mare nella vela e all’onda emotiva dell’amore che supera la morte, quasi ignorandola, convivendo con il dolore.
Sotto tale profilo i messaggi del film arrivano con codici diretti, facili da decifrare, per raccontare il coraggio di lasciarsi coinvolgere – e anche travolgere, come da un’onda – da ciò che fa della vita un percorso affascinante e meritevole, benché non privo di cadute.
Qui non c’è la banalità dell'”estate sta finendo” di tanti film che hanno avuto fortuna al botteghino; qui, invece, c’è un finale d’estate che profuma di sabbia bagnata, quella in cui le uniche mascherine ammesse sono quelle subacquee, in cui Sara e Lorenzo, giovanissimi, si incontrano, si piacciono e capiscono di essere fatti l’uno per l’altra. E’ una storia vera e semplice sulla genuinità dei sentimenti e sul carico di emozioni di cui i due protagonisti iniziano a farsi carico troppo presto, in un’età in cui domina – o almeno dovrebbe dominare – solo la spensieratezza.
Certo non la malattia, la morte e il dolore che incombono.

Nicola Raimondo

Condividi

1 commento su “L’amore e la malattia senza compromessi nel film “Sulla stessa onda”, esordio registico di Massimiliano Camaiti

  1. Elisa Rispondi

    Complimenti! Con garbo e con dolcezza hai commentato una tenera storia di due ragazzi che si affacciano alla vita sperimentando l’amore e il dolore ma riuscendo tramite il primo a non essere sopraffatti dal secondo. Buona Pasqua

Rispondi a Elisa Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.