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E’ una sera di fine settembre e sono tornata al cinema; non ci andavo da febbraio, per i noti motivi.
Ho voluto riprendere questa mia amata attività, quella del grande schermo, con qualcosa che sapevo già mi avrebbe travolta.
E infatti.
Mi sono ricongiunta alle sale cinematografiche con “Paolo Conte, via con me”, film documentario di Nexo Digital, diretto da Giorgio Verdelli, presentato alla 77° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
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Parto dalla fine: sono uscita dal cinema emozionatissima, con la testa piena di note e il cuore che mi scoppiava di gioia e di vita. Questo è l’effetto che ha su di me Paolo Conte; un effetto tale che ho sempre dovuto prenderlo a piccole dosi: non posso ascoltarlo troppo a lungo e troppo di frequente, arriva un momento in cui devo spingere stop e respirare.
Troppa bellezza, si sa, acceca e imbarazza.
Perché è proprio di bellezza pura che sono fatte le sue canzoni: jazz incantatorio e parole perfette ed evocative. Quando appare sullo schermo è come se tutta la sala si riempisse della sua presenza; ad un certo punto mi è perfino parso di sentire odore di sigarette, le sue, quelle che fuma di continuo e quelle che forse hanno in qualche modo contribuito alla profondità della sua voce e alla sua immagine iconica.
Racconta di come le sue canzoni non siano autobiografiche, ma basate su un suo personale immaginario fatto di caffè, orchestrine, donne che odiano il jazz e non si capisce il motivo, di campagne che abbaiano, di settimane enigmistiche che compra da sempre, tutte le settimane. Della sua famiglia di legali e amanti della musica parla diffusamente, così come di Asti, città in cui è nato, famosa per aver dato i natali ad artisti tragici come Vittorio Alfieri, che poi, dice lui, anche il jazz può sembrare tragico ma per me è un diletto, qualcosa di delizioso.
Asti città dall’acqua verticale, città di pioggia, al contrario di Genova, dall’acqua orizzontale, città di mare, a cui dedicherà una delle sue canzoni più belle. Mare, mare, ovviamente Azzurro: appena ne terminò la composizione la fece ascoltare a sua madre che pianse commossa ed emozionata; sua madre aveva capito che si trattava di un capolavoro e quando morì lui decise che l’avrebbe accompagnata il testo autografo di questa canzone ormai patrimonio nazionale; difatti partono poi immediatamente le immagini del recente repertorio dei mesi appena trascorsi di gente che la canta dai balconi.
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Ma nel film non c’è solo lui.
In tanti sono stati intervistati per parlare dell’avvocato cantautore.
Benigni che parte dall’onomastica: in effetti fare Conte di cognome vorrà pur dire qualcosa.
Guido Harari che lo ha immortalato in una fotografia iconica: la sua faccia bellissima e i tre kazoo.
Patrice Leconte e Jane Birkin che ci raccontano “le chic e le charme” di quest’uomo che ha incantato i francesi.
E Andrea Camilleri che regala per lui e per noi la definizione più semplice e calzante: l’eleganza dell’intelligenza.
E ancora Stefano Bollani, Caterina Caselli, Paolo Jannacci, Francesco De Gregori e tanti altri per decine di aneddoti, storie, curiosità, attestazioni di immensa stima.
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Nelle immagini di repertorio lo vediamo bellissimo e fascinoso a quarant’anni: smoking, rosa rossa nel taschino, immancabile sigaretta, baffi e sguardo profondo.
Lo vediamo in tv, con Gianni Minà e Monica Vitti.
Lo vediamo durante gli epici concerti a Verona, Napoli, Roma e in giro per il mondo circondato dalla sua fedele orchestra, fatta da musicisti di primissimo livello e lui lì, al pianoforte, a suonare e dare voce alle quelle parole bellissime, a quelle storie senza tempo che parlano di amori, di impermeabili su cui piove bene, di gelati al limon, di caffè mokambo.
In questo film gli fanno domande e lui risponde, sembra quasi un miracolo sentirlo parlare di se stesso. E la cosa che colpisce è lo sguardo, gli occhi: liquidi, chiari e bellissimi, quasi ammantati di timidezza. E quel sorriso sfuggente, di chi non sa esattamente cosa rispondere ai complimenti e ai grazie.
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La brutta notizia è che questo film documentario era in programmazione solo il 28, 29 e 30 settembre. Ma la bellissima notizia è che ha riscontrato un tale successo di pubblico da essere riproposto nelle sale dal 15 al 18 ottobre.
Io tornerò al cinema, per rivederlo.
Per emozionarmi e sentirmi imbarazzata e grata e mai sazia della sua “eleganza dell’intelligenza”.
Alida Melacarne