L’impegno e la speranza: il significativo successo della rassegna “Jazz a San Marco” dell’Associazione Nel Gioco del Jazz

Dopo la guerra, c’era una voglia di ballare che faceva luce.” (Francesco Guccini)

A volte la musica acuisce le nostre emozioni, le accresce e, in un attimo, le rende indelebili, facendo sì che un solo istante vada ad imprimersi nella nostra mente, superando il tempo, lo spazio e l’evento stesso cui stiamo assistendo, come fosse un messaggio in codice da mandare a memoria, un’istantanea che – finalmente – si prenda l’onere di fotografare con lucida perfezione il drammatico e – purtroppo – ancora irrisolto momento storico che stiamo vivendo; così, a volte, basta che la sirena di un’ambulanza di passaggio faccia da non richiesto ed improbabile accompagnamento al sublime verso “e non ho amato mai tanto la vita” tratto dalla “Tosca” pucciniana, per riportarci violentemente quanto inaspettatamente ai tragici fatti dei nostri giorni, trasformando, di fatto, quelle note nella virtuale colonna sonora di questi tempi incerti, e quel disperato grido di dolore di un Cavaradossi ormai condannato nel nostro stesso dilaniante quanto imploso urlo di insurrezione nei confronti del dolore che ci sovrasta da mesi e che non cessa di circondarci ed interessarci.

Quanto riportatovi è accaduto nel primo dei quattro set di “Jazz a San Marco”, la breve ma intensa e partecipata rassegna, che avrà un’appendice il prossimo 29 agosto con il concerto del Quartetto di Guido Di Leone, che l’Associazione Nel Gioco del Jazz ha realizzato nel capoluogo pugliese, compiendo, con la solita impeccabile professionalità, uno sforzo organizzativo di non poco rilievo e facendo sì che finalmente fossero poste in modo degno sotto le luci dei riflettori le suggestive ed amate pietre del sagrato della Parrocchia San Marco del quartiere Japigia. Anzi, forse proprio l’inconsueta ma – a modo suo – perfetta location ha reso il senso di un’operazione che è, insieme, di impegno e di speranza, come hanno più volte sottolineato il Presidente dell’associazione Donato Romito e l’ottimo padrone di casa, il mitico Don Biagio, che si dimostrava anche inappuntabile deus ex machina dell’intera manifestazione, ancora una volta creata dalla fervida e saggia mente del direttore artistico Maestro Roberto Ottaviano; realizzare concerti gratuitamente, grazie anche all’apporto del Comune di Bari, rappresentato dall’assessore Ines Pierucci, in un quartiere di frontiera, peraltro nel luogo simbolo della lotta al degrado ed alla criminalità, in questi giorni in cui il mondo sembra ancora in bilico tra una timida ripartenza ed un ritorno al terrore pandemico, assume, se è possibile, un significato ancor più forte e denso, potendo la musica, probabilmente molto più che in ogni altra circostanza, rispondere anche all’enorme e palpabilmente condiviso desiderio di “nuova vita”.
I musicisti impegnati, poi, da tempo attestatisi tra i migliori prodotti jazz del nostro territorio, hanno tutti messo la loro Arte al servizio di questa “missione”, realizzando, equamente divisi in due sere, quattro mini concerti di assoluto spessore.

Paola Arnesano e Vince Abbracciante, come detto, hanno presentato il loro prossimo lavoro discografico, il terzo in duo, questa volta dedicato al mondo dell’Opera; le scelte operate risultavano tanto più convincenti quanto più si allontanavano dai sentieri già troppo a lungo battuti, proponendo arie d’opera meno note in cui la voce della Arnesano e, soprattutto, la fisarmonica di Abbracciante riuscivano a disegnare traiettorie plastiche di voli avvincenti, anche se talvolta pindarici, e ad avvincere emotivamente il pubblico.

Ben altra musica quella dei “Three Moons”, trio, che perlomeno meriterebbe un premio per il goliardico doppio senso nel nome, in cui si celano il sax di Gaetano Partipilo, il contrabbasso di Mauro Gargano e la batteria di Fabio Accardi, che hanno dato vita ad una performance energicamente vigorosa e trascinante, in cui trovavano posto imperituri standard e brani originali che, eccezionalmente, utilizzavano come supporto ritmico anche invenzioni dialettiche trasmutate dallo slang barese.

Ugualmente coinvolgente, ma a fronte di sonorità ben più sognanti, finanche ipnotiche, si è rivelato il set di “Alberto Parmegiani & The Daredevils”, con la splendida chitarra del band leader che si mescolava superbamente con il basso di Antonello Losacco ed il pianoforte e le tastiere di Francesco Schepisi nel costruire architetture musicali di rara bellezza e sensibilità, in perfetto stile metheniano, che, complice anche la spirituale location, regalava all’animo dei presenti momenti di agognata dolcezza.

Dannatamente corroborante e rinvigorente, al contrario, risultava la playlist di altissimo livello, per lo più composta da standard in cui troneggiava una splendida versione di “Nature boy”, assemblata dal “Gianlivio Liberti Levity Trio”, con Giuseppe Bassi al contrabbasso, Mike Rubini al sax e, soprattutto, Liberti alla batteria in assoluto stato di grazia, lapalissianamente carichi, se non addirittura eccitati per il ritorno sulle scene dopo il blocco forzato, fervore che veniva trasmesso al pubblico, finanche costringendolo a saltar su dalle sedie in preda all’entusiasmo.

L’appuntamento con la stagione di Nel Gioco del Jazz si sposta ora ad Alberobello per i concerti dell’U.K. Legacy di Roberto Ottaviano e del Duo di Elina Duni e Rob Luft, per poi tornare, come anticipato, alla Parrocchia di San Marco, prima del doppio evento di prestigio con la divina Norma Winstone, che si esibirà nelle Grotte di Castellana il 4 settembre e il giorno dopo all’AncheCinema di Bari.

Pasquale Attolico
Foto di copertina tratta da Bari Inedita

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