La musica di Beethoven diviene veicolo di riflessione e speranza grazie a Piero Rotolo, Paride Losacco e Agimus String Quintet

Noi, esseri finiti, personificazioni di uno spirito infinito, siamo nati per avere insieme gioie e dolori; e si potrebbe quasi dire che i migliori di noi raggiungono la gioia attraverso la sofferenza. La musica è una rivelazione più profonda di ogni saggezza e filosofia; chi penetra il senso della mia musica potrà liberarsi dalle miserie in cui si trascinano gli altri uomini.
(Ludwig van Beethoven)

Ci sono occasioni in cui un evento diviene veicolo per raggiungere gli angoli più reconditi dell’animo umano e scavarvi solchi profondi ed indelebili.
Fin da quando l’associazione musicale Agimus di Mola di Bari ha annunciato che il suo 700° concerto, il primo post lockdown da Coronavirus-19, sarebbe stato dedicato alle vittime della pandemia virologica che così duramente ci ha provati e che continua a spandere i propri nefasti effetti sulla popolazione mondiale, era facile supporre che l’appuntamento non avrebbe potuto essere ordinario né usuale; ancora una volta, ma forse molto più che in ogni altra circostanza, la musica avrebbe risposto all’enorme desiderio di condivisione di emozioni, di gioia, piacere, amore, ma sarebbe stato anche mezzo per intraprendere una riflessione comune, un percorso emotivo che, pur partendo da un momento di dolore e tristezza, riuscisse a lasciare negli ascoltatori una sensazione di rinnovata ed ispirata speranza.

Tutto ciò è apparso forte e chiaro al pubblico, che, pur attenendosi alle norme sul distanziamento sociale, assiepava il Chiostro di Santa Chiara di Mola di Bari, tanto nelle parole di apertura del Maestro Piero Rotolo, qui nella doppia veste di storico direttore artistico dell’Associazione e di concertista solista, cui hanno fatto seguito le sapienti introduzioni ai brani di Fiorella Sassanelli, quanto – e, forse, soprattutto – nelle note che scaturivano dal programma affrontato, poi replicato nei giorni seguenti nel Chiostro di Sant’Antonio di Polignano, all’interno del Festival “Ad libitum”, e presso l’Istituto Redentore di Bari, denominato Beethoven 250, per l’anniversario dalla sua nascita testé festeggiatosi, che comprendeva una selezione delle opere del geniale compositore tedesco assolutamente indovinata per una serata con tale dichiarazione d’intenti, vale a dire il Primo movimento della Sonata in Do diesis minore 27 n.2, nella trascrizione per pianoforte e archi di Angelo Palmisano, la Romanza n.2 in Fa maggiore op 50, nella versione cameristica di Carl Hinde, ed il Concerto n.3 in Do minore op.37, nella versione cameristica di Vinzens Lachner che ha goduto della ricostruzione della partitura di Carl Hinde.

La musica del divino Ludwig, probabilmente anche in virtù della malinconica sofferenza di cui è essa stessa intrisa, riusciva indiscutibilmente a toccare il cuore della gente e ad andare in profondità, grazie anche ai musicisti impegnati, che dimostravano di saper estrarre dal pentagramma tutta la bellezza e lo splendore della partitura originale, soprattutto nell’esecuzione del Concerto n.3 che rendeva palpabile tutto il pathos romantico che l’autore diede alla sua composizione, come testimoniato dalla scelta della tonalità minore che avvolge il lavoro, forti di una tecnica saldissima e di un suono cristallino ed incisivo, talvolta finanche graffiante ma senza sbavature, estremamente elegante.

La perfetta miscellanea dei valori messi in campo, che, oltre all’ispirato pianoforte del già citato Rotolo, potevano vantare i violini di Flavio Maddonni e Rita Iacobelli, il violoncello di Anila Roshi, il contrabbasso di Wu Hsueyu e la viola di Francesco Capuano, riunitisi sotto il nome di Agìmus String Quintet, ci restituiva un’interpretazione carismatica, raffinata, cesellata, penetrante, incontaminata, che comunicava al pubblico un coinvolgimento sincero e totale, emozione resa ancor più forte dalla presenza sul palco del giovanissimo Paride Losacco, alla sua prima prova da solista, i cui meriti, come giustamente sottolineato dal pigmalione Rotolo, andavano ben al di là dell’indiscutibile talento violinistico, dimostrato anche nel bis in solo alle prese con il Capriccio n.17 di Niccolò Paganini, incarnandosi in lui proprio quella speranza nel futuro di cui si è appena detto e di cui era certamente pregno il chiostro, trasformatosi in un santuario laico in taluni passaggi del concerto, tra cui deve essere sicuramente annoverato il bis con cui Piero Rotolo e l’Agìmus String Quintet rendevano omaggio al genio impareggiabile del compianto Maestro Ennio Morricone eseguendo, da par loro, i Temi d’amore da Nuovo Cinema Paradiso e da La leggenda del pianista sull’Oceano.

Pasquale Attolico

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