Destino e caos si mescolano nella prima stagione della serie tv “The Witcher”

Gradazione di grigi, alberi spogli e acque torbide che all’improvviso esplodono, facendo emergere una kikimora, immonda  creatura simile a un ragno gigante, e un uomo muscoloso,dai capelli lunghi e bianchi e abile con la spada.

Avviene così l’ingresso nel mondo di “The Witcher”, nuova serie originale Netflix, ispirata alla saga best seller scritta dall’autore polacco Andrzej Sapkowski. La prima stagione della serie tv è disponibile su Netflix dallo scorso 20 gennaio e ha riscosso un grande successo, coinvolgendo anche chi non ha mai letto i romanzi da cui è tratta né giocato alla trilogia videoludica, che ha debuttato in Europa nel 2007 e che si è conclusa nel 2015 con “The Witcher 3: Wild Hunt”. Proprio in seguito ai grandi consensi che hanno accolto la serie tv, la CD Projekt Red ha manifestato il desiderio di voler collaborare ancora con Sapkowski per la creazione di un nuovo videogioco dedicato a “The Witcher”.

 “Quindi questa è la tua vita: mostri e denaro”. Questa citazione potrebbe essere la breve descrizione delle vicende di un witcher, che uccide mostri dietro compenso. Ma è davvero così?

Geralt di Rivia, interpretato magnificamente dall’attore Henry Cavill, è uno strigo, umano modificato geneticamente. I witcher hanno poteri sovrumani e possono compiere magie basilari. Si narra che essi non provino emozioni e Gerald sembra voler dare adito a queste credenze, probabilmente false. Egli erra per il Continente con il suo cavallo Rutilia, evitando legami e coinvolgimenti sentimentali.

Ama così tanto la sua indipendenza da ignorare il suo destino, che lo vorrebbe al fianco di una bambina, la principessa Cirilla (Freya Allan). Geralt non crede alle profezie e le sue scelte porteranno morte e sofferenza nel Continente.

Verrà costretto a fare i conti con la sorte e anche la sua solitudine inizierà a scomparire, sin dall’incontro con Joey Batey nei panni di Ranuncolo (Jaskier nei romanzi e Dandelion nel videogioco), bardo logorroico e solare che accompagnerà le avventure dello strigo con le sue canzoni, ricordando la figura di Ciuchino, l’asino amico dell’orco Shrek e poco gradito inizialmente al protagonista.

Il tema del destino, è affiancato da quello del caos che scaturisce dalle azioni degli uomini. Gli elfi, quando arrivarono mostri e umani, insegnarono a quest’ultimi a controllare il caos e a trasformarlo in magia. Ma gli umani, padroni di tale potere, uccisero tutti gli elfi. Il caos regna nel Continente e chi non è in grado di controllarlo ne viene distrutto. Yennefer, interpretata da Anya Chalotra, è colei che più esprime il potere del caos all’interno della prima stagione. Grazie al suo caos interiore porterà sullo schermo una metamorfosi ricca di pathos.

La storia di Yennefer, così come quella della principessa Cirilla, scorre in parallelo a quella di Geralt. Due figure femminili diverse ma entrambe molto forti: Yennefer, sfortunata e storpia che compirà un’ascesa di rivalsa, e Cirilla, che non aveva mai avuto il contatto con la realtà e che si ritrova scaraventata in un mondo di guerra, mostri e ingannatori, dimostrando, proprio in questa caduta, abilità inaspettate.

I personaggi principali, Geralt, Yennefer e Cirilla, sono accumunati dalla perdita delle loro famiglie. “It’s a family drama … with monsters” afferma Tomasz Bagiński, produttore della serie tv.

Non è facilmente intuibile sin dal principio cosa legherà uno strigo, una maga e una principessa. Flashback e flashforward rendono difficile, in un primo momento, la comprensione degli avvenimenti. Ma proprio per questo la storia è sempre avvincente e coinvolgente. Le peripezie dei tre protagonisti, pur essendo narrate in parallelo, avvengono in momenti storici diversi per poi congiungersi, fidelizzando del tutto lo spettatore.

Ogni episodio sembra mettere in scena una missione da portare a termine, un po’ come un livello da superare all’interno di un videogioco. E proprio come in uno di essi, Geralt si ritrova spesso a un bivio, come se si volesse alludere alla possibilità del giocatore di fare una scelta attraverso il suo joystick e di avere il destino degli attori nelle proprie mani, idea a cui si è ispirato, per esempio, il film interattivo Black Mirror: Bandersnatch. Probabilmente è proprio la struttura del racconto a dettare una narrazione autoconclusiva delle avventure del protagonista, come se ognuna di esse rappresentasse una missione.

In the Witcher anche le riprese, a volte, ricordano il videogioco, soprattutto nelle inquadrature a figura intera con Gerarlt di spalle. Ma va sottolineato che la serie tv trae spunto esclusivamente dai libri, iniziando dalle prime due raccolte di racconti: “Il guardiano degli innocenti” (1993, in Italia 2010) e “La spada del destino” (1992, in Italia 2011) .

Ogni episodio inizia con un emblema che appare sullo schermo come se fosse il titolo o la chiave di lettura dei 60 minuti che seguono (un’eclissi, una stella di ossidiana circondata da anguille, un’impronta con artigli la cui pianta è costituita da un giglio, una spada spezzata da un albero che l’avvinghia, una figura femminile e una maschile che si intrecciano, un drago).

In apertura dell’ultimo episodio, tutti questi emblemi si fondono tra loro, dando forma al logo della serie: un anello che circoscrive il profilo di un lupo, una rondine e una stella, tre elementi che rappresentano i personaggi principali.

Sebbene alcune creature in CGI risultino poco credibili, il make up ne rende perfette altre, facendo sì che lo spettatore sorvoli su ciò che gli ha fatto storcere il naso.

Oltre al trucco, meritano un giudizio positivo i dettagli con  cui è arricchita la fotografia, la coreografia dei combattimenti e le musiche che accompagnano le gesta di Geralt, Yennefer e Cirilla. Le note dei compositori Sonya Belousova e Giona Ostinelli creano un’atmosfera epica, fantasy, avvolgente che si sposa alla perfezione con ambientazioni medievali, efferati combattimenti, boschi e creature immaginarie. Impossibile dimenticare “Toss a coin to your witcher” (“Dona un soldo al tuo witcher”), la canzone cantata da Ranuncolo e che lo stesso Joey Batey ha dichiarato di aver canticchiato per otto mesi.

La prima stagione sembra essere soltanto un’introduzione. Con un cliffhanger degno delle migliori serie tv, “The Witcher” ci saluta lasciandoci col fiato sospeso e in attesa di risposte.

Nella mente dello spettatore resta un mondo in parte già noto grazie ai fantasy degli ultimi 20 anni, ma Sapkowski ha permesso di esplorarlo attraverso gli occhi di uno strigo, creatura poco nota, di una maga, che non è solo la spalla del protagonista, una principessa costretta a cavarsela da sola e degli elfi non necessariamente biondi e dalla pelle granitica e perseguitati dagli umani.

Non resta, dunque, che attendere la prossima stagione, sperando che soddisferà nuovamente le aspettative dei fan.

Elisabetta Tota

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