5 febbraio 2020 – I goggioni

So’ cose brutte, diciamocelo.

Uno si sforza, dà fondo a tutte le sue energie, chiama a raccolta tutti gli amici, dà il massimo di se stesso, ma se i risultati non arrivano o arrivano di segno opposto a quanto sperato, un principio di tristezza in fondo all’anima fa capolino fino a che non arriva la domanda fatidica: “Ma chi minghia me l’ha fatto fare?”.

No, non sto parlando dei tifosi dell’Inter che da anni, ad inizio stagione, progettano, indirizzando tutte le loro forze a tale obiettivo, di vincere lo scudetto o di quelli, altrettanto volenterosi, della Juve che sognano ogni anno di vincere la Champions e puntualmente, gli uni e gli altri, a maggio, ci rimangono male.
E neanche dello sfortunato gruppo dei Pinguini che da mesi, gelosi del successo delle Sardine, tentano di accreditarsi in ogni consesso e in ogni manifestazione come “animali alternativi”, rimediando, tuttavia, chiusure di pagine facebook, denunce per istigazione all’odio, casini processuali e brutte figure.
E non parlo neanche del ragazzo poco sveglio e che va male a scuola che i genitori tentano disperatamente di sottrarre alle cattive compagnie o di distrarre da malsane abitudini per poi ritrovarselo bocciato a scuola o, peggio, in qualche pagina leghista a fare il bulletto.

Più banalmente, parlo di questo curioso fenomeno “social” degli – come li vogliamo definire? – “odiatori di Sanremo”.
Il Festival, intendiamoci, è quello che è.
Non rappresenta certo il meglio del panorama musicale italiano; e, tranne poche eccezioni, celebra il passato e non guarda al futuro.
Di più: a volte è proprio un chiancone utile solo ad alimentare pettegolezzi e vendere qualche copia in più di giornali.
Ma come tutti gli “eventi pop” è un termometro del Paese e, se lo si prende con le pinze e con giusta misura, può regalare anche qualche piccola soddisfazione.

Succede dunque che, armati di tastiera, tempo libero a iosa e volontà di ferro, fanno una pagina facebook dall’intrigante nome “iononguardosanremo“.
Un po’ tutti siamo stati invitati e, pur non iscrivendoci, i post ci capitano sulla home page e siamo costretti a leggerli.
Se qualcuno si distrae o, per qualche giorno non può aprire facebook, c’è sempre l’attivista che ci ricorda che lui “nonguardasanremo”.

Rocco Schiavone saprebbe cosa rispondere, nelle 2 possibili e notissime alternative.
A Bari si userebbe una risposta un po’ più frizzante ma il concetto è lo stesso.

E’ bastato poco per capire la tipologia dei più attivi: quelli che odiano Benigni perchè ha vinto un Oscar, quelli che odiano Ferro perchè è gay, quelli che odiano la Marrone per le sue posizioni contro le politiche del Capitone Citofonico, quelli che odiano la Jubral perchè straniera e poi diventata donna brava e famosa nel mondo, quelli che odiano Fazio perchè di sinistra.
E insomma, cose così.
Da ultimo, insulti per un semisconosciuto (t)rapper che non se lo filava nessuno ma che è diventato famoso grazie ai suoi odiatori.

Insomma il sospetto che si tratti di un gruppo politicamente attivo e di chiarissima connotazione, pare fondato.
La “Bestia”, si sa, è molto abile ad intrufolarsi nei gangli del sistema social.
Colpisce la spasmodica attività dei fan più attivi: 300-400 post al giorno che sembrano volantini di ultras fascio-citofonici o di seguaci dell’ex Ministro Pillon.
Non tragga in inganno qualche residuale presenza, ininfluente come sempre, di persone con pretese da intellettuali da sinistra radical: serve a far numero.
E i numeri son grossi tanto da far dire ad alcuni di loro che “quest’anno il Festival non lo vedrà nessuno!” e che “è arrivata l’ora di sconfiggere la RAI e il Festival della sinistra”.

Si, perchè questi davvero non sanno che la RAI, a seguito delle elezioni del 2018, è prevalentemente in mano ai c.d. “sovranisti” e sono così goggioni da pensare che la convalescente sinistra sia in grado di dettar legge in RAI o a Sanremo.

Insomma, come è e come non è, inizia il Festival e in questa pagina si commentano i cantanti (più il look che le canzoni).
“Ma come, non dovevamo boicottare Sanremo e ora, invece, lo state commentando?”
E il dramma si materializza quando arrivano i primi responsi dell’auditel.
Oltre il 52% di media con punte del 60%.
Percentuali altissime. 10-12 milioni in termini assoluti.
E grande -questa volta anche qualificato- successo per il monologo della Jubral.
E grande spazio, nei commenti, soprattutto per gli artisti nei confronti dei quali avevano tirato fuori il loro lato peggiore.

Insomma, la delusione è forte.
Massimo sforzo e minimo rendimento: so’ cose tristi.
E oltre al danno, la beffa.
I compensi che Ferro, Jubral, Benigni e altri artisti devolveranno in beneficenza non andranno, purtroppo, a loro ma ad altri soggetti meritevoli e magari meno chiassosi.
In mano a loro, è opinione generale, sarebbe danaro sprecato.

Lng

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