Il cuore del progressive torna a pulsare grazie a “Capitani Coraggiosi” e “UK Legacy”

“Alcuni trovano il silenzio insopportabile perché hanno troppo rumore dentro se stessi.” (Robert Fripp)

Su queste stesse pagine, solo pochi mesi fa, abbiamo trionfalmente annunciato la terza stagione di quell’eccezionale caso mediatico chiamato “Capitani Coraggiosi”, la rassegna di “house concert” che spopola sulle piattaforme social, ideata e condotta dalle belle menti di Gianni Molinari, Francesco Scaramuzzi e Francesco Ambruosi, che, riprendendo il titolo di una loro fortunata trasmissione radiofonica, hanno dato vita ad una macchina praticamente perfetta, mai gravata del peso di inutili formalismi, alimentata non solo da una innegabile competenza, ma, anche e – forse – soprattutto, da un mai appagato desiderio di trasmissione (il gioco di parole era invero scontato), diffusione e condivisione del concetto stesso di musica, nella sua accezione più alta, totale, universale, magari anche sulla scia di personalissimi ricordi.

La nostra prima volta negli “improvvisati studi”, pregni di una – ormai rarissima – squisita convivialità, in cui si appronta la diretta, curata in video da Rino Di Bartolo, ha avuto tutti i crismi dell’evento, dato che protagonisti della serata erano quattro magnifici musicisti che rispondono al nome di Roberto Ottaviano (sax), Michele Campobasso (tastiere), Pierpaolo Martino (basso) e Pippo D’Ambrosio (batteria), estemporaneamente riunitisi sotto il marchio “UK Legacy” al solo scopo di omaggiare le amate sonorità che hanno contraddistinto gli anni ’70, vale a dire quella -probabilmente – irripetibile stagione della scena musicale anglosassone che diede i natali a gruppi memorabili quali i King Crimson e i Soft Machine.

Pur essendo ben consci che ogni fenomeno sociale, e quindi anche musicale, debba essere analizzato nel contesto culturale in cui si è consumato, possiamo affermare, senza tema di smentita, che la voglia di rileggere oggi i passi essenziali di questa branca del miglior “progressive” attraverso la lente della grandissima sensibilità e competenza di veri amanti del genere, tra cui possono essere certamente annoverati tanto Ottaviano & C. quanto i Capitani, non può essere equiparata ad una dannata operazione d’annata da nostalgia canaglia, ma, semmai, trova il suo posto tra i progetti assolutamente indispensabili per porre nuova e più potente luce su un quadro che, pur apparendo definito, è ancora in costante evoluzione, per camminare nuovamente a piedi nudi su un terreno ancora assolutamente fertile, essendo stato, a suo tempo, disseminato di idee che, inaspettatamente, continuano a germinare, a creare innesti inimmaginabili che danno sempre nuova linfa alla musica moderna.
A nostro modesto parere, l’ostinata volontà – che pure appartiene a chi scrive – di richiamarsi di sovente a quegli insindacabili capolavori musicali, risponde anche ad un attuale rinnovato urgente bisogno di rifarsi ad una visione collettiva che apparteneva indissolubilmente a quella stessa concezione creativa, proiettata, sin dalla sua genesi, nella costruzione di un magma musicale avanguardistico che appariva sconosciuto ed inedito (“è la musica classica del futuro”, si disse), una perfetta sintesi in cui trovavano posto piacevoli divagazioni jazz, rock, fusion, pop e chissà quant’altro, che, servendosi di espedienti sempre più complessi in taluni casi, sino a diventare talvolta pretenziosi, in altri di un minimalismo più geometrico, essenziale e nichilista, sino a giungere ad un cerebralismo seminale, futurista e claustrofobico, riusciva a comunicare qualcosa che sarebbe stato in grado di reggere l’urto del passare degli anni (prova ne sia il capolavoro live che i Crimson ancora portano in giro per il mondo: la cosa più vicina alla perfezione che ci sia capitato di ascoltare).

Ottaviano, Campobasso, Martino e D’Ambrosio si calano perfettamente non solo in quelle sonorità, ma, soprattutto, in quello spirito, in quella concezione, in quella visione, generando una performance che ha dello straordinario, arrangiando, da par loro, pagine magnifiche firmate, tra gli altri, da Fripp e da Robert Wyatt, che, nelle mani di queste quattro geniali menti pensanti, emergono, una volta di più, in tutta la loro forza seducente, ipnotica, indomabile; e la Musica si fa nuovamente fluido in divenire, cibo prelibato per le orecchie, la mente ed il cuore di ognuno degli astanti, in fisico o in video, i quali – non abbiamo dubbi – sin dallo scadere dei novanta minuti concessici, hanno sperato in un’altra occasione d’ascolto, magari ancora una volta sotto la bandiera dei Capitani Coraggiosi.

Pasquale Attolico
foto Tonio Longo

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