La settimana sportiva: l’analisi di Bari – Ternana

Adesso le cose si complicano in vista del ritorno a Terni dove si è obbligati a vincere per evitare la retrocessione in C.

La verità è che non si può accettare di vedere giocatori che entrano in campo e non giocano. Davvero non si può vederli passeggiare in campo. E’ un’offesa a chi lavora veramente e si suda lo stipendio. Facciamo i nomi e cognomi perché bisogna farli: non è possibile assistere in modo disarmante alle gesta sconcertanti di Puscas che è sempre avulso dalla gara, non fa salire la squadra, perde palloni e contrasti, non è capace di fare i falli tattici come giovedì quando avrebbe dovuto tiare la maglietta a Pereiro dopo aver perso il contrasto (come fu per Maita con Zappa lo scorso anno: evidentemente c’è questa tendenza ad evitare i falli tattici decisivi, non è possibile assistere al non gioco di Kallon che, portato a Bari con il bigliettino da visita di uno capace di saltare l’uomo, non solo non lo salta mai ma tende a passare ai centrali difensivi il pallone quando gli va bene, perché nel peggiore dei casi perde il pallone. Non è possibile assistere al nulla tecnico di Achik incapace di giocare un pallone al punto che si permette di battere una punizione da posizione interessante e tirarla altissima. Non è possibile assistere impotenti all’ennesima ammonizione di Bellomo che non vuol levarsi il maledetto vizio di aprire bocca come nella sua indole di Bari vecchia: da uno come lui, con la sua età matura, ci si aspetta quantomeno un comportamento corretto in campo, paradossalmente uno come lui dovrebbe fare il capitano. O quella maglietta gettata al vento di Nasti: comprendo la trance agonistica, ma non può permettere di rischiare un’espulsione nei playout con due sole partite da giocare, mica si gioca per il campionato dove alla quinta ammonizione scatta la squalifica. Sono errori puerili, di giocatori immaturi. E poi le sostituzioni che non solo non incidono, e non hanno inciso giovedì, ma addirittura peggiorano la situazione. E del modulo e degli schemi sbagliati nel primo tempo ne vogliamo parlare? Ma come si fa a mettere in campo un 4-2-3-1 con un attaccante acerbo ed immaturo come unico terminale in attacco e tre giocatori alle sue spalle che tutto sono fuorché trequartista (Acampora) e Bellomo e Sibilli che non sono esterni? E’ vero che non capisco nulla di calcio, ma l’abc lo conosco molto bene. Certi errori tecnici sono da matita rossa e blu. Si sarebbe dovuto impostare una squadra che sin da subito avrebbe dovuto comprimere la Ternana nella sua metà campo cercando due-tre gol subito. Certi errori sembrano commessi da persone davvero scarse, impreparate, che di calcio non capiscono nulla Volevo vedere con Iachini, Marino e Mignani se il primo tempo di giovedì lo avrebbero organizzato così. Se fosse finito 0-4 nessuno avrebbe dovuto avere da ridire nulla. Ci è andata bene, la dea bendata ci ha aiutato, anche coi pali e sul rigore. Il punto è che questo Bari non percepisce i segnali favorevoli del destino che, spesso, gli è amico tanto che si fa sopraffare. Al di là del fatto che i tre precedenti tecnici non hanno convinto, ma un allenatore esperto sono sicuro che in campo avrebbe messo in condizioni i giocatori di esprimersi per quello che sono evitando di mandare in campo giocatori adattati. Avranno pure i loro limiti, saranno pure scarsi, ma ci voleva tanto a schierare Morachioli a sinistra quest’anno colpevolmente ed incomprensibilmente lasciato a marcire in panchina quando è l’unico a saltare l’uomo e ad essere il dodicesimo in campo, e Kallon a destra con Sibilli dietro Nasti o due attaccanti, Nasti e Puscas, e Sibilli dietro? Ed io che non ci capisco nulla di calcio, sono certo che con questi due moduli avremmo vinto, non so per quanto, ma avremmo vinto.

Netta la differenza tra le ultime tra gare giocate al trotto senza particolari patemi d’animo e questa dove l’avversario ha pensato bene di giocare al calcio dimostrando di essere squadra con precise motivazioni. Il punto è che anche il Bari ne aveva, ma anche questa è storia: quando il Bari è chiamato a dire la propria nelle gare del dentro o fuori, fallisce sempre l’appuntamento. Si vada indietro con la memoria per avere conferme. Si ricordino i vari playout di Venezia, i playoff per la A degli ultimi quindi anni, gli spareggi di una volta come Bari Catanzaro a Napoli, sempre e solo sconfitte. Ci deve essere qualcosa che ferma la squadra. Capita solo e sempre al Bari. Misteri.

Ed ora non ci rimane che sperare in un ennesimo miracolo, ma i miracoli – si sa – non sempre possono essere compiuti.

Franz Kafka, nel suo “Processo”, offre una riflessione sulla condizione umana che si presta a descrivere la situazione di frustrazione e inadeguatezza: “L’insensatezza di una cosa non è un argomento contro la sua esistenza, piuttosto, è una condizione della stessa.”.

La verità è che c’è poco da essere ottimisti vista la pochezza del Bari. Perché ditemi: da dove devo trovare un minimo di ottimismo per Terni dopo aver assistito all’ennesimo obbrobrio che si perpetua da agosto? Da dove attingo quella flebile speranza? In base a cosa? E ditemelo voi, magari sarò prevenuto. Si, d’accordo, la palla è rotonda, solito “topos” che in greco vuol dire luogo comune, ma davvero faccio fatica a credere che questa squadra possa espugnare il “Liberati”. Io addirittura metterei in preventivo una sconfitta per come stanno le cose oggi. Altro che vittoria. Spero, ovviamente, di essere smentito, ne sarei felice.

Una considerazione sul finale: la maledizione dello stadio pieno in occasione delle partite topiche ha colpito ancora. Evidentemente il Bari sente troppo la pressione del pubblico ed è incapace di approfittare del “fiato” amico, differentemente dagli avversari che ci sguazzano. La storia lo dice, mica io. Mi piacerebbe conoscere gli esperti cosa ne pensano di questo strano e anomalo fenomeno sociologico. Verrebbe davvero da dire “rimanete a casa” ma so bene che è anacronistico. Fatto sta che il Bari con i proverbiali “4 gatti” sugli spalti, vince. Ma capisco che non posso farmi promotore di una diserzione collettiva allo stadio nelle partite decisive. Pazienza, metteremo sempre in conto una sconfitta o un risultato deludente come quello di giovedì.

Infine due parole sulle dichiarazioni di Polito a fine gare: capisco il momento delicato, capisco che trovare parole in una situazione del genere sia assai complicato, apprezzo pure l’averci messo la faccia, ma quando parla accusando la stampa di essere stata “negativa” vuol dire che è a corto di parole, che la fine è vicina e lui ne è consapevole e che le speranza sono appese ad un filo sottile di una ragnatela. Quando si percepisce internamente un minimo di ottimismo non si accusa nessuno, si parla infondendo coraggio, poi alla fine del redde razionem, ci si sfogherà. Vorrei sapere dal DS che, lo ricordo, ha fatto benissimo nei primi due anni, ma che ha sbagliato tutto quest’anno (Schiedler, Edjouma, Brenno, Acampora, Puscas, Aramu, Koustopias, Kallon, Guibre, Menez e mi fermo qui), cosa voleva, che noi giornalisti dovessimo parlare bene di questi giocatori? Dovessimo metterci a tappetino? Non sa, il DS, che esiste nel nostro mondo una deontologia professionale che ci impone di essere credibili, super partes, imparziali concedendoci la possibilità di criticare e di parlare bene a seconda di ciò vediamo? Che ci è permesso di fare anche delle considerazioni e delle valutazioni personali, senza offendere o diffamare nessuno, essendo, ancora, nonostante un governo di destra, in democrazia? Che il 25 aprile è servito per poter esprimere opinioni senza essere messo a morte o in carcere? E’ al corrente, il DS, che a lezione di giornalismo ci insegnano di non essere mai accondiscendenti, anzi, di fare sempre domande scomode nelle conferenze stampa (così come ne ho fatte io un paio)? O vuole una stampa asservita? O, forse, era il caso di accettare le sacrosante critiche verso costoro? Va a vedere che è della stampa la colpa della retrocessione e non di una campagna acquisti simile alle quelle di guerra di Caporetto o della Beresina. E delle sue parole inopportune di dicembre quando disse in conferenza stampa che “questo sarebbe stato un anno di transizione” svuotando i giocatori da ogni obiettivo e motivazione, ne vogliamo parlare? O dobbiamo tacere? Su, Direttore, una mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa ed un bagno di umiltà sarebbero apprezzati. Quantomeno.

Albert Camus, nel suo saggio “Il mito di Sisifo”, parla della lotta incessante e della resilienza umana di fronte all’assurdo: “Bisogna immaginare Sisifo felice.” Nonostante le continue delusioni e le prospettive negative, c’è sempre un filo di speranza che sostiene la passione e il supporto per la squadra, simile a Sisifo che trova la sua redenzione nel compito eterno e apparentemente futile. E allora proviamo a coltivarla, tanto ormai non abbiamo nulla da perdere.

Forza Bari.

Massimo Longo

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