Impossibile rimanere impassibili per gli spettatori dell’associazione Nel Gioco del Jazz accorsi a Bari al cospetto di Stochelo Rosemberg e del ritmo sfrenato della sua chitarra gipsy

Sul palco del Teatro Forma di Bari, per la rassegna curata dall’Associazione Nel Gioco del Jazz, si è esibito il chitarrista olandese Stochelo Rosemberg, uno dei più rappresentativi artisti del “jazz manouche”. Ad accompagnarlo, due straordinari artisti pugliesi: Salvatore Russo anche lui alla chitarra, e Camillo Pace al contrabbasso.

Stochelo Rosenberg, 56 anni,  nasce in Olanda da una famiglia di musicisti di etnia “sinti” ed ha cominciato a suonare la chitarra all’età di 10 anni seguendo gli insegnamenti del padre Mimer e di uno zio, ma soprattutto ascoltando le incisioni del caposcuola della chitarra jazz manouche, Django Reinhardt . L’origine del nome “sinti” è nella parola indo-persiana Sindh, ad indicare la regione nella valle dell’Indo, nell’attuale Pakistan

A soli 12 anni Rosenberg vince il primo premio di una gara musicale televisiva per ragazzi, suonando assieme al cugino Nous’che Rosenberg alla chitarra ritmica e Rino van Hooydonk al basso. Nonostante l’interesse di svariate compagnie discografiche, durante l’adolescenza per volontà dei genitori Stochelo Rosenberg è rimasto fuori dal mondo discografico. In questo periodo continua a suonare nei ritrovi zingari di tutta Europa, assieme al cugino Nous’che alla chitarra ritmica ed al fratello Nonnie al contrabbasso.

Questo tipo di genere musicale, molto particolare, ha la caratteristica di essere molto melodico e cadenzato, in cui trovano la massima espressione gli strumenti a corda (chitarre, bassi, violini…), tipico delle band gitane. Questo genere musicale trae la sua origine dall’esperienza artistica del chitarrista Django Reinhardt, che ne è considerato l’ideatore e il massimo esponente: egli ha reso possibile l’unione tra l’antica tradizione musicale gitana del ceppo dei Manouches e il jazz americano. Il frutto di questa unione è un genere che coniuga la sonorità e la creatività espressiva dello swing degli anni trenta con il filone musicale del “valse musette” francese (come tutti i balli dello stile musette , è più semplice, più sensuale e richiede meno spazio del valzer classico perché i ballerini che prediligono questo stile preferiscono balli che possono essere praticati in spazi ristretti)  ed il virtuosismo eclettico gitano. In sostanza, mentre in America prendeva piede lo swing, contemporaneamente, in Europa, si sviluppava questo genere musicale che deve tutto a Django Reinhardt.

Tra l’altro, la tecnica messa a punto da Reinhardt è dovuta ad un grave incidente subito quando aveva diciotto anni e si dilettava con il banjo. A seguito dell’incendio del carrozzone della famiglia di zingari, riportò gravi ustioni, tanto da perdere l’uso della gamba destra e di parte della mano sinistra (l’anulare e il mignolo, distrutti dal fuoco, furono saldati insieme dalla cicatrizzazione). Causa questa menomazione, fu costretto ad abbandonare il banjo ed Iniziò a suonare la chitarra, inventando una tecnica tutta sua per superare l’handicap. Questo nuovo genere (Il Gypsy jazz o jazz manouche) si è evoluto per tutto il corso del secolo scorso ed ancora oggi è vivo e vegeto. Importante è stato il ruolo di Duke Ellington che con la sua Orchestra ha realizzato proficue collaborazioni con Reinhardt.

Tra i contemporanei della sfera tipicamente tzigana, Rosemberg, insieme a Bireli Lagrene e Frank Vignola, sono gli artisti più rappresentativi, ma certamente non sono gli unici. I seguaci del jazz manouche sono numerosi, con un folto seguito di appassionati.

Anche il secondo chitarrista presente sul palco, il tarantino Salvatore Russo, da tempo ormai ha abbracciato a pieno questo stile musicale. Chitarrista di fama internazionale ha suonato e collaborato con molti dei più importanti cantautori della scena nazionale italiana, come Adriano Celentano, Antonello Venditti, Eros Ramazzotti, Ligabue, Patti Smith, Nannini, Cocciante, De Gregori, Morandi e tanti altri.

Nel 2009 la pubblicazione dell’album “La touche manouche” segna l’inizio di una lunga collaborazione con Rosemberg, che continua a dare i suoi frutti. Il passaggio a questo genere musicale non ha fatto altro che arricchire il suo stile e la sua tecnica. E’ estremamente attivo in studio, nelle sale da concerto, ma anche tantissimo nella didattica.

Camillo Pace, il terzo musicista, tarantino anche lui, contrabbassista di lunga esperienza, musicista a tutto tondo. Ben si è prestato ad accompagnare i due chitarristi, sfoderando una tecnica ed una sonorità molto particolare. Oltre ad essere un valido strumentista, è un valido compositore e cantautore. Ha studiato contrabbasso presso il conservatorio “Nino Rota” di Monopoli e si è laureato in discipline musicali jazz con specializzazione storico – musicologica presso il conservatorio “Niccolò Piccinni” di Bari. Il suo percorso musicale lo vede presente in diverse formazioni che spaziano dal jazz al pop, per continuare alla musica folk e cantautorale.

Ha vinto diversi premi, in ambito jazz nella XIX edizione del “Premio Internazionale di Cultura Re Manfredi” città di Manfredonia. In ambito Pop con il brano E allora balla vince nel 2013 il Grand Prix alla 51ª edizione dell’International TourFilm Festival e nello stesso anno lo Special Award con il brano Il viaggio all’International TourFilm Festival della Croazia.

Tantissime le sue collaborazioni, tra cui Marco Tamburini, Bobby Mcferrin, Paolo Fresu, Mama Marjas, Paolo Angeli, Roberto Ottaviano, Davide Santorsola, Gabin Dabirè, Nico Morelli, Ornella Vanoni, Lucio Dalla, Ron, Gregory Porter, Gabriele Mirabassi, Eugenio Bennato, Javier Girotto, Achille Succi, Claudio Fasoli, Daniele Scannapieco, Simona Bencini, Ettore Bassi, Maria Pia De Vito, Antonello Salis, Sarah Jane Morris, Tiziana Ghiglioni, con diverse partecipazioni a festival nazionali e internazionali.

Anche relativamente alla sua attività di cantautore, I testi delle sue canzoni sono educativi e profondi, come “E allora balla” diventato un vero e proprio simbolo di gioia, acquisendo grandi riconoscimenti in vari ambiti musicali.

Tre musicisti provenienti da percorsi differenti che sul palco del Forma sono riusciti a dare il meglio di sé stessi, suonando all’unisono e creando un ritmo forsennato sul quale hanno preso il volo le melodie di brani noti o meno noti.

La parte del leone ovviamente le hanno fatte le composizioni di Django Reinhardt, ad iniziare da “Django’s tiger” per passare a “Troubulant bolero” e terminare con “Minor Swing”, ma anche con composizioni originali di Rosemberg (“For Sephora”, dedicata alla figlia, “Double jeu” e “Dolores”) o altri classici tradizionali manouche come “Joseph Joseph”, ma non sono mancati gli omaggi a Ellington (Caravan), Stevie Wonder (I wish), e al nostro Nino Rota (il tema della colonna sonora de Il Padrino). Strepitosa anche l’esecuzione di “All of me”, brano scritto da Gerald Marks e Seymour Simons nel 1931, e portato al successo da tantissimi artisti del calibro di Billie Holiday, Ella Fitzgerald, Frank Sinatra, John Legend (giusto per nominarne alcuni). Un brano che è stato eseguito in modo tradizionale all’inizio, per poi cambiare registro e cambiare forma con un ritmo gitano.

Per tutta la durata del concerto il ritmo è stato incalzante e godibilissimo. La sintonia dei musicisti, anche se non suonano stabilmente insieme, è stata avvertita sin dalle prime note.

E’ stato un vero piacere ascoltare dal vivo un musicista che ormai è anche lui una leggenda del Gipsy jazz, ma è stata altrettanto apprezzabile e godibilissima l’esibizione dei due musicisti pugliesi, che non si sono limitati a svolgere il ruolo di accompagnatori.

Gaetano de Gennaro
Foto di Gaetano de Gennaro

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