La settimana sportiva: l’analisi di Bari – Cremonese

La partita di venerdì contro la Cremonese ha segnato un altro capitolo oscuro nella storia recente del Bari, un incontro che si è trasformato in un vero e proprio incubo per i tifosi e la squadra, lasciando il futuro calcistico della città avvolto in una nuvola di incertezza e preoccupazione. La sconfitta, che sembra preludere in modo quasi ineluttabile alla retrocessione in Serie C, ha evidenziato tutti i limiti di una squadra che sembra ormai aver perso ogni briciolo di fiducia e coesione. Non è soltanto una questione di classifica, che ora vede il Bari ad un passo dall’inferno della C, ma di sensazioni, di atteggiamenti, di una mancanza palpabile di spirito di squadra.

L’inizio della partita ha subito messo in chiaro le difficoltà del Bari, con un’autorete di Maiello che ha quasi simboleggiato tutte le sfortune e le scelte infelici che hanno caratterizzato questa stagione. La gestione tattica di Iachini, l’allenatore che doveva risollevare le sorti di una squadra in difficoltà, si è rivelata incapace di invertire la rotta. Cambi e scelte discutibili, come l’inserimento di giocatori fuori condizione o l’utilizzo di giovani in momenti critici, hanno soltanto aggravato la situazione. In campo, il Bari è apparso come una squadra senza guida, incapace di reagire anche nei momenti meno difficili.

Il risultato è stato un gioco confuso, privo di mordente e di idee, che ha reso facile il compito di una Cremonese tutt’altro che irresistibile ma comunque superiore. La squadra ospite, infatti, ha potuto permettersi il lusso di lasciare in panchina alcuni dei suoi elementi più qualitativi, mandando un messaggio chiaro sulla percezione della forza del Bari.

Le responsabilità di questa situazione sono molteplici e non possono essere attribuite a un singolo fattore. La direzione tecnica, le scelte di mercato, la gestione dello spogliatoio: ogni aspetto sembra aver contribuito a creare una tempesta perfetta che ha trascinato il Bari in una crisi profonda, dalla quale sembra difficile emergere. Di fronte a questo scenario, il futuro appare incerto. Il rischio concreto di retrocessione non è solo una questione di orgoglio sportivo, ma pone interrogativi seri sulla sopravvivenza del calcio a Bari, su come una piazza così calorosa e appassionata possa reagire a una caduta così vertiginosa.

La delusione è tangibile, palpabile nelle parole e negli sguardi di chi ama questa squadra. La speranza, quel lumicino che sembrava essere stato riacceso da qualche risultato positivo, si è spenta sotto i colpi di una realtà crudele. Ora, più che mai, è il momento di fare i conti, di riflettere su come ricostruire, su come riportare il Bari là dove merita di essere, per non permettere che il calcio, nella città, diventi solo un ricordo. A partire, ad esempio, dal mettere in discussione Iachini il cui score è di soli due punti in sette partite, inimmaginabile dopo il suo avvento.

Lo scrissi tempo fa, qualcuno si ricorderà, ma questo Bari assomiglia a quello di Gigi Radice, un allenatore di esperienza chiamato dai Matarrese al capezzale di un Bari moribondo, già, un allenatore esperto come Iachini. Sapete come andò a finire? Gli attempati come me lo ricorderanno: fu retrocessione in C. Il Bari è ancora in piena bagarre laggiù, non è miseramente e irrimediabilmente distaccato dai playout, forse un’ennesima scossa tecnica potrebbe raddrizzare la barcollante baracca e uscire dal cul de sac entro cui si è infilato.

Che si provi a cambiare, che si faccia qualcosa, tanto ormai non c’è più nulla da perdere, non si rimanga con le mani in mano ad alimentare l’agonia. Adesso sapete quale sarà la beffa? Che Mignani porterà il Palermo in serie A, perchè, vedrete, così andrà a finire. Quando gira storto, gira storto a 360 gradi, anzi a 361. E allora visto e considerato che non è ancora perduto nulla, “Chi lotta può perdere, chi non lotta ha già perso.” (Che Guevara)

Massimo Longo

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