La settimana sportiva: l’analisi di Bari – Sampdoria

Che fosse un’annata difficile lo si era capito a luglio quando a Roccaraso si effettuò un ritiro con ben 13 giocatori con la valigia in mano ed altri 16 che sarebbero rimasti, naturalmente al netto di coloro i quali, poi, si sarebbero infortunati, e degli otto innesti del mercato di agosto. Insomma, un porto di mare Roccaraso, del resto lo ha affermato anche Marsilio che l’Abruzzo è bagnato da tre mari e Roccaraso, dunque, ne è un porto. Un ritiro dove qualunque insegnamento di Mignani è sembrato inutile. A ciò vadano ad aggiungersi la mancanza di amichevoli di un certo spessore, come fanno tutte le squadre del mondo (per inciso il Bari disputò tre sgambature, non oso chiamarle amichevoli, nientemeno che col Roccavivara, con la Folgore Delfino Pescara Curi e col Gravina per un totale di 24 gol effettuati e, vivaddio, nessun gol subito: decisamente inattendibili come test). Naturale ed inevitabile la sconfitta interna col Parma a metà agosto in Coppa Italia dove la tifoseria, secondo me a torto, cominciò ad inveire contro la proprietà, invero mai digerita dalla frangia più estrema per tanti motivi già abbondantemente dibattuti, un momento troppo precoce per protestare tanto che ricorderete il mio invito a rimanere ancora cauti nei giudizi. Mi sbagliavo, ma questo lo ho ammesso pubblicamente qualche tempo fa.

A chi ancora mi reputa un giornalista pro società, rimando a quella domanda rivolta al Presidente ad agosto in fase di conferenza stampa allorquando gli chiesi come, e se, avrebbero sopperito alle partenze di Folorushno, Antenucci, Benedetti, Cheddira e Caprile, ovvero coloro quali avevano segnato quasi 40 gol e salvati da una ventina. Il presidente, ricorderete, stizzito mi rispose che “perchè dice questo, in fondo anche lo scorso anno furono presi giocatori anonimi e poi siamo arrivati a 100 secondi alla A” quasi a voler dire sotto i denti che è presto per trarre giudizi. Mi rispose anche un po’ innervosito, segno che lo colpii al cuore. Intervista reperibile sui canali vari di youtube. Io ci avevo visto bene ad agosto, ebbi la sensazione che questo Bari avrebbe avuto seri problemi ma siccome sono (ahimè) anche tifoso del Bari invitai, ingenuamente, ad avere fiducia perché, in fondo, il campionato era lungo e tutto sarebbe potuto ancora accadere anche perché non si contesta una squadra, quando va male, a settembre e nemmeno ad ottobre. Poi c’è stato ancora qualcuno che mi ha accusato di essere filo societario, ma ormai è acqua passata. Parla l’evidenza, il mio curriculum e la mia professionalità. Se ne facciano una ragione tutti. Il mio solo limite e difetto è esserne tifoso.

Un mercato sbagliato dalla cima dei capelli fino alla pianta dei piedi, con giocatori inadeguati per la categoria, altri ai limiti dei progetti delle squadre che se ne sono disfatti, altri ancora venuti a Bari per ritirare la pensione INPS, i soliti due-tre malconci muscolarmente (visite mediche effettuate male) e gli inevitabili equivoci travestiti da calciatori fatti arrivare dall’estero al grido di “buoni buoni buoni”, i tipi alla Schiedler, per intenderci., il puntuale giovanotto grezzo dalla D nell’illusione di aver operato in prospettiva. Naturalmente con questa base preparatoria, che tipo di torta poteva uscire se non un impasto orribile? Dimenticavo di inserire quei giocatori ancora storditi dall’11 giugno come Maita, tanto per essere chiari, forse il giocatore che ha subito il più forte contraccolpo.

Ora è allarme rosso, ma proprio rosso. La C sembra davvero un passo non tanto per la matematica che, insomma, ci dà ancora ampi margini di speranza, quanto per la situazione tecnico-tattica-psicologica che non promette nulla di buono. Vedendo questo Bari, e ripeto questo Bari, faccio davvero fatica a individuare squadre che possano concedere punti ai biancorossi, tutte squadre attrezzate per i loro obiettivi, sia promozione diretta, sia di playoff, sia di salvezza e, dunque, cariche, motivate e pronte a vender cara la pelle, e francamente faccio fatica a pensare di ottenere quei 10-13 punti necessari per evitare i playout. Quale pelle può vendere cara questo Bari di oggi? Con chi può far punti? Non vedo francamente squadre alla portata, nemmeno Modena, Pisa e Brescia che, ripeto, almeno hanno dalla loro parte le motivazioni giuste per vincere oltre a giocatori di categoria. In questo Bari sembra che il mondo si sia fermato e che nessuno voglia saperne più di pedalare, nonostante la buona prova di sabato. E quando si perdono certe partite come quella di sabato, si fa due più due e si arriva alla conclusione che questa è la solita annata no che ciclicamente fa capolino a Bari con devastanti conseguenze.

Scrissi qualche giorno fa della similitudine col Bari di Matarrese del 1982-83 quando iniziò con Catuzzi, coi baresi terribili e qualche giocatore di categoria (penso ad Acerbis, Bagnato, Bresciani, Baldini), ed il Bari continuò a stazionare nei bassifondi tanto che Don Antonio da Japigia decise di sollevare dall’incarico l’allenatore parmigiano per affidare le speranza di permanenza ad un “esperto”, appunto un esperto tipo Iachini, di nome Gigi Radice. Risultato? Retrocessione. Certo, le due annate sono diverse come impostazioni, ma certe somiglianze sono visibili. Così fu per il bel Bari di Casarsa, Butti, Sigarini, Scarrone, Mancini (il portiere), Consonni, Florio, Marcolini, Martini, forse l’ala destra più forte che il Bari abbia mai avuto nella sua storia che, purtroppo, si infortunò gravemente a tal punto da essere costretto ad abbandonare il calcio, alla guida ci furono prima Regalia a e poi Pirazzini e fu serie C anche in quella occasione, ci furono i rigori sbagliati da Casarsa e tanti episodi a sfavore come i tre legni presi da Scarrone a Varese quando perse per uno a zero con gol di Libera, segni del destino.
Quello era un bel Bari almeno.

Un sabato da incubo quello visto sabato, in una stagione nata male e che sta terminando nel peggiore dei modi. Inutile, per favore, continuare a parlare che, in fondo, possiamo farcela e soprattutto per favore basta con la storiella dei playoff, spero che gli irriducibili ne abbiano preso atto. Ma come si fa a cercare un minimo di ottimismo con questi spettacoli indecorosi, e quando si giochicchia meglio, come sabato, si perde ugualmente? Tenendo conto del coefficiente alto di difficoltà da qui a fine torneo? Ditemelo voi, magari esagero io, sbaglio, cosa che vorrei assolutamente.

Questo Bari, come scrivevo più su, non è attrezzato per alcun obiettivo, è ibrido, forse è l’unica squadra costruita senza fondamenta, persino Lecco e Feralpi, che retrocederanno sicuramente, sono state costituite in modo light, ma almeno si vede che lottano fino all’ultimo secondo, poi alla fine prevale l’esperienza a loro sfavore, ma almeno lottano. Ricordo le due squadre a Bari quando sotto di un gol ci fecero vederele stelle nei minuti finali e nei recuperi. Il Bari, nei finali di gara quando è in svantaggio, fa il solletico agli avversari, anzi, talvolta subisce anche il secondo o terzo gol. Un’altra storpiatura è assistere in modo disarmante al frame dei falli laterali quando il Dorval di turno cerca di trovare un compagno libero a cui lanciare il pallone e tutti si defilano, molti si allontanano dando l’idea di non volerla ricevere. Fateci caso. E questi episodi la dicono lunga su come stanno messi psicologicamente e cosa ne sarà nell’immediato futuro.

Mai il Bari ha dato l’impressione di avere una gara sotto controllo, mai. Anche quando c’è stata l’occasione della svolta: penso alle due vittorie consecutive di Iachini e quelle di Marino, anzi, puntualmente il Bari è tornato a sprofondare. Tutto è partito dalla gara di Piacenza quando in vantaggio di due gol il Bari sbagliò il rigore per arrotondare a tre il vantaggio e poi si fece recuperare dalla Feralpi e, anzi si fece sorpassare da un gol apparso a tutti valido poi, per fortuna, annullato. Ecco, da lì sono iniziati i guai, Va’ a vedere cosa cavolo sia successo nella mente di giocatori a Piacenza tanto da farli sprofondare nel limbo del pericolo.

Ribadisco che Mignani è stato l’unico, tra i tre allenatori, a capire i limiti e le lacune di questa squadra tanto da riuscire ad ottenere il massimo rimanendo imbattuto per nove turni tranne che in casa della capolista indiscussa. Ma quei “troppi” pareggi, con una squadra scarsa, non andarono giù alla società. Secondo errore.

E’ facile uscirsene con “d’ora innanzi conta solo il risultato, non si deve badare all’estetica”. Già, ma quali risultati positivi, giocando male, si possono ottenere fino a fine torneo? E soprattutto, quanti punti?

I segnali in codice (rigore sbagliato e traversa) sono abbastanza decodificabili e riconducibili alle annate da me citate più su, nel senso che il sospetto è che il peggio debba ancora arrivare. “Toto corde” vorrei tanto sbagliarmi, cosa per la quale mi cospargerò il capo di cenere ammettendo pubblicamente di aver sbagliato. A volte è più coerente dire la verità che illudere la gente.
Nel tempo dell’inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario” (George Orwell ), ed io da sempre sono rivoluzionario nell’anima. E nel sangue.

Massimo Longo

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