Opporre dignità e bellezza alle brutture di questa fase storica: al Teatro Kismet di Bari Chiara Valerio ha inaugurato la serie di incontri “Un Paese senza” curata da Nicola Lagioia

“…. E nella idea che la soggettività pura conduce al nichilismo. Cosa che, invece, non accade quando la soggettività si forma nella relazione”. (Ilsole24ore, 12 novembre 2020, Intervista a Chiara Valerio)

Sono una inguaribile illusa perché affezionata alle parole che Elio Vittorini scrisse nella “Lettera a Togliatti” pubblicata sul “Politecnico” nel 1947: “Il compito dell’intellettuale non è quello di suonare il piffero per la rivoluzione dando una veste poetica alla politica, ma quello di raccogliere tutti gli stimoli culturali che la società offre, per rinnovarla dal profondo” e, sono parole più che mai attuali.

Il Teatro Kismet allarga il suo palco, uno spazio culturale aperto e inclusivo, dove non solo si assiste ma soprattutto si discute, si relaziona con l’altro e si creano nuove idee, con la rassegna letteraria ‘Un paese senza’ curata da Nicola Lagioia, presidente di Teatri di Bari.

Guerre, ingiustizie, squilibri economici, democrazie mutanti, enormi cambiamenti sociali – spiega Lagioia – Siamo sulle soglie di un baratro, o ci stiamo solo trasformando in qualcosa di completamente nuovo? Che ruolo (anche politico) può svolgere l’arte e la cultura in tutto questo? Che cosa manca all’Italia – il paese di Amelia Rosselli, di don Milani, di Elsa Morante, di Alessandro Leogrande – per opporre dignità e bellezza alle brutture di questa fase storica?“.

Nel primo incontro lo scrittore Premio Strega ha dialogato con Chiara Valerio, scrittrice e autrice radiofonica, direttrice di PiùLibriPiùLiberi, fiera della piccola e media editoria che si tiene a Roma ogni anno, nonché curatrice della narrativa italiana per Marsilio. Più che un dialogo è stato come immergersi in un racconto di vita vissuta, fatto di relazioni affettive e culturali, in un continuo processo creativo che certamente non si esaurirà in una serata o nei tre incontri previsti. Chiara Valerio la seguo dal 2009, quando alle porte del mio ruolo di ‘insegnante a tempo indeterminato di matematica e fisica’ mi fu regalato il suo “Nessuna scuola mi consola” (ed gransasso), oggi da poco ristampato. Mai avrei immaginato che quel libro mi avrebbe aiutato ad affrontare il lavoro con più leggerezza. E soprattutto a seguire Chiara, incarnazione della mia idea di intellettuale brillante e militante, scrittrice ironica, colta con uno stile incalzante espressione di una mente vivace di formazione matematica, non per niente raccoglie in sé la sintesi tra cultura scientifica e cultura umanistica. In un paese dove, “Noi non discutiamo più, rispondiamo a sondaggi e a incitamenti di una curva, il cui principio e fine è la riduzione a macchietta dell’altro e della sua posizione che si suppone parimenti basata su sondaggio e tifo”( Chiara Valerio su Repubblica), al Kismet, teatro in terra di Bari e officina di idee, si discute su quanto e se, la cultura possa essere ancora uno strumento trasformativo del nostro paese. Non a caso il titolo di questo incontro è “leggere il futuro” e proprio Chiara Valerio è tra le poche a raccoglierne il senso. L’incontro tra i due autori di così grande carisma non poteva che essere coinvolgente, un appassionato invito nel tracciare una strada da percorrere. Come quella percorsa dalla Valerio, che si racconta a partire dalla sua laurea in matematica applicata con Dottorato alla Normale di Pisa sulla probabilità, ora messa da parte ma fondamenta del suo vivere anche per il suo essere lettrice di manoscritti, realtà che vive con passione e tanta ironia. Lei stessa non riesce a pensarsi “senza un manoscritto tra le mani”, non tanto perché vive e lavora nel mondo della Editoria, ma soprattutto perchè leggere è un allenamento alla relazione; pertanto, il futuro non può immaginarsi senza libri e lettori.  Ma lettori si nasce o si diventa? Lo stesso Nessuna scuola mi consola nasce dalla sua esperienza scolastica da professore di matematica in un istituto superiore che, come la Valerio dischiara sempre, è stata tra le sue esperienze lavorative una delle più belle con tutte le contraddizioni, spesso spietate e inutili e grottesche, come si evince leggendo il piccolo romanzo sovversivo, ora edizione Enaudi. Cosi come in “ La matematica è politica”  non si scrive solo di scuola, del suo ruolo necessario e insostituibile nel formare ad essere “umani” lettori/lettrici consapevoli.  Il soggetto principale sono le relazioni tra due mondi apparentemente distanti, la matematica e la politica, la cui nota stonata è la matematica, una disciplina che pensiamo viva nelle altezze irraggiungibili dell’esattezza e che invece ha molto da insegnare su concetti umanissimi come la tolleranza e la democrazia. Perché la matematica, di cui l’autrice tiene a precisare non ha più memoria, non è solo “un insieme di procedure di calcolo numerico”, ma si può intendere come “l’impossibilità di aderire a qualsiasi sistema logico, normativo, culturale e sentimentale in cui esista la verità assoluta, il capo, l’autorità imposta e indiscutibile” o come sottolinea la stessa autrice è stato il suo “apprendistato alla rivoluzione”.

Un mondo senza libri è impensabile perché “L’editoria ha a che fare col nuovo, con la cosa prossima, con l’immaginazione. Quella piccola e quella grande.” Dunque leggere in sé è il gesto che ci tiene a riparo da paure o timori tecnologici che, dalla metà degli anni Cinquanta in poi, da quando cioè Norbert Wiener ha inventato la cibernetica – il prodromo di ciò che oggi chiamiamo AI – ci perseguitano riguardo la possibilità di una società governata dalle macchine. Ma il punto, mi pare, non è l’automazione: è la memoria. E mi pare pure che la memoria abbia la forma del libro

Un Paese senza memoria/Un Paese senza storia/Un Paese senza passato/Un Paese senza esperienza/Un Paese senza grandezza/Un Paese senza dignità/Un Paese senza realtà/Un Paese senza motivazioni/Un Paese senza programmi/Un Paese senza progetti/Un Paese senza testa/Un Paese senza gambe/Un Paese senza conoscenze/Un Paese senza senso/Un Paese senza sapere/Un Paese senza sapersi vedere/Un Paese senza guardarsi/Un Paese senza capirsi/Un Paese senza avvenire?” (Alberto Arbasino 1980)

Per fortuna non siamo un paese senza Chiara Valerio.

Giovedì 4 aprile il dialogo sarà con lo storico dell’arte e saggista Tomaso Montanari in “Civiltà o barbarie”. Terzo e ultimo appuntamento giovedì 2 maggio alle 20 con la scrittrice, autrice radiofonica e podcaster Chiara Tagliaferri nell’incontro intitolato ‘Femminismi e patriarcato’. Un grazie personale lo rivolgo al Teatro Kismet per aver sovvertito il presente, dandoci la possibilità di sentirci in relazione con una realtà con cui siamo cresciuti e che ultimamente si cerca di annientare.

Maurizia Limongelli

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