Roberto Gatto rende omaggio e si confronta con il mito di Tony Williams nell’ambito della Stagione dell’Associazione “Amici della Musica O. Fiume” di Monopoli

Ancora una volta l’Associazione “Amici della Musica” di Monopoli mette in scena un altro splendido spettacolo, questa volta con Roberto Gatto, dedicato alle musiche di Tony Williams.

Sul palco del Teatro Radar di Monopoli, si è esibito il quintetto del batterista Roberto Gatto, accompagnato da Alfonso Santomone al pianoforte, tastiere, elettronica, Marcello Allulli al sax tenore ed elettronica, Umberto Fiorentino alla chitarra e Pierpaolo Ranieri al basso elettrico. E’ stato presentato l’ultimo album, pubblicato il 26 gennaio scorso dall’etichetta Auditorium – Parco della Musica, dal titolo “Time and Life – The Music of Tony Williams”.

Forse, prima di parlare dei musicisti presenti sul palco, è bene inquadrare meglio la figura di Tony Williams, batterista di grande rilievo tra la metà degli anni ’60 e metà degli anni ’90.

Nasce a Chicago nel 1945, ma cresciuto a Boston dove, grazie al padre anche lui musicista di jazz (suonava il sassofono), ha modo di iniziare la sua carriera professionistica già a tredici anni con Sam Rivers. Sarà comunque Miles Davis a lanciarlo nel firmamento dei grandi, inserendolo in pianta stabile già dal 1963, fino al 1969, in quello che sarà considerato il suo secondo quartetto e con il quale ha inciso dischi del calibro di “Seven steps for Heaven” (1963), “E.S.P.” (1965), “Nefertiti” (1967) e tanti altri, fino ad arrivare all’ultima sua registrazione con Davis, con il magnifico “In a silent way” (1969). Una collaborazione durata sei anni, in un periodo particolarmente prolifico di Davis.

Ma nel frattempo ha continuato l’attività a suo nome, con il gruppo “The Tony Williams Lifetime”, iniziata nel 1965 e conclusa con la sua prematura scomparsa nel 1997, a poco più di 51 anni, per complicazioni a seguito di una banale operazione di cistifellea.

Oltre ad essere un batterista apprezzato e richiesto, un po’ da tutti è ancora oggi tenuto in considerazione per le sue doti compositive, incidendo i suoi brani non solo nei suoi dischi, ma anche con Davis e altri. Le collaborazioni sono state infinite, da Herbie Hancock a Jackie McLean, da Sam Rivers a Kenny Doram, Sam Rivers,

La sua musica nasce nel mondo del jazz più tradizionale del termine, passando al jazz d’avanguardia, per poi deviare verso il jazz-rock grazie a collaborazioni con musicisti quali Jack Bruce, John McLaughlin, Allan Holdsworth e Larry Young, realizzando esperimenti sonori in tanti territori non usuali.

Roberto Gatto nasce a Toma nel 1958. Già nel 1975, con Danilo Rea ed Enzo Pietropaoli fonda il “Trio di Roma”, destinato a segnare in modo inequivocabile la storia del Jazz nel nostro paese. Stiamo parlando di circa cinquant’anni fa. Da allora, Roberto Gatto ha suonato con tutti: Chet Baker, Freddy Hubbard, Lester Bowie, Gato Barbieri, Kenny Wheeler, Randy Brecker, Enrico Rava (solo per citarne alcuni). Il progetto presentato al Teatro Radar è stato commissionato dalla Fondazione “Musica per Roma” per omaggiare uno dei più influenti e originali batteristi della storia del Jazz, ma soprattutto un raffinato compositore e visionario leader.

Ad accompagnare Roberto Gatto, altri quattro splendidi musicisti. Primo fra tutti il pianista Alfonso Santimòne, apprezzatissimo dal pubblico presente in sala. Anche per lui le collaborazioni con musicisti internazionali sono infinite, e vincitore di svariati riconoscimenti.

Marcello Allulli è un altro gran bel musicista. Riesce a tirar fuori dal suo sax un timbro del suono corposo, che lo caratterizza anche ad occhi chiusi. Peccato che durante tutto il concerto sia rimasto costantemente nella penombra (una luce in più non guastava). Abbiamo avuto modo di ascoltarlo a Bari ad aprile scorso con il suo MAT trio (con Francesco Diodati ed Ermanno Baron). Presente anche tra i musicisti che hanno realizzato la colonna sonora del recente film “Scordato” di Rocco Papaleo, un film da vedere (o rivedere).

Il chitarrista Umberto Fiorentino (classe 1956) vanta collaborazioni con Mina, con Paolo Damiani, Enzo Pietropaoli, e tra i fondatori di un gruppo storico del nostro panorama jazzistico: Lingomania, insieme a Roberto Gatto, Flavio Boltro, Maurizio Giammarco e Furio Di Castri. Gruppo attivo verso la fine degli anni ’80. Fiorentino resta un punto di riferimento per l’insegnamento della chitarra jazz.

Pierpaolo Ranieri, il bassista del gruppo, spazia con le sue collaborazioni tra il mondo del Jazz e quello del pop (Carmen Consoli, Paola Turci, Giorgia). E’ reduce dalla partecipazione al Festival di Sanremo come componente stabile dell’Orchestra del Festival.

Il concerto è partito con la massima energia, potenza e ritmo. Attributi che ben si addicono al leader del gruppo ma sono validi per tutti e cinque i musicisti. Tutti i brani eseguiti sono presenti nel recente album (ovviamente tutte composizioni di Tony Williams, alcune delle quali presenti anche in alcuni dischi di Miles Davis (The Sourcer del 1967, Nefertiti del 1968 e Miles in the sky del 1968). Parliamo di composizioni (alcune) che hanno più di cinquant’anni, ma che ancora oggi hanno una freschezza invidiabile.

Il brano di apertura, quasi d’obbligo, è stato “There comes a time”, di sicuro il brano più famoso tra tutti, ed inciso da tutti. Come ho già avuto modo di scrivere in un’altra recensione, la versione più celebre di questo brano è quella realizzata dal vivo a Umbria Jazz dalla Gil Evans Orchestra, con Sting alla voce, insieme ad un George Adams al sax tenore ed alla voce. Se non l’avete mai ascoltata, cercatela in rete. Nell’esecuzione di questo brano, in sottofondo, è stata utilizzata anche la registrazione della voce di Tony Williams che non ha mai disdegnato cantare i suoi brani (oltre a suonare la batteria).

Tra gli altri brani eseguiti, alcuni sono stati registrati anche con Miles Davis (“Pee Wee” in Sorcerer, o “Hand Jive” in Nefertiti), mentre altri sono estrapolati dall’ultima discografia di Williams (“Ancient Eyes”, “Geo Rose”, e “Creatures of Conscience”).

Brano finale: Juicy fruit (scritto nel 1990). Il bis: un delicatissimo “Sister Cheryl” (del 1985), eseguito magistralmente, con Santimone, Fiorentino e Allulli in evidenza.

Uno spettacolo da ricordare. Per il ritmo impresso dai musicisti per tutta la durata dello spettacolo. Per la freschezza degli arrangiamenti. Un’occasione per approfondire un pezzo di storia del jazz. Bravo, Roberto Gatto, a rendere vive le doti compositive di Tony Williams. Un progetto realizzato in modo egregio.

Gaetano de Gennaro
Foto di Gaetano de Gennaro

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