La Stagione Concertistica 2024 della Fondazione Petruzzelli propone un evento unico: l’Orchestra e il Coro del Teatro, condotti da Wayne Marshall, si cimentano nel capolavoro di Leonard Bernstein “Wonderful Town”

Giovedì 15 febbraio alle 20.30 appuntamento imperdibile per la “Stagione Concertistica 2024” al Petruzzelli: l’Orchestra e il Coro del Teatro, condotti dalla prestigiosa bacchetta di Wayne Marshall, proporranno il musical Wonderful Town. A cantare la versione in forma di concerto del capolavoro di Leonard Bernstein, cinque top star della scena internazionale: Alysha Umphress (Ruth Sherwood), Lora Lee Gayer (Eileen Sherwood), Ben Davis (Bob Baker), Ian Virgo (Lonegan, 1st Editor, Chick Clark), Simon Bailey (Guide, Wreck, 2nd Editor, Frank). Maestro del Coro Marco Medved.

Wonderful Town, noto in tutto il mondo come una delle opere più affascinanti della storia internazionale del musical, è tratto dal romanzo di Joseph Fields e Jerome Chodorov, con la splendida musica di Leonard Bernstein e i testi di Betty Comden e Adolph Green, basato sulla commedia “My sister Eileen” di Joseph Fields e Jerome Chodorov e I racconti di Ruth McKenny.

Wonderful City ha debuttato al Winter Garden Theatre di New York, a Broadway, il 26 febbraio 1953. Il 29 gennaio dello stesso anno un’anteprima aveva avuto luogo a New Haven. Il vero atto di nascita di questa brillante commedia musicale risale tuttavia a un tempo più remoto, alla New York degli anni Trenta, ed è circoscritto a una zona specifica della “città meravigliosa”: il Greenwich Village. Tutto parte infatti da una serie di cronache che una giornalista poco più che ventenne, Ruth McKenney, aveva pubblicato a puntate su «The New Yorker» a partire dal 1936 e poi raccolto in un libro uscito nel 1938, My Sister Eileen. McKenney raccontava di sé e della sorella, del loro arrivo a New York da Columbus, Ohio, dei sogni e delle sorprese, dell’adattamento alla frenesia della metropoli e dei disguidi, dei contrattempi e dei divertimenti, insomma di tutto quel che passava nella loro vita quotidiana al Greenwich Village, luogo che vedevano come un ponte sospeso fra l’Ohio e Parigi. La fortuna degli articoli fu paragonabile a quella dei più popolari programmi radiofonici di cronaca mondana dell’epoca, ma con il valore aggiunto dell’ingenuità provinciale e dello stupore per tutto ciò che contraddiceva il senso comune di chi veniva dall’America profonda. Lo sguardo, si leggeva in una recensione su «The New York Times», è «scaltro ma fondamentalmente innocente», come se il suo gioco consistesse nel mostrare «che le due sorelle sono sane, intelligenti e piene di risorse mentre il Greenwich Village è completamente matto». L’industria dello spettacolo si lanciò sulle storie delle sorelle McKenney. Prima venne un adattamento teatrale firmato da Joseph Fields e Jerome Chodorov andato in scena a Broadway nel Natale del 1940. Poi venne un film, nel 1942, protagonista una star emergente della screwball comedy americana, Rosalind Russell, che interpretò il ruolo di Ruth anche nella versione in radiodramma del 1946. In seguito il musical di Leonard Bernstein con il nuovo titolo Wonderful Town, sempre con Rosalind Russell e con una coppia di autori, Betty Comden e Adolph Green, da tempo molto legati al musicista, con il quale avevano firmato nel 1944 un primo musical ambientato a New York: On the Town. Alla fine degli anni Trenta Bernstein, Comden e Green avevano fatto parte di un gruppo teatrale comico, The Revuers, che si era guadagnato una buona reputazione esibendosi al Village Vanguard, storico club che in Wonderful Town compare con un altro nome: Village Vortex. Betty Comden e Leonard Bernstein avevano condiviso per un anno un appartamento proprio al Greenwich Village e Bernstein, come Ruth ed Eileen McKenney, era arrivato a New York dalla provincia, da Lawrence in Massachusetts, armato di tutto il suo talento e delle sue speranze. Non sorprende perciò che malgrado tempi di lavoro strettissimi – un mese in tutto fra la commissione definitiva e l’anteprima – My Sister Eileen toccasse tasti sentimentali molto sensibili nel vissuto suo e in quello dei suoi amici. Il gruppo dei Revuers era affiatato e la scelta del nuovo titolo cadde subito su parole che comparivano nella 8 versione cinematografica di On the Town quasi a completare un atto d’amore verso la città. A partitura ultimata Rosalind Russell chiese di aggiungere una canzone, One Hundred Easy Ways to Lose a Man, per dare risalto al suo carattere e alla sua verve comica. A differenza di quanto aveva fatto nei suoi due musical precedenti, On the Town e Trouble in Tahiti (1952), Bernstein decise di semplificare il linguaggio e ricostruire un’ambientazione sonora anni Trenta, potendo così contare sull’imitazione di modelli consolidati che sarebbero stati familiari per il pubblico. Durante le sedute di scrittura, ha raccontato Betty Comden, Bernstein suonava al pianoforte i pezzi tipici di quell’epoca, fra canzone e jazz, a partire da quelli di Eddy Duchin, improvvisava in tempo di ragtime, si lanciava magari in un foxtrot o faceva il verso alla Rhapsody in Blue di Gershwin. Tutto questo rifluì in una composizione che ha qualcosa del pastiche e dell’invenzione pura, con l’obiettivo di trovare uno stile composito in grado di unire veramente l’alto e il basso della cultura musicale, raccogliendo tutto quello che si era depositato nelle esperienze d’anteguerra. Il suo metodo diventò allora quello della rievocazione storica di quanto era avvenuto nei teatri, nei club e nelle strade di New York in quegli anni magici. Il riferimento alle danze in voga negli anni Trenta è perciò uno degli assi portanti di Wonderful Town. Ci si ritrovano le impronte del blues, lo swing, radici irlandesi (per esempio nella canzone My Darlin’ Eileen), citazioni di Cole Porter, le immagini dell’altrove che si affacciava nella New York di quel periodo a cominciare dalla Conga, la danza afroamericana qui riferita al Brasile ma introdotta negli Stati Uniti verso la fine di quel decennio dalla band dell’esule cubano Desi Arnaz. Lo sfondo di una commedia musicale senza grandi pretese di impegno intellettuale era perfetto per questo tipo di operazione, condotta peraltro pescando a piene mani in musiche che Bernstein aveva già scritto o abbozzato in precedenza: scelta inevitabile visto il poco tempo a disposizione. «La mescolanza di generi e di stili», ha scritto Helen Smith, «crea in Wonderful Town l’effetto di un vaudeville», cioè di un genere di varietà teatrale e musicale che accumula le diversità invece di limitarle. Del resto proprio Bernstein lo aveva detto in una puntata della trasmissione televisiva Omnibus registrata nel 1956: «Uno dei grandi segreti della nostra formula magica per la commedia musicale consiste nel prendere il genere del varietà e unificarlo. Bisogna dare al pubblico una storia coerente, convincente, ma anche lasciargli la sensazione di uscire dal teatro avendo vissuto una serata di divertimento a tutto tondo con tante cose differenti, dalla danza alle scene comiche, dalle canzoni più commoventi a quelle più allegre». È un manifesto per Wonderful Town ed è l’invito più diretto a perdersi nel vortice delle idee musicali che vi si alternano, un po’ come le due ragazze dell’Ohio si erano piacevolmente perse a New York, felici di esserci e sicure di trovare una strada. (Stefano Catucci)

I biglietti per tutti gli spettacoli del cartellone 2024 sono in vendita al Botteghino del Teatro Petruzzelli e su www.vivaticket.it.

Il Botteghino del Petruzzelli è aperto dal martedì al sabato dalle 11.00 alle 19.00 e la domenica dalle 10.00 alle 12.30 e dalle 16.30 alle 19.00. Informazioni: 0809752810.

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.