Quando la sorpresa è tutto: Matera dedica una mostra agli scatti di Ron Galella, il fotografo di origini lucane che nella seconda metà del Novecento ha inseguito, aspettato e ritratto l’olimpo contemporaneo

Sarà a Matera fino al 18 febbraio 2024, negli spazi ipogei di Palazzo Viceconte, la mostra “Italian Icons, scatti rubati al tempo” dedicata a Ron Galella e promossa dal Consiglio regionale della Basilicata in collaborazione con la Fondazione SoutHeritage per l’arte contemporanea di Matera. Nel percorso espositivo è possibile incontrare settanta opere, selezionate personalmente da Ron Galella – tra più di tre milioni del suo archivio – e donate nel 2009 al Consiglio Regionale della Basilicata dal fotografo americano di origini lucane.

Nato a New York il 10 gennaio del 1931, figlio di Vincenzo, migrante originario di Muro Lucano e Michelina, italo-americana di origini beneventane, Ronald Edward Galella durante il servizio militare riesce ad entrare nella scuola di fotografia della base militare di Lowry in Colorado seguendo poi come fotografo di guerra l’esercito statunitense durante il conflitto in Corea. Rientrato negli Stati Uniti frequenta la Art Center College of Design di Los Angeles dove consegue la laurea in fotogiornalismo, in una intervista del 2011 dichiarerà: “mi piace scattare immagini positive, non quelle negative”. Considerato il paparazzo più famoso del mondo, a causa degli inseguimenti e appostamenti che dagli anni ’50 fino alla fine del Novecento ha riservato a tutto lo star system americano, Ron Galella è presente oggi con i suoi scatti nella Staley-Wise Gallery di New York accanto a fotografi come Richard Avedon e Helmut Newton e nella collezione permanente del Museum of Modern Art.

Ron Galella ha fotografato personaggi più o meno noti dello star system americano della seconda metà del secolo rivoluzionando negli anni del divismo la visione e la percezione di attori, attrici, modelle, registi, produttori e scrittori. Ron Galella, fotografando i divi di sorpresa, in situazioni quotidiane, ha distrutto i piedistalli che li tenevano distanti dalla gente comune: Ron Galella, Prometeo novecentesco, ha riportato gli dei del cinema ad una dimensione umana, li ha ritratti senza trucco, scompigliati (come la sua Windblown Jackie), arrabbiati, malinconici, riuscendo a scardinare pose, etichette e distanze.

Visitando la mostra si incontrano appese ai muri espressioni vere, il talento di Galella si svela proprio nella capacità di tirare fuori, di avvicinare alla superficie gli stati d’animo, la sostanza dei personaggi ritratti che nei suoi scatti non sono più personaggi ma ritornano persone: poderose, complesse, irrisolte, vitali. Se l’innocenza conturbante di una giovanissima Isabella Rossellini conferma le ragioni suo successo, l’intensità seriosa e pacata di Luise Veronica Ciccone ci svela un tratto inedito di un personaggio che ha fatto della provocazione e dello scandalo il suo vessillo, a partire dal nome d’arte.

Nello sguardo di Gianni Versace c’è tutta (o quasi) la malinconia del mondo e in quello di Francis Ford Coppola scintilla il lampo dell’ingegno, dalla sigaretta sbilenca di Frank Zappa risale tutta l’ironia di un artista rivoluzionario e rivoluzionante; Giannini e Gassman ridono voltandosi e chiamano a raccolta tutti gli italiani a rispondere di quell’allegria cialtrona e un po’ sfacciata che fa le corna dallo specchietto mentre ti sorpassa, ma basta spostare lo sguardo di pochi centimetri che l’avvocato Agnelli sembra un qualunque italiano sceso al porto a passeggiare in una giornata di sole in polo e pantaloni sformati; lo sguardo profondo di Liza Minnelli svela tutta la fragilità su cui si regge l’arte e quello di Sophia Loren, alzato al cielo mentre suo marito Carlo Ponti le parla, non ci farà capire se è più divertita, scocciata o meditabonda seduta al tavolo dell’American Hotel di New York.

Nonostante Ron Galella sia considerato il capostipite dei paparazzi si fa molta fatica ad associare le sue foto a quelle delle riviste scandalistiche e dei tabloid dove l’occhio del paparazzo (quello vero, quello più speculatore che fotogiornalista) non cerca l’anima del suo soggetto ma si nutre del suo corpo, possibilmente svestito, possibilmente seducente, che detti la linea della normosessualità, o imperfetto, che richiami riprovazione o ilarità. La fotografia di Ron Galella, per quanto spesso sia stata il frutto di appostamenti e pedinamenti al limite del rispetto della privacy, è sempre alla ricerca di qualcosa di inedito del personaggio e non sul personaggio e nulla ha a che vedere con la fredda pornografia dello scatto del paparazzo, piuttosto ci riporta nelle alcove di Casanova dove l’eros era materia ben più raffinata delle rotondità anatomiche.

Simona Irene Simone
Foto di Simona Irene Simone

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