La settimana sportiva: l’analisi di Ascoli – Bari

Chi conosce le vicende storiche del Bari, chi ha oltre 60 anni come me, e ne ha viste tante, può confermarlo: altri cento secondi ed il Bari avrebbe perso domenica ad Ascoli. Si, è così, anche se manca il contraddittorio e non posso darlo come scontato, ma di gare come queste, dove il Bari vinceva fuori casa e poi si è fatto raggiungere e talvolta pure superare, ne sono capitate tante, e domenica ho intravisto questo spettro, poi per fortuna il recupero dei sei minuti non è andato oltre ma, ripeto, sarebbero bastati altri cento secondi e il dramma sportivo si sarebbe configurato. Del resto a confermare ciò è bastato vedere l’Ascoli che al 96′ non dava segni di resa, di stanchezza, dopo oltre 70 minuti di forcing pressante, altre squadre avrebbero alzato bandiera bianca, ed invece l’Ascoli ha continuato imperterrito a spingere fino a rimontare il risultato. E ci sono delle colpe, ovviamente: se l’Ascoli ha spinto fino al 96′ è perché il Bari ha rinunciato a giocare nel secondo tempo oltre a sbagliare quelle poche occasioni che gli sono capitate dimostrando, oltre ai vari e noti limiti, mancanza di cinismo come una squadra blasonata non dovrebbe avere, e si, perché il Bari, in B, ha il dovere di mostrarsi blasonato con chiunque, magari in A può comportarsi da provinciale, ma in B – vacca d’un can, per dirla alla Guccini – dovrebbe vigere la massima dialettale romanesca per la quale “fatece largo che passiamo noi” ed invece questo Bari dice il contrario: “prego, entrate pure fateci del male”.

Domenica ho intravisto i fantasmi di Piacenza dove il Bari si fece rimontare e superare da una squadretta come la Feralpi, poi per fortuna rimediò con un gol casuale di Achik sul finale. Inutile girarci intorno: è proprio da Piacenza, anzi, dal rigore sbagliato da Diaw, che sono iniziati i problemi fisici, caratteriali, esistenziali, tecnici e mentali del Bari. Chissà cosa sarà passato nella mente dopo il rigore sbagliato. C’è stata un’involuzione totale nello spogliatoio al punto che quel “poco” di Bari buono intravisto fino a quel momento che, diciamocelo, lasciava intravedere ancora margini di miglioramento in chiave classifica, è stato spazzato via come nella bora triestina. E va a capire il perché. Una delle verità sta nel fatto che la rosa presenta gravi carenze tecniche, una rosa non all’altezza dei playoff che poi, magari, li acciufferà, chi lo sa, ma dovrà sudare le proverbiali sette camicie nonostante si abbia nell’arco gente del calibro di Menez, sebbene al tramonto, Diaw, Puscas, Benali e le sue oltre 350 presenze tra A e B, Maiello, Di Cesare e suoi 40 anni, Lulic, Sibilli, Kallon, e poi, diciamocelo tutti, dove potrà andare una volta raggiunti i playoff con questa squadra, se non uscire alla prima gara dal momento che sarà obbligato a vincere contro la quarta in classifica in casa loro? Si lo so che tutto può accadere ma vedendo questa squadra – ripeto, questa squadra – francamente mi riesce difficile sperare in positivo.

Il Cagliari, lo scorso anno, finì in crescendo e la rosa era tutt’altro che scarsa. La verità è che Liverani si è dimostrato un disastro, il vero problema poi risolto da Ranieri che ha esaltato la qualità della rosa a disposizione. A Bari i problemi sono nella rosa oltre che nelle mosse degli allenatori: Mignani, bene o male, garantiva la tenuta, magari pareggiando troppe gare e perdendo qualche punto qua e là senza dimenticare che ne aveva persa solo una di partita, Marino vince qualche gara in più, è vero, ma spesso sbaglia le mosse come domenica: cambiare un attaccante per un difensore è sinonimo di squadretta provinciale, di paura, di una squadra che si difende davanti ad uno squadrone, ed invece domenica affrontava una squadretta provinciale, peraltro terzultima in classifica che avrebbe dovuto distruggere, calcisticamente parlando si intende, ed invece è successo quel che è successo. Per me quella di domenica è una sconfitta non un pareggio, perché i pareggi veri hanno un altro sapore, quello di eri sa di beffa e di rabbia ma anche di disarmo.

Ora speriamo che Vicari non si sia fatto male (non mi meraviglierei se l’entità del suo infortunio fosse di una certa gravità, quest’anno è disgraziato e le disavventure son come le ciliegie, una tira l’altra), tuttavia io credo che occorrerebbe un altro centrale difensivo perché, come ho scritto già altre volte, Zuzek (note le sue amnesie) e Matino (che domenica ha dimenticato di marcare Mendez in occasione del pareggio), non garantiscono affidabilità, e siccome Di Cesare e Vicari non possono garantire 100 minuti a partita senza incorrere in un infortunio o in una squalifica, la situazione si fa molto difficile da gestire. Ovviamente oltre al centrale occorre un altro centrocampista in attesa del recupero di Lulic per il quale occorre tempo per vederlo in forma (del resto se si prende a gennaio un giocatore fresco di intervento chirurgico, è da mettere in preventivo il tempo di recupero), di Maiello che a breve tornerà, e sperando che Menez dia il suo contributo anche se quella smorfia nitida in occasione del calcio di punizione che, forse, avrebbe voluto battere lui, fa molto riflettere: credo che Menez, debba scendere un po’ dal piedistallo, deve trovare umiltà, perché la sensazione è quella di ritenersi una prima donna, anche l’espulsione di Genova ha detto molte cose, e “se i cosiddetti “migliori” di noi avessero il coraggio di sottovalutarsi almeno un po’, vivremmo in un mondo migliore”, diceva Fabrizio De André.

Poi c’è Edjouma che se da un lato è vero che sta crescendo, dall’altro è altrettanto vero che dimostra scarsa tenuta. Domenica nel secondo tempo, anzi dopo il gol di pregevole fattura, è scomparso dai radar, anzi, ha combinato anche qualche guaio perdendo palloni qua e là. Senza dimenticare l’attaccante, anche Fumagalli, perché Diaw con quello che ha, non garantisce continuità, nel senso che guarirà pure dal problema alla spalla come gli auguriamo tutti dal più profondo del cuore, ma la sensazione è quella che ha i muscoli fragili, come Barreto e Romizi che, ricorderete, una domenica giocavano, forse nemmeno per tutta la gara, ed altre quattro no.

Si d’accordo occorre avere fiducia, guai a non averla, occorre supportare la squadra, sempre, i tifosi sono encomiabili soprattutto quelli che si sobbarcano ore ed ore di viaggio, esborsi di denaro sacrificando la famiglia, ma anche quelli “normali” che dal divano, o dalle tribune del San Nicola o davanti al PC, che non smettono mai di supportarla non sono da meno, però è altrettanto vero che occorre essere realisti: questo Bari – e ripeto “questo”, non quello futuro che nessuno di noi può intravedere – non dà alcuna garanzia di speranza. A meno che non cambi qualcosa. E subito.

Massimo Longo

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