L’associazione “Nel Gioco del Jazz” ospita i “GuerzonCellos” ed il Trio di Antonio Laviero in un attraente e intrigante doppio set

Una delle tante serate di qualità promosse dalle rassegna “Nel Gioco del Jazz” per la stagione “Starting Again” – che continua a proporre e rivelare anche nuove formazioni di apprezzabile valore – cui abbiamo avuto la fortuna di assistere è stata quella che ha visto sul palco due formazioni completamente differenti ma che hanno avuto entrambe il pregio di accompagnarci in un viaggio musicale davvero brillante.

Nel primo set, il duo composto da Tiziano – padre – ed Enrico Guerzoni – figlio – sotto il nome di “GuerzonCellos” (la cui genesi è più che evidente), ci ha mostrato un uso dei violoncelli nuovo, particolare, temporaneamente e sapientemente preso in prestito dalla musica sinfonica per muoverlo tra gli standard del jazz, del rock e del pop, senza comunque tralasciare quello propriamente classico arrangiato con sicura personalità (anche se residualmente).

Il poco compassato duo, che non manca di interagire e scherzare con il pubblico in sala sin dalle prime battute, con accento emiliano che fa subito simpatia, presenta accuratamente di volta in volta i pezzi proposti – non sempre programmati poiché padre e figlio si lasciano guidare per lo più dal complice spirito di improvvisazione che il pubblico non può che cogliere con favore perché vi scorge una bellissima ed unica intesa.

L’arrangiamento assolutamente inedito di “Birdland” dei Weather Report – apre il primo set – portandoci subito alla mente la versione più nota dei mitici Manhattan Transfer – con un’atmosfera amabilmente scoppiettante e assolutamente nuova per le nostre corde. Le aspettative, che si erano assestate su un uso più classico dei due strumenti sul palco, non deludono ma ci costringono a riprogrammare quelle a seguire che accogliamo in ogni caso con viva curiosità.

Il repertorio che “spettinano” con singolare padronanza dello strumento che diventa tale anche senza l’uso dell’archetto ma sotto quello delle mani che pizzicano le corde o battono sulla cassa, spazia dal contaminato jazz del chitarrista americano Pat Metheny, del quale interpretano il pezzo “James” – ispirato al cantautore statunitense James Taylor – alla complesso genere pop dei Queen, con Bohemian Rapsody” (che molto più si adatta ai violoncelli), brano cui i Guerzoncellos tengono molto per essere stata la prima cover video realizzata. Si passa, ancora, ad un medley delle intramontabili “Billie Jean”, “Thriller” e “Smooth Criminal” dell’inimitabile Michael Jackson, aal cospetto delle quali vengono fuori sonorità non proprio consuete ma sorprendenti perché si diffondono quasi fossero generati con un basso elettrico.

Tra le altre cover, non mancano i Led Zepelin – fautori del rock progressive – con il famosissimo ed altrettanto suggestivo “Stairway to heaven”, ed il virtuoso e pluripremiato Chick Corea, omaggiato a due anni dalla sua scomparsa, con il suo jazz fusion “Spain”. L’unico brano che ci riporta al barocco musicale con il quale i due strumenti ad arco riprendono a “rilassarsi” è il “Doppio concerto per 2 violoncelli e orchestra”, di Antonio Vivaldi ed è anche quello nel quale il bellissimo duo di padre e figlio – come scherzosamente e prontamente sottolinea il maestro Tiziano – suonano sia la parte solista che quella orchestrale.

Degno di nota, tra gli inediti in uno con “Psychedelic” e “Tagliantella”, è sicuramente l’ipnotico “The bells”, brano tratto dall’ultimo CD pubblicato nel lontano Giappone per volere di un mercato discografico che non ha creduto nel loro progetto, come non manca di evidenziare amaramente Tiziano.

Al termine dell’ultima esecuzione, una riflessione nasce spontanea: dopo il primo stupore, dovuto come più volte si è sottolineato, all’uso inedito dello strumento classico in repertori differenti, quello che rimane è l’aver assistito alla realizzazione di un set nel quale i due maestri hanno suonato all’unisono, intendendo tale la loro capacità di lanciarsi le note, al pari dei loro sguardi di profonda intesa, e riprendersele in modo tale da apparire entrambi allo stesso modo dei virtuosi musicisti ed estrosi arrangiatori. Certo, a dirla tutta, in qualche breve momento, probabilmente si sarebbe apprezzata la spalla di altri strumenti, ma il duo ne sarebbe venuto fuori sicuramente depotenziato.

Con in secondo set, abbiamo la fortuna di conoscere ed apprezzare un giovane, appassionato e talentuoso Antonio Laviero, cui la vittoria al Dexter Jazz Contest 2022 come migliore pianista, precede la sua pregevole e raffinata esibizione insieme ai suoi due “compagni, amici, fratelli di viaggio”, come ama presentarli, e di altrettanta bravura, ovvero Aris Volpe alla batteria, e Nunzio Laviero al contrabbasso, che per la prima volta in pubblico presentano brani di loro composizione e standard jazz nel concerto dal nome “Piano Players Compositions”.

Con l’ascolto del primo pezzo in scaletta “Looking up” del grande pianista jazz Michel Petrucciani, presentato solo al termine della mirabile esecuzione, ci si rende subito conto di essere al cospetto di un sicuro talento che farà parlare molto di sé. Il jazz proposto è assolutamente fruibile, intenso capace di far volare velocemente – troppo – il tempo nel quale si snodano dei pezzi magnifici. Tra gli standard ci si inviluppa prepotentemente nell’ascolto della lunga “Bud on Bach” di Bud Powell che, come Laviero ha cura di ricordarci, è una composizione particolare perché è composta da due parti: nella prima di esse il compositore rimaneggia in chiave jazz il “solfeggietto in do minore” di Carl Bach, uno dei numerosi figli di Johann Sebastian, che richiede un arpeggiamento velocissimo, al pari della seconda in cui Powell ritorna al suo usuale be-bop che richiede notoriamente passaggi pur sempre veloci che vedono le mani sul pianoforte energicamente volare da una parte all’altra della tastiera. E Laviero affronta tale eredità musicale con estrema facilità, sebbene siamo tutti consapevoli del virtuosismo richiesto dal particolare spartito che ci fa tornare nostalgicamente a jam sessions degli anni ’50. Ma non è tutto. Altre prodezze ci stordiscono allorquando la scena viene catalizzata dal Nunzio Laviero che, alternandosi con una capacità fuori dal comune tra basso elettrico, chitarra elettrica e contrabbasso, ci stordisce con la sua disinvolta bravura e poliedricità stupefacente nell’uso del sax tenore sugellata nell’assolo di John Coltrane che ci rende la pelle d’oca.

Tanti gli inediti originali, nei quali avremmo anche apprezzato un più lungo assolo alla batteria di Aris Volpe, che pur si muove con indubbie doti. Le nostre corde vibrano sicuramente più forti all’ascolto di “Piecefull dream” (un titolo, un’emozione), e non è un caso se l’esecuzione viene acclamata durante il bis nel quale il trio, con “Fiesta”, non manca di omaggiare la leggenda del jazz Chick Corea, a due anni dalla sua scomparsa.

Ci auguriamo che l’equilibrio della suddivisione strumentale e la privazione di contaminazioni stilistiche (delle quali il jazz è re) e la capacità di affiatamento che comunque viene fuori, rimangano il biglietto da visita di questo trio che tanto ci è piaciuto senza riserva alcuna.

Gemma Viti
Foto di Gaetano de Gennaro

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