La direzione di Jaume Santonja e il violino di Simon Zhu esaltano l’Orchestra e il Coro della Fondazione del Teatro Petruzzelli

La stagione concertistica 2023 del Teatro Petruzzelli continua a meravigliarci e a proporci artisti di rilievo internazionale che richiamano numerosi appassionati della musica classica e dintorni. Il 25 novembre è stata la volta di Jaume Santonja, alla direzione dell’Orchestra e Coro del nostro splendido Politeama (quest’ultimo preparato dall’ottimo Fabrizio Cassi, che dal 2024 lascerà il nostro Politeama per acquisire la direzione del Coro del Teatro San Carlo di Napoli), e di Simon Zhu, giovanissimo violinista – premio Paganini 2023 (per citare solo uno degli ultimi riconoscimenti conferitigli).

Il Concerto per violino e orchestra, in Re maggiore, op.77, di Johannes Brahms, nei suoi tre movimenti, ha impegnato la prima parte del concerto, nel quale il poco più che ventenne solista, dai tratti orientali ma tedesco per natali, ha dato sfoggio del suo indubbio talento, declinato con atteggiamento misurato e poco enfatico, a paragone di altri suoi illustri colleghi che si sono avvicendati anche su questo palco.

Giunto in punta di piedi con gli occhi rivolti verso il basso tra gli orchestrali, magistralmente diretti dall’illustre spagnolo Santoja, si è introdotto musicalmente nel primo movimento con una precisione e delicatezza tipica dei maestri del suo calibro tecnico. L’unico concerto per violino composto da Brahms, che si avvalse del prezioso apporto del suo amico violinista Joachim, il quale avrebbe successivamente dovuto eseguire l’impegnativa partitura cui gli era stata dedicata, fu eseguito a Lipsia il primo gennaio del 1879, sotto la direzione dello stesso compositore. Entrato di diritto tra i concerti per violino più famosi, e per l’effetto, più eseguiti, si può dire che sia uno di quelli che non consente flessioni di umore. I tre movimenti – “Allegro non troppo”, “Adagio” e “Allegro giocoso, ma non troppo vivace. Poco più presto” – giungono all’eterogeneo pubblico con una musicalità amabile, intima, e nei quali prendono vita a tratti numerosi assoli che irrompono con lo stesso dinamismo dei fulmini, veloci e improvvisi, squarciando con leggerezza il lirismo del temi principali propri delle sinfonie.

La partitura con estremo equilibrio conferisce pari spazi all’orchestra ed ai virtuosismi del violino dai quali è impossibile non farsi trasportare, con la medesima enfasi, nella suggestiva composizione tanto da lasciarci un senso di profonda commozione con le espansioni melodiche del secondo movimento, che si trasformano improvvisamente nell’ultimo poiché veniamo letteralmente catapultati in un ambiente allegro e festoso in cui il Maestro Zhu si scatena tra motivi ora tzigani ora di vigore rusticano, sugellando così le sue doti che ci fanno dimenticare la sua giovanissima età.

Ed il tripudio è ben presto servito dal pubblico il quale con il suo insuperabile calore riesce a farsi donare due bis. Ed il primo, stante la sua recentissima vincita del Concorso “premio Paganini 2023” di Genova ed il premio per il miglior concerto di Paganini, non poteva che essere il “Capriccio n.5” del compianto Maestro, uno dei 24 che rappresentano il simbolo del virtuosimo violinistico per eccellenza poiché in essi si rinvengono tutte le difficoltà tecniche che spaziano dalle velocissime scale, alle doppie e triple corde, agli arpeggi, al pizzicato con la mano sinistra, incroci di corde distanti e tanto altro ancora.

Per il secondo bis, anch’esso presentato in gradevole italiano, invece, Zhu sceglie la “Sonata n. 2 per violino solo di Johann Sebastian Bach” , sonata di altrettanta e tale complessità polifonica – per l’uso delle doppie corde, triple e a volte quadruple – che, solo al termine dell’esecuzione, sicuramente per l’effetto di una sorta di ipnosi nella quale siamo caduti tutti, ci fa realizzare che sul palco vi era un solo strumento!

Di tutt’altro registro è a seconda parte del programma, interamente dedicata al Salmo IX per coro misto e orchestra di Goffredo Petrassi, seguita, dal palco in prim’ordine con molta partecipazione, anche dal solista Zhu.

Come già suggerisce il titolo, la composizione rimanda ad atmosfere sacre che Petrassi assimilò da bambino per aver fatto parte del coro della Schola Cantorum della Chiesa di San Salvatore in Lauro a soli 7 anni. Da allora, e dall’ascolto di opere di Stravinskij, in uno con l’aver fatto il commesso in un negozio di strumenti musicali, i suoi studi si orientarono verso polifonie medievali, a canti gregoriani che ritroviamo nella maestosa opera, in due movimenti, del Salmo IX, ove è evidente come il compositore italiano riesca a far coestistere la scrittura polifonica del XVI secolo e le costruzioni armoniche moderne. E qui non si può prescindere né dalla pregevole direzione del Maestro Jaume Santonja, attuale direttore Ospite Principale dell’Orchestra Sinfonica di Milano, né dalla sapiente esecuzione dell’orchestra del Petruzzelli che sempre più dà prova della sua competenza e della sua armoniosa compattezza, né, tanto meno, dal coro diretto dall’ormai “nostro” insigne Maestro Fabrizio Cassi.

Il ritmo incisivo del discorso musicale, che pur si articola in brevi sezioni, sebbene rievochi la ritualità del senso del sacro, ha una resa assolutamente moderna che assai cattura soprattutto con le voci degli ottoni e delle percussioni che ancor di più rendono “cupa” l’atmosfera tipica dell’immaginario medievale, sottolineata dai canti declinati in latino.

La sinergia di tutti questi elementi, essenziali all’unicum, ci fa giungere in un batter d’occhio al termine della serata che si chiude con un lungo e accorato plauso e, mentre si guadagna l’uscita, un pensiero tenero ci assale allorquando incrociamo una distinta signora dagli evidenti tratti orientali visibilmente inquieta – e che subito identifichiamo come la madre del giovanissimo violinista – in attesa del suo enfant prodige.

Gemma Viti
Foto di Clarissa Lapolla photography

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