E’ nell’incontro che si crea l’armonia senza dover passare necessariamente attraverso il suono: è la grande lezione di “Sound Silence”, la straordinaria coreografia, andata in scena al Teatro Abeliano di Bari, nata dall’incontro tra Marilena Abbatepaolo ed Elisa Barucchieri

Quando il significato del termine “sentire” non equivale a percepire i suoni nella sua accezione classica ma apre un mondo diverso, dove per diverso si intende coscienza di quello che ci circonda a 360 gradi.

Questo è il messaggio che la poetessa Marilena Abbatepaolo, in concerto con la coreografa Elisa Barucchieri, cuore pulsante e vibrante della Compagnia ResExtensa, ha cercato, riuscendoci in pieno, di trasmettere al pubblico del Teatro Abeliano di Bari attraverso lo spettacolo “Sound Silence – Partitura in Versi”, andato in scena nell’ambito della stagione “Maschere d’Olivo” ideata dal direttore artistico del Teatro, Vito Signorile.

La storia ha origine nel momento in cui Marilena perde progressivamente il senso dell’udito a causa di una malattia degenerativa e questo, dopo un iniziale periodo di sconforto, la porta a scoprire una nuova consapevolezza di sé e di quello che la circonda. Il “sentire” diventa per lei, se possibile, ancora più completo di ciò che rappresenta per i cosiddetti “normodotati”: impara a percepire le vibrazioni in tutto ciò che la circonda e, soprattutto, in coloro che la circondano. Impara a comprendere il valore aggiunto della condizione di non udente, che le consente di avere una nuova sensibilità e nuove prospettive. Prende in mano la sua vita diventando “la prima dirigente scolastica non udente d’Italia” come strillano i titoli degli articoli su di lei, come se la sua condizione fosse straniante per un ruolo che invece le calza a pennello, dato che la sensibilità necessaria per svolgerlo l’ha acquisita molto più dalla sua esperienza personale che dai libri e non è poco. Prende in mano una penna e, nero su bianco, trasmette i suoi pensieri, le sue emozioni ed il suo vissuto attraverso i versi; viene convinta, poi, a pubblicare quegli scritti e ad un certo punto avviene l’incontro con Elisa Barucchieri e nasce l’idea di proporre uno spettacolo di danza che racconti in qualche modo la sua presa di coscienza.

Ed ecco che il “velo” della sordità diviene un elemento fisico, ma soprattutto metaforico all’interno della coreografia, come un danzatore, un compagno ora crudele, ora alleato, ora consolatore, che si muove tra le due protagoniste in scena, Fabiana Mangialardi e Giulia Bertoni, avvolgendole, imprigionandole, liberandole, e loro divengono perfette esecutrici di una “partitura in versi”, come recita il titolo della raccolta di poesie di Marilena, divenuto sottotitolo dello spettacolo, che spazia tra generi musicali e, soprattutto, sensazioni.

Cosa resta nel pubblico di questo spettacolo? Difficile comprenderlo, perché ogni sensibilità assorbe in modo differente i tanti splendidi impulsi che arrivano dal palco, ma, probabilmente, la chiave per rispondere a questa domanda la fornisce la stessa Marilena quando afferma che “Ognuno suona la sua nota ma è negli incontri l’armonia”; quindi, non importa quale nota noi siamo, ma è solo incontrando gli altri potremo diventare, comunque, musica, quella vera, quella che arriva all’anima senza dover passare necessariamente e banalmente attraverso il suono.

Gabriella Loconsole
Foto dalle pagine web della Compagnia

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.