Con “Le vie del rock sono infinite”, Edoardo Bennato trascina il pubblico del Teatro Petruzzelli di Bari nelle sue immarcescibili battaglie sociali canore

Il tour nei teatri “Le vie del rock sono infinite” di Edoardo Bennato ha fatto tappa, grazie alla produzione Bass Culture, nel Petruzzelli di Bari, accogliendo colui che ancora oggi viene a ragione definito uno dei maggiori esponenti del rock italiano, accompagnato, come ormai da tempo, dalla sua storica BeBand, che anche in questa occasione non si è smentita per bravura e simpatia. Sul palco, anche il Quartetto Flegreo, composto da quattro altrettanto abilissimi e gioiosi musicisti che hanno, nei loro frack celeste polvere, impreziosito la scaletta musicale con il supporto dei loro archi (due violini, una viola ed un violoncello).

La struttura del concerto si sviluppa attraverso l’esecuzione di pezzi celebri tratti e selezionati dai numerosi album prodotti dal nostro, che vengono ricordati sul maxi schermo apposto alle spalle della band e sul quale scorrono anche scene o foto d’impatto a sottolineare e conferire maggior valenza ai celeberrimi testi, quasi sempre veicolo di denuncia sociale. I temi trattati sono i più diversi, dall’inquinamento e rispetto per il nostro pianeta ormai martoriato, alla condizione femminile ancora punto debole di una società ancora troppo machista, alle contraddizioni del vivere quotidiano, e vengono prepotentemente fuori attraverso una narrazione in chiave rock, blues, folk, che da sempre connota il cantautore, nel quale comunque convivono non solo sentimenti provocatori, sarcastici ed irriverenti ma anche sogni di speranza.

Bennato, infatti, continua, non senza denotare un umanissimo affaticamento, a trascinarci nelle sue immancabili canore battaglie sociali; sono molti i momenti in cui al microfono si lascia andare a previsioni futuristiche sul nostro pianeta, a denunce politiche attuali (“Stop America”), previste in tempi non sospetti, a moniti, tanti (forse troppi) sempre accompagnati da consono brano, come nel caso, tra le altre, dell’hit dell’89 “Abbi dubbi”.

Alla sua particolare attenzione per l’opera buffa è riservata una parte della sua produzione che in scena porta con “La calunnia è un venticello”, brano scritto nel 2015 a 30 anni dalla scarcerazione (sine titulo) del noto e bravissimo giornalista e presentatore Enzo Tortora, la cui storia è paragonata a quella della talentuosa e nostalgicamente indimenticabile Mia Martini; entrambi, infatti, sono stati destinatari di un comportamento che ben descrive Rossini ne “Il Barbiere di Siviglia” allorquando fa intonare al protagonista “la calunnia è un venticello, un’arietta assai gentile che insensibile, sottile, leggermente, dolcemente, incomincia a sussurrar” che Bennato riprende perfettamente dal vivo donandoci momenti di grande emozione e commozione. Sul maxi schermo il canto del Barbiere riprodotto in una vecchia pellicola diventa un unicum con la narrazione canora di Bennato dal quale distogliamo l’attenzione perché colpiti dallo sfondo video in cui appaiono spezzoni di vita che ritraggono l’incolpevole reo durante le fasi dell’arresto e del rientro nel suo “Portobello”, all’indomani della lunga scarcerazione, alternati a foto ritraenti il potente e bellissimo usignolo d’Italia, vittima anch’essa di un venticello senza direzione.

Nella lunga scaletta, oltre “L’isola che non c’è”, cantata all’unisono dal pubblico, “Cantautore” e la simpatica “A napoli 55 è a musica” (testo autobiografico), non mancano brani tratti dalla sua ultima fatica discografica “Non c’è” che ci fanno pensare ad un richiamo al suo periodo più apprezzato, ma, in corso d’opera sono maggiori i momenti in cui apprezziamo le diverse parti strumentali, in cui primeggia, senza dubbio, il chitarrista della band Giuseppe Scarpato che si lascia andare ad incursioni solistiche che denotano sicuramente le sue capacità e la conoscenza di pezzi della storia della musica – intenso, in tal senso, l’omaggio ai Pink Floyd – che vengono riproposti come parte di un tutto, un po’ qua, un po’ là – anche dai lirici archi -, come se si sentisse la necessità di colmare il livello musicale; forse si sarebbe potuto, invece, attingere un po’ di più al grande bagaglio del cantautore partenopeo.

Gemma Viti
Foto dalla pagina Facebook dell’artista

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