La settimana sportiva: l’analisi di Bari – Ascoli

Eternità, spalanca le tue braccia, io sono qua, accanto alla felicità che dorme. Per lei vivrò, e quando avrà bisogno, io ci sarò, ad asciugare le sue lacrime”.

Recitava così un passaggio della celebre canzone degli anni 60 “Eternità” portata al successo dai Camaleonti. E sì, perché l’ultima vittoria di campionato intravista al San Nicola è datata 13 maggio 2023 quando il Bari fece fuori la Reggina con un gol di Folorunsho. Si, d’accordo, poi il Bari vinse contro il Sudtirol, ma fu nei playoff; quindi, per rivedere una vittoria in campionato è passata un’eternità. Oggettivamente troppo per una squadra come il Bari che dovrebbe non dico vincerle tutte in B, per carità, ma quanto meno non dovrebbe pareggiarne cinque consecutive in casa al di là dei proclami discordi della società. Ed invece, ecco il Bari vincitore pronto a far breccia all’eternità e a gettarsi con le sue braccia tra i tifosi diffidenti ancora con le lacrime agli occhi per quel maledetto 11 giugno.

Sei i punti, dunque, tra Brescia e Ascoli, decisamente un buon bottino per provare a ripartire dopo un periodo trascorso a suon di brodini caldi ospedalieri, e mentre a Brescia al capezzale del Bari ancora convalescente è stato servito un pezzo di carne, ieri gli addetti alla cena del nosocomio barese han servito anche un pezzettino di dolce per provare a tirare su anche di morale la squadra, ma soprattutto per provare a liberare la mente da schegge dolorose.

Il ds Marino in queste tre gare ha cercato di dare un look nuovo alla squadra, cambiando modulo, pedine, ruoli; ne è conseguito un Bari imbattuto che ha persino vinto due gare consecutive, ma l’impressione, per non dire l’evidenza, dopo aver visto queste tre gare che la squadra nel complesso sia rimasta la stessa di Mignani, con tutti i suoi limiti, difetti e lacune, una squadra affatto convincente sul piano del ritmo, ma soprattutto sul piano tattico. Tanto è vero che per vincere la gara c’è voluta un’invenzione capolavoro di un singolo, Sibilli, che, quasi a voler dire “va be’, ho capito, mo’ me la vedo io”, ad un tratto si è fatto dare la palla da Maita nella metà campo barese e senza badare a tatticismi, schemi, moduli, senza tanto pensarci su, ha percorso mezzo campo ha puntato ben tre avversari e poi ha sferrato il tiro vincente. Dunque, il Bari non ha vinto perché ha saputo mettere in atto schemi vincenti, ma solo per l’esaltazione di un singolo. Forse non tutti saranno d’accordo, ma se si vanno a riguardare le immagini le cose sono andate così. Troppo poche le occasioni confezionate dal Bari per poter affermare il contrario, poche e assai confuse, senza uno straccio di schema, con tiri alla rinfusa ribattuti dai difensori che si sono immolati davanti a Diaw e Nasti, pasticci degli avversari che per poco non confezionavano un gol e solo un paio di tiri senza pretese.

La squadra non velocizza il gioco, trova le solite difficoltà nel gestire il pallone nei momenti topici dove c’è da andare in gol senza tanti preamboli. L’impressione, come ho detto prima, è che, nelle movenze, questo Bari appare assai simile a quello di Mignani anche se, è bene dirlo, Marino sta provando a porre accorgimenti immettendo le sue idee, ma la resa tecnica e tattica, al momento, sembra non distare molto da quella del suo predecessore.

Ci sono ancora alcuni oggetti del mistero da recuperare, mi riferisco ad Aramu, a Frabotta, a Acampora, a Kousoupias che corre, corre, corre come una locomotiva ma con la testa bassa quando invece un centrocampista dovrebbe guardare ad altezza d’uomo, poi c’è l’enigma Edjouma, quindi i giovani ancora da svezzare come Achik, un Morachioli in attesa che diventi la copia di quello dello scorso anno, senza dimenticare i tagliandi da fare su alcuni giocatori che ancora sembrano non rodare come dovrebbero, mi riferisco a Dorval, Ricci e ai due attaccanti che, si, forse è il caso di farli giocare insieme però fino adesso, al di là del gol di Diaw a Brescia, non sembrano particolarmente ispirati nelle fantasie e nei codici di geometrie esistenziali per dirla alla Battiato, forse perché serviti poco e male ma forse anche perché non sembrano ancora intendersi. Senza dimenticare l’altro mistero che va sotto il nome di Astrologo di cui attendiamo tutti quanto memo la presentazione.

La difesa a tre è il reparto che, forse, al di là di qualche sbavatura soprattutto di Zuzek che pure ha giocato bene, è apparso quello più affiatato e pronto ad essere riproposto in caso di necessità anche perché con Di Cesare, tra inevitabili ammonizioni con diffide che si prenderà fino a fine campionato e qualche giornata in cui inevitabilmente alzerà bandiera bianca, sarà inevitabile riproporre la difesa a tre visto che Matino continua ad essere oggetto del mistero per tutti: lo è stato per Mignani, a quanto pare continua ad esserlo per Marino.

Infine, Brenno: le sue qualità non si discutono, ma non si può non affermare che fino adesso ha stentato in diverse occasioni, regalando brividi ai tifosi biancorossi. Però si son viste anche delle belle parate ed anche decisive come quelle di sabato che hanno regalato anche sicurezza al reparto. Speriamo che stia capendo come funzionano le cose in porta ed in difesa qui in Italia in serie B; a me pare che la strada sia tracciata.

Insomma, vanno bene la conquista di Brescia e del San Nicola e con esse i sei punti che ci proiettano verso posizioni più consone alla piazza, però occhio a non montarsi la testa perché c’è ancora tanto da lavorare per Marino. In attesa del recupero degli infortunati.

Non ho modo di sapere se andrà così, me ne rendo conto. Bisogna fare tutto il possibile, dare tutto quello che si ha da dare, e poi sperare.” (Eshkol Nevo)

Massimo Longo

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