La Stagione 2023 dell’associazione “Nel Gioco del Jazz” si apre alla musica classica con il progetto “Ageless Music” del quartetto d’archi “Molly & Friends” e del pianista Pierluigi Camicia

L’associazione Nel Gioco del Jazz, presieduta da Donato Romito, sotto la direzione artistica di Pietro Laera, al Teatro Forma di Bari, ha affidato al progetto Ageless Music il suo secondo appuntamento nel quale abbiamo fortunatamente assistito ad un incontro intergenerazionale tra il quartetto d’archi Molly & Friends ed il pianista Pierluigi Camicia, in un repertorio classico, del tutto inusuale per questa rassegna dalla dichiarata impronta jazz, ad iniziare dal titolo.

La particolarità di questo recital indubbiamente risiede nello scarto generazionale, appunto, tra i protagonisti della scena che però scompare sotto l’egida delle composizioni senza tempo selezionate per l’occasione ed eseguite con comune innata eleganza e sapienza.

Il bellissimo ensemble riflette una luce propria che accompagnerà l’intera serata di chi ha scelto di essere presente, nei confronti del quale si può solo sottolineare, con dispiacere, non si sia data la giusta attenzione mediatica e pubblicitaria che meritava; testimone un teatro che non ha fatto registrare un numero elevato di presenze se non quasi esclusivamente quelle di “settore”.

La capitana del quartetto, è la diciottenne pluripremiata Maria Elena Salvemini al primo violino, che si avvale della qualità artistica di Cecilia Zonno al secondo violino, di Daniela Carabellese, alla viola – tutte avvolte in splendidi abiti lunghi – e del violoncellista, compositore, direttore d’orchestra enfant prodige Vito Paternoster.

A favore di buio in sala, prende il via il “Quartetto d’archi in re minore K421 di Mozart”, il secondo dei sei quartetti scritto dal compositore nella notte tra il 17 ed il 18 marzo 1783 durante la quale la moglie Constanze diede alla luce il loro primo figlio e dedicato all’amico e maestro Haydn, in quanto doveva a lui l’invenzione dei quartetti che Mozart cercò , non senza fatica, di fare propri e di conferirgli il proprio stile. Sebbene sia una composizione ispirata ad un evento lieto ed unico, l’atmosfera è inaspettatamente drammatica e cupa che solo nel finale “Allegro ma non troppo” abbozza una danza lenta che ci allontana dal carattere serio che aleggia preminentemente dall’inizio alla fine della partitura. L’esecuzione ci conferma che Mozart (il preferito per chi scrive), grande conoscitore dell’animo umano, riesce sempre ad emozionare, toccando le corde più profonde di chi si pone in ascolto, regalando, e questo nell’occasione grazie agli odierni interpreti, pagine di una bellezza velatamente inquietante.

Dopo un meritatissimo e sentito applauso il quartetto si arricchisce della presenza del maestro Pierluigi Camicia, classe 1952, concertista dalla fama internazionale che ha calcato più di 1000 palchi in tutta Europa, oltre ad esibirsi presso la Scala di Milano, la Carnagie Hall di New York e l’Oriental Art Center di Shangai, per citarne qualcuno, intensa attività che si aggiunge a quella non meno importante di didatta e di fautore di masterclass di pianoforte e musica da camera per diverse università americane, tedesche, francesi e in molti altri conservatori italiani.

E con questa formazione di evidente alto livello, viene eseguito il “Quintetto op.44 di Robert Shumann per pianoforte ed archi”, dove ciascuno, ormai pago e rassicurato dal generoso pubblico, si lascia andare ad un’interpretazione di grande rilievo artistico in una delle più classiche pagine romantiche del repertorio cameristico suddiviso in quattro movimenti.

Come ogni composizione che si rispetti, anche questa, come quella precedente, ha una sua genesi, una storia, uno stato d’animo che stuzzica la curiosità degli appassionati e che indubbiamente risulta utile per comprendere l’alveo emotivo dal quale prendono forma, di volta in volta, le variazioni musicali delineate dai maghi dello spartito. Qualche autorevole fonte ritiene, infatti, che questa sia una partitura che ha visto la luce in un momento di grande struggente solitudine per il compositore tedesco, lontano dalla moglie Clara impegnata nella sua prima tournée pianistica dopo il loro matrimonio; ci piace condividere questa storia perché è indubbio che nel dialogo costante tra il pianoforte, che in questa composizione torna ad essere protagonista, ed il quartetto che si sviluppa davanti ai nostri occhi riviviamo – quasi una macchina del tempo ce lo consentisse – la malinconia ed il pathos legato alla mancanza della compagna di vita vissuto dal compositore e che si traduce in momenti di grande scrittura romantica capace di raggiunge vette di puro lirismo grazie ad una narrazione musicale sapiente come quella resa dagli ospiti di questa fortunosa sera.
Spiace per chi non c’era.

Gemma Viti

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