Il sassofono di Daniele Scannapieco ha trascinato il pubblico dell’inaugurazione della nuova stagione di concerti del Duke Jazz Club di Bari

Il Duke Jazz Club di Bari è diventato un luogo prezioso per tutta la città. Uno scrigno che contiene emozioni, magia, atmosfere rarefatte, e tanta professionalità. Come tale, deve essere salvaguardato e valorizzato. Straordinario il lavoro di Guido Di Leone e del suo staff per la conduzione e valorizzazione di questo contenitore culturale dove è sempre possibile ascoltare buona musica ed incontrare bella gente. Se dipendesse da me, non cambierei nulla, perché qui, nulla è lasciato al caso e all’improvvisazione (a parte quella dei musicisti). A più di quattro anni dalla sua inaugurazione (spero di non sbagliarmi), il Duke è sempre vivo e vegeto. E’ riuscito a superare il periodo delle restrizioni Covid ed oggi si ripresenta sulla scena, dopo la pausa estiva, con un nuovo programma e nuovi ospiti.

Mi ha fatto molto piacere che il concerto di apertura per la nuova stagione 2023/24 sia stato affidato ad un musicista che di certo merita tutte le attenzioni ed il nostro plauso, e che risponde al nome di Daniele Scannapieco. Un musicista al quale sono particolarmente affezionato. Salernitano, 53 anni, figlio d’arte, per la sua affabilità e padronanza tecnica, non ha avuto problemi ad affermare la sua figura, andando ben oltre i confini nazionali.

Nel 1990, completa gli studi classici, conseguendo il diploma in clarinetto al Conservatorio di Salerno. Nel 1991 si trasferisce a Roma dove inizia a collaborare con quelli che sono considerati tra i musicisti di jazz più rappresentativi in Italia: Roberto Gatto, Stefano Sabatini, Stefano Di Battista, Giovanni Tommaso, Tony Scott, Enzo Pietropaoli, Stefano Bollani, Fabrizio Bosso, Dino e Franco Piana, Flavio Boltro, Danilo Rea, Fabrizio Sferra, Dado Moroni e tanti altri.

Numerose le collaborazioni con artisti stranieri quali: Henri Salvador, Joe Lovano, Hilton Ruiz, Gregory Hutchinson, Eric Reed, Joe Locke, Ira Coleman, Dee Dee Bridgewater (solo per citarne alcuni).

Se non ricordo male, la prima volta che ho avuto modo di ascoltare (e conoscere) Scannapieco è stato nell’ormai lontano 2001, in occasione di un concerto nella piazza di Cisternino per la rassegna “Pietre che cantano”. Si esibiva con il gruppo di Lorenzo Tucci, con Bosso, Scannapieco, Lussu e Ciancaglini. Erano tutti giovanissimi, e poco conosciuti. Ma ricordo benissimo la sensazione che ebbi: questi diventeranno famosi. E così è andata. Nel giro di pochissimo Bosso e Scannapieco hanno preso il volo. Suonavano insieme con una sintonia a dir poco meravigliosa, con una empatia ed una velocità che in alcuni momenti non ti accorgevi quando il primo concludeva il suo assolo, ed iniziava il secondo. Erano molto presenti dalle nostre parti, ed infiammavano le platee. Crearono Un quintetto che si chiamava High Five, che ha coinvolto anche altri musicisti straordinari quali il pianista Luca Mannutza (eccellente) e Tommaso Scannapieco (fratello di Daniele), registrando album anche in Giappone, introvabili qui in Italia. Tutti questi musicisti sono stati e continuano ad essere straordinari. E forse anche al loro accompagnamento che altri musicisti hanno preso il volo (primi fra tutti Nicola Conte, e Mario Biondi).

Altra tappa importantissima è la tournée mondiale durata circa tre anni con la famosa cantante Dee Dee Bridgewater, che lo hanno visto esibirsi nei teatri più prestigiosi in tutto il mondo. Classificato secondo per due anni consecutivi al Top Jazz (2002 e 2003), referendum indetto dalla rivista Musica Jazz, nella sezione “nuovo talento”, Scannapieco ha vinto nel 2003 il famoso premio europeo “Django d’or” (miglior giovane) e il premio Positano (miglior musicista campano) che includeva in giuria personaggi quali: Giovanni Tommaso, Renzo Arbore, Carlo Pagnotta (direttore artistico di Umbria Jazz). Inoltre, ha partecipato a diversi concerti organizzati da Umbria Jazz a New York ed a Porto Rico, in qualità di rappresentante del jazz italiano, alla spedizione in Australia per suonare al festival jazz di Melbourne. Tappa preceduta da una serie di concerti in Messico organizzati dall’Istituto di Cultura Italiano.

Ricca anche la discografia di Scannapieco, impegnato in incisioni importanti, da Henri Salvador a Dee Dee Bridgewater; da Paco Sery a Roberto Gatto, Flavio Boltro, Giovanni Tommaso (Apogeo) e tanti altri. Si afferma come grande conoscitore della tradizione, ma anche di quel linguaggio moderno, che ne fanno di lui un musicista eclettico, che riesce ad esprimere concetti musicali talvolta articolati e complessi sempre in modo semplice e di grande comunicazione con gli ascoltatori.

Un altro aspetto che mi va di evidenziare è la sua partecipazione fissa, da alcuni anni, al Festival di Umbria Jazz, con quella che è chiamata la “Resident band”. Un gruppo che ogni giorno, dopo la mezzanotte, quando tutto sembra sopito, inizia a suonare, per poi accogliere chiunque voglia impegnarsi in una jam session che solitamente dura fino all’alba. Con questa Band (oltre a Scannapieco, Piero Odorici, Andrea Pozza, Paolo Birro, Aldo Zunino e Antony Pinciotti), certe notti succede qualcosa di surreale. Per queste Jam session arrivano sia musicisti giovani (alcuni di orchestre giovanili, o di gruppi che di giorno si esibiscono per strada), ma anche musicisti affermati che non contenti delle loro esibizioni, arrivano in questo posto magico per partecipare a queste jam session. A memoria, ricordo la partecipazione di Benny Green, Wayne Escoffery, Veronica Swift, Steve Davis, Fabrizio Bosso, Dado Moroni, Brian Lynch, Kamasi Washington, Roberto Gatto, Stefano Di Battista. Tra le tantissime cose belle che ho avuto modo di ascoltare (e non ho l’abitudine di fare classifiche), ricordo una jam session (Umbria Jazz 2019) con Scannapieco, Odorici, Kamasi Washington al sax, con il suo batterista, Benny Green al piano con il suo contrabbassista. Sei musicisti eccellenti. Sulle note di Caravan, dopo un assolo torrenziale ed interminabile di Kamasi Washington ed un secondo altrettanto sostenuto, da parte di Piero Odorici, quando è stato il turno di Daniele Scannapieco, non sin è risparmiato facendoci ascoltare qualcosa fuori dal normale. Un momento indimenticabile per tutti i presenti. Di questa cosa che cerco di raccontare esiste una traccia su Youtube, che purtroppo taglia a metà l’assolo di Scannapieco e non ripropone l’assolo al piano di Benny Green. Una nottata da brividi, durante la quale ho realmente temuto che il nostro Daniele potesse “scoppiare”.

In definitiva, è sempre un piacere (ed una garanzia) poterlo ascoltare dal vivo.

Di Guido Di Leone non possiamo che parlarne bene. Uno squisito padrone di casa, un ottimo musicista. Ha ragione quando ci dice che dobbiamo fidarci delle proposte che il Duke ci propone. Anche se talvolta i musicisti sono giovani o sconosciuti ai più, resta la garanzia di un’accurata direzione artistica.

Il concerto è volato via tra standard (primo fra tutti Laura di David Raksin) ed omaggi a Fats Waller o Sonny Rollins (Pent up house). Ad accompagnare Daniele Scannapieco e Guido Di Leone, sul palco anche il bravissimo Bruno Montrone all’organo Hammond, e Mimmo Campanale alla batteria. Due musicisti molto presenti e molto attivi sulla scena barese. 

Bruno Montrone, il più giovane dei musicisti (classe 1987) dal 2007 è docente di pianoforte jazz presso la prestigiosa scuola di musica “Il Pentagramma” di Bari. Dal 2010 è pianista accompagnatore insieme a Renato Chicco dello Spoleto Vocal Jazz Workshop presieduto da Michele Hendriks. Dal 2010 fa parte del quartetto di Renato D’Aiello che presiede al Ronnie Scott di Londra ogni lunedì. Dal 2012 al 2014 vive a Londra, dove ha avuto la possibilità di collaborare con i migliori musicisti jazz del panorama inglese e di suonare nei principali jazz club e festival del paese. Numerose le sue collaborazioni con musicisti italiani e stranieri. In questi anni di attività del Duke possiamo dire di averlo visto crescere e acquisire una significativa padronanza tecnica, che gli consente di reggere il confronto con musicisti ben più navigati, senza mai entrare in soggezione.

Mimmo Campanale è una certezza sulla scena barese. Tantissime sono le collaborazioni con musicisti straordinari (non solo locali), partecipando a tantissimi festival in giro per il mondo. Un punto di riferimento per tutti: musicisti ed appassionati.

A questi ottimi musicisti, per alcuni brani (del primo e del secondo set) si è aggiunto il trombettista Alberto Di Leone, che è stato in grado di dialogare in maniera eccellente con il sassofono di Daniele Scannapieco. Nasce a Bari nel 1996 (a questo punto è lui il più giovane musicista presente sul palco), inizia gli studi di tromba presso la scuola di musica “Il Pentagramma” di Bari con il maestro Mino Lacirignola all’ età di 6 anni. Prosegue gli studi iscrivendosi al conservatorio “Niccoló Piccinni” dove nel 2015 si diploma in tromba classica con il maestro Pino Minafra. Successivamente frequenta il corso triennale di tromba jazz presso l’Accademia “Siena Jazz”. Frequenta le Clinic di Umbria Jazz e Orsara Jazz Festival con musicisti internazionali e segue numerose masterclass.

Se il buongiorno si vede dal mattino, dobbiamo solo pregustare una grande nuova stagione del Duke densa di emozioni. Grazie a Daniele Scannapieco che ha aperto le danze. Grazie al Direttore Artistico Guido Di Leone. Grazie ai musicisti che li hanno accompagnati e a quelli che si esibiranno nei prossimi appuntamenti. Ci torneremo sempre con grande piacere.

Gaetano de Gennaro
Foto di Gaetano de Gennaro

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.