Prosegue a Bari la III edizione del Festival MusicAperta con il “Quintetto d’archi Rota”

Per la terza edizione della rassegna MusicAperta promossa dall’associazione Misure Composte, sabato 7 ottobre (ore 20.30), nella Sala del Mutilato, a Bari, è di scena il Quintetto d’archi Rota, formazione che propone il secondo appuntamento del ciclo triennale dedicato all’esecuzione integrale dei Quintetti per archi di Mozart. Il programma del concerto stavolta prevede i Quintetti K 406 in do minore e K 515 in do maggiore.

Il quintetto d’archi nasce con l’aggiunta di una seconda viola o un secondo violoncello al classico quartetto (formato da due violini, viola e violoncello), ma a differenza di Boccherini e Schubert, Mozart utilizza la soluzione con due viole (forse per la sua predilezione per le voci intermedie) e i sei quintetti costituiscono uno dei vertici della sua produzione cameristica. Tra l’altro, il rapporto di Mozart col quintetto d’archi si è consumato negli ultimi cinque anni di vita a partire proprio dal Quintetto in do maggiore K 515 previsto in questo concerto, gemello del Quintetto in sol minore K 516 composto nello stesso periodo, tra aprile e maggio del 1787. E in quella stessa primavera sarebbe nato anche il Quintetto in do minore K 406 o, meglio ancora, sarebbe rinato sotto nuove spoglie, visto che la composizione esisteva già nel 1782 nella sua originaria dimensione timbrica di Serenata per 2 oboi, 2 clarinetti, 2 corni e 2 fagotti, presente nel catalogo del compositore con la sigla K 388. Insomma, un caso di auto-trascrizione, abbastanza raro nella produzione mozartiana.

La rassegna MusicAperta è un progetto del Conservatorio di Musica “Rota” di Monopoli con il Patrocinio del Comune di Bari e il sostegno della Regione Puglia – Assessorato alla Formazione e Lavoro, Politiche per il lavoro, Diritto allo studio, Scuola, Università, Formazione Professionale, Sezione Università e Ricerca.

Info 347.4567734. Ingresso libero

Prosegue il progetto triennale di esecuzione di tutti i quintetti per archi di Mozart. Il quintetto nasce come aggiunta di una seconda viola o un secondo violoncello alla formazione classica del quartetto d’archi (formato da due violini, viola e violoncello). A differenza di Boccherini o di Schubert, Mozart utilizza la soluzione con due viole (forse per la sua predilezione per le voci intermedie) e i suoi sei quintetti costituiscono uno dei vertici della sua produzione cameristica. 

Sembra che Franz Joseph Haydn – personaggio fondamentale nella storia del quartetto per archi e autore, più in generale, di una sterminata produzione cameristica – a chi gli chiedeva perché non avesse mai scritto quintetti per archi rispondesse candidamente: «Nessuno me li ha mai chiesti». Questa semplice giustificazione, che alcuni portano ad esempio lampante del modus operandi del compositore di corte settecentesco, in realtà è valida fino a un certo punto. Neanche a Mozart – per quanto ne sappiamo – fu mai chiesto espressamente di scrivere quintetti, eppure compose cinque lavori originali del genere e adattò per questo particolare organico una sua Serenata per fiati.

Il rapporto di Mozart con il quintetto d’archi si è consumato tutto proprio negli ultimi cinque anni della sua vita. La serie si apre con il Quintetto in do maggiore K. 515 e il Quintetto in sol minore K. 516, scritti nell’arco di poco più di un mese nell’aprile-maggio del 1787 (il fatto di comporre quasi simultaneamente due lavori dello stesso genere l’uno in tonalità maggiore, l’altro in minore è ricorrente nel Mozart della maturitàDalla fretta e da uno spirito di compromesso generalmente contrario all’intima natura musicale di Mozart doveva nascere, nella primavera 1787, il Quintetto in do minore K. 406; ma sarebbe più esatto dire rinascere sotto nuova veste, giacché tale composizione esisteva già nel 1782 nella sua originaria dimensione timbrica di Serenata per 2 oboi, 2 clarinetti, 2 corni e 2 fagotti (K.388). Si tratta di uno dei rarissimi esempi, e senza dubbio il più insigne, di autotrascrizione reperibile nel catalogo mozartiano della musica strumentale, il quale (a differenza di quello beethoveniano, che abbonda di duplicati del genere) pare quasi ignorare tale «risorsa del mestiere» tra le più praticate e redditizie dell’artigianato musicale sette-ottocentesco. Tra i progetti non andati in porto degli anni estremi, vi era forse quello di approntare una serie di sei Quintetti da dedicare, insieme con un’altra di sei Quartetti, rimasta essa pure incompleta (i cosiddetti Quartetti «prussiani» K. 575, 589, 590) al Re di Prussia Friedrich Wilhelm III, dilettante violoncellista; e la trascrizione della Serenata per fiati K. 388 giunse opportuna a «far numero». Naturalmente Mozart scelse giusto, conferendo nuova veste timbrica ad un capolavoro che già travalicava i limiti storici della Serenata per fiati: anche se l’oscuro drammaticismo di tale opera con i suoi preziosi particolari di scrittura e soprattutto il suo unico e definitivo colore, così legato all’impressionante, progressiva tensione patetica delle variazioni conclusive e alle aggressive asperità polifoniche del Minuetto e Trio in canone, non poté non risultare sfocato e illanguidito sotto il nuovo e sia pur ovviamente magistrale travestimento.Per quanto ci è dato sapere, né il Quintetto in do maggiore né il suo gemello in sol minore, che noi oggi consideriamo tra i massimi capolavori in campo cameristico, furono scritti su commissione. Nell’aprile del 1787, mentre lavorava al Don Giovanni, Mozart si trovò in gravi difficoltà economiche e per trarsi d’impaccio decise di mettere momentaneamente da parte l’opera per scrivere rapidamente «un paio di cose da pubblicare».

Le caratteristiche del Quintetto K. 515 risultano evidenti non solo nelle dimensioni complessive del brano (si tratta del più lungo brano cameristico mozartiano in quattro movimenti), ma, nell’Allegro iniziale, nell’estensione irregolare del primo tema (cinque battute invece delle tradizionali quattro) che viene ripetuto tre volte, nelle modulazioni a cui viene sottoposto fino ad approdare al remoto do minore, e nella densa scrittura contrappuntistica. Anche se il manoscritto mozartiano prosegue con un Andante, l’edizione a stampa lo fa precedere da un Minuetto caratterizzato anch’esso da complesse strutture ritmiche (frasi di dieci battute) e da un notevole cromatismo, mentre l’Andante è incentrato su un intenso dialogo dal tono doloroso tra il violino e la viola. Il Quintetto si chiude con un ampio Allegro contrappuntistico, nella forma mista di rondò e forma-sonata tante volte utilizzata da Mozart nei movimenti conclusivi.

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