La settimana sportiva: l’analisi di Parma – Bari

Lo avevo scritto la settimana scorsa nelle mie consuete “Considerazioni del giorno dopo”, all’indomani del pareggio col Catanzaro: niente illusioni, a Parma è facile che si perda. E così è stato. Perdere in terra emiliana ci sta, lo dice la storia, è come perdere a Milano o a Roma, il Parma da 40 anni non è più la squadretta di serie C o di serie D con la quale la vittoria è d’obbligo, dunque dal punto di vista del risultato è inutile star lì a far drammi. Il Parma di oggi, poi, è una squadra di qualità costruita per vincere il campionato, mica è come il Bari costruita in fretta e furia allo scadere del mercato con giocatori tutti arrugginiti e fuori forma da assemblarle, al di là del tipo di contratto sottoscritto. Piuttosto questa è una sconfitta che lascia l’amaro in bocca perché la sensazione che ha lasciato è che si poteva e si doveva far meglio, si poteva ottenere di più, insomma, che zero punti. Non mi pare scandaloso affermare che se leviamo i primi 15 minuti del primo tempo dove il Parma ci ha fatto ballare a causa dell’approccio sbagliato del Bari (tanto per cambiare, aggiungo), la squadra di Mignani non ha sfigurato, rientrando in partita procurandosi qualche occasione per far gol, per poi nel secondo tempo non dico dettare legge in campo ma quasi. Perché io ho visto questa partita, non so voi.

Il Parma l’ho visto abbastanza confuso in campo, non mi pare che abbia dominato il Bari dal suo scranno di prima in classifica. Certo, giocando in casa c’era da aspettarsi molto da loro e, in effetti, qualcosa hanno fatto, qualche occasione l’hanno creata come era logico che fosse, però la difesa e poi Benno (che ha dimostrato ancora una volta che sulle parate è abbastanza affidabile, sulle uscite molto meno), si sono disimpegnati molto bene. Di Cesare e Vicari, là dietro continuano ad essere una garanzia nonostante i 70 anni in due, nonostante qualche timido appannamento del capitano, prevedibile data l’età. E guarda caso, ancora una volta, quasi fosse una maledetta causalità, con l’uscita di Di Cesare, il Bari è capitolato. Un caso? Fosse capitato una volta no, ma questa è l’ennesima volta che accade, e puntualmente il Bari la paga cara, molto cara.

Certo, continuo a dire che non è il caso di guardare con rabbia e con rassegnazione la classifica perché siamo ancora alla settima giornata di andata e di tempo per recuperare ce n’è, però è chiaro che occorre darsi una mossa e pure in fretta. Occorre trovare il giusto equilibrio tattico in campo, una buona tenuta atletica e soprattutto occorre che nella mente dei “veterani” si sciolgano le briglie legate all’11 giugno perché l’impressione è che qualcuno sia ancora prigioniero di quella data maledetta e ne paghi le conseguenze in campo. Forse ci vuole uno psicologo, e non lo dico per scherzare, lo dico sul serio.

E’ necessario trovare la giusta collocazione alla rosa a disposizione perché anche in questo caso l’impressione è che parecchi non giochino dove dovrebbero giocare, insomma son messi in campo fuori ruolo, da adattati. E queste situazioni, poi, vanno a pesare parecchio ai fini del risultato. Questo, ovviamente, al di là della resa discutibile di qualcuno (penso ad Edjouma, tanto per fare un nome, che non ho ancora capito chi è e dove preferisce giocare, di che pasta è fatto, insomma). Certo, qualcuno si vede da lontano che ha i numeri e i piedi buoni, penso ad Aramu, così come Acampora e il greco di Creta Koutsoupias, però quello che si nota è che siano lontani da una forma decente.

Un altro aspetto preoccupante è la mancanza di alternative in alcune posizioni chiave. Zuzek, ad esempio, ha mostrato limiti evidenti, a nulla è valso un anno intero passato nel quale avrebbe dovuto capire il calcio della B, e a nulla gli è valso il grave errore contro il Cagliari perchè è risaputo che dagli errori si impara in genere, e sembra che non sia stato cercato un sostituto adeguato in difesa. Matino non sembra essere considerato da Mignani, il che solleva interrogativi sulla fiducia del tecnico nei suoi giocatori di riserva. Questa carenza di alternative ha reso Zuzek determinante, essenziale in certi momenti cruciali delle gare ma in modo negativo come è accaduto contro il Cagliari e ora contro il Parma.

Un’altra idea che mi son fatto, vedendo transitare a Bari certi giocatori, è quella che, secondo me, Polito può aver avuto abbagli nel mercato straniero: Schiedler, Zuzek, Edjouma, Brenno, insomma non certo giocatori che fanno, o che avrebbero dovuto fare, la differenza. E se per Schiedler posso averci visto bene (del resto lo ha ammesso anche Polito), se per Zuzek parlano i fatti, per gli altri, forse, occorre aspettare prima di trarre giudizi definitivi, ma l’impressione è che anche questi due non confermeranno le aspettative. Il gol del Bari ieri è stato il risultato di un errore del portiere Chichizola, mica di una bella azione convincente, pertanto, secondo me, ci sono comunque dei limiti evidenti nel nostro attacco. L’impressione è che Nasti, che pure ha il fiuto del gol, sia responsabilizzato troppo nel suo ruolo considerata l’età.

La classifica riflette in parte un mercato estivo poco brillante e una squadra che sta ancora cercando di trovare la sua identità. È evidente che il Bari non è più forte della squadra dello scorso anno, nonostante le dichiarazioni ottimistiche di Polito. I giocatori che sono partiti sembrano avere successo altrove, il che fa riflettere molto.

Fare le rivoluzioni nel calcio, in genere, non porta mai a risultati esaltanti. Vi ricordate la rivoluzione effettuata da Paparesta all’indomani della semifinale playoff persa a Latina? Lì sarebbero bastati tre-quattro innesti di qualità e la promozione l’anno dopo probabilmente sarebbe stata assicurata. Ed invece si preferì affidarsi ad un altro DS (Antonelli), come dire, non proprio affidabile (alla Romairone) con 15 giocatori nuovi e sappiamo tutti cosa ne fu del Bari. Così quest’anno: rivoluzione e attuale decimo posto (attuale!) inevitabile. Le rivoluzioni non hanno mai portato nulla di buono, lo dice la storia: Masaniello, tanto per ricordare una celebre rivoluzione, durò tre giorni poi lo stesso personaggio napoletano fece una brutta fine.

Però, ripeto, forse è il caso di aspettare ancora un po’ prima di rappresentare tragedie greche. Io non bado agli slogan di certe persone tipo “De Laurentiis tempo scaduto” srotolando uno striscione o scrivendolo sui social ad ogni passo falso, no, perché questi mal di pancia provengono da sedicenti tifosi a cui i De Laurentiis stanno sulle scatole (per non essere volgare) a causa di rancori e faccende personali. Lo sappiamo bene, per costoro “l’America” è finita. Preferisco leggere doglianze di veri tifosi che criticano questo modo di fare mercato e di gestire la società prigioniera della maledetta multiproprietà perché loro sono veri tifosi e meritano rispetto.

I cambi effettuati dal Parma hanno fatto la differenza nella partita di mercoledì, mentre quelli del Bari hanno avuto un impatto limitato. Questo solleva domande sulla profondità della rosa e sulla capacità di Mignani di gestire le risorse a disposizione. Forse è il momento di esplorare soluzioni tattiche diverse, come l’impiego di due attaccanti anziché uno solo considerato il ritorno di Diaw.

Certo, di questo passo e con queste prestazioni non solo non si va lontano, l’ho già detto, ma occorre guardarsi le spalle, però la strada per il Bari è ancora lunga. E’ necessario mantenere alta la fiducia e lavorare duramente per superare queste sfide iniziali..

Massimo Longo

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