Alla riscoperta di Carmen Consoli, la storia di un’artista unica capace di far immedesimare nel proprio racconto il pubblico del “Talos Festival 2023” di Ruvo di Puglia

Ri-scoprendo Carmen Consoli: potrei intitolare in questo modo l’articolo che mi accingo a scrivere perché si, lo confesso, al di là dei pezzi più popolari, avevo negli ultimi tempi un po’ perso di vista il repertorio di questa artista; l’occasione di ascoltarla, grazie al suo concerto tenutosi a Ruvo di Puglia, nella Piazzetta delle Monache, in occasione dell’inaugurazione dell’ormai storico appuntamento del Talos Festival, è giunta improvvisa e, come spesso accade, ha avuto un epilogo assolutamente positivo.

Il compito di aprire il concerto è toccato alla giovane cantautrice ruvese doc Rosita Brucoli che ha eseguito alcuni brani dal suo album “Camminare e correre”, la cui emozione dovuta alla doppia responsabilità di introdurre un’icona del cantautorato femminile italiano e di doverlo fare davanti a tutti coloro con cui è cresciuta non ha inficiato in alcun modo la performance, anzi, le ha probabilmente donato un quid superiore.

La performance della Consoli, con la sua inseparabile chitarra, accompagnata da Adriano Murania al violino e Massimo Roccaforte, ancora alla chitarra, in una composizione essenziale ma perfetta, inizia con il botto con la splendida “Parole di burro” seguita da “Bonsai” poi, ad introdurre “Una domenica al mare”, il suo racconto del ferragosto siciliano, disegnato con tanto di nonna capostipite e rigorosamente capotavola, teglie di pasta al forno e parmigiana di melanzane, anguria messa “al fresco” nel mare, rituali che noi pugliesi conosciamo perfettamente perché alla fine tutto il Sud è paese.

La storia di Carmen, come lei stessa ha raccontato, è stata costellata da delusioni sentimentali ma in barba a tutto ciò, come le diceva sempre sua nonna Carmelina “Non ti disperaaaare, si chiude una poooorta e si apre un porticato enoooormeee” (da leggere con inflessione sicula, rigorosamente) e quel porticato è rappresentato dal suo grande amore, il figlio Carlo, cui è dedicata “Le cose di sempre” dalla quale traspare l’atavica paura di ogni genitore di non poter spiegare e difendere dalle prove della vita i propri cuccioli, e allora la soluzione non soluzione è rappresentata da un abbraccio, che deve proteggere e donare forza al tempo stesso.

Il fondamentale tema della famiglia continua a ricorrere, “Mandaci una cartolina” è un dolce e malinconico ricordo del papà scomparso dell’artista e chiunque abbia perso un genitore ascoltandola non può fare altro che riscriverne il testo con le immagini della propria vita, colorandole con le proprie sfumature, ora vivaci, ora delicate, sarebbe davvero bello poter ricevere una cartolina da loro, ma possiamo comunque continuare noi stessi ad inviarle, chissà che non arrivino a destinazione. “In bianco e nero”, la conosciamo tutti, è invece il racconto del rapporto di una figlia con la propria madre, tanto forte quanto conflittuale, del quale è rimasto il rimpianto di non aver saputo rompere un muro immaginario che ha rappresentato un ostacolo a quel rapporto, soprattutto perché la figlia rivede se stessa attraverso le foto della mamma e arriva, improvvisa come un temporale estivo, la consapevolezza dolceamara di una somiglianza che non si limita a quella fisica e a quanti di noi è successo lo stesso? Di riscoprire tutto ad un tratto i nostri genitori perduti nei nostri atteggiamenti, nel modo di affrontare la vita o semplicemente di rapportarci agli altri? E’ questa consapevolezza che arriva quando ci sembra troppo tardi ad essere in realtà ciò che dona il senso ad una mancanza che si rivela infine, anche se sempre spolverata dal velo della malinconia, meno pesante.

Il revisionismo storico che rischia di cancellare le radici, la guerra, la bellezza che stiamo perdendo perché troppo impegnati a “non perdere tempo” sono argomenti decisamente attuali ma anche base della filosofia del Maestro Franco Battiato, che non accettava questa apatia e, nel testo siciliano della sua “Stranizza d’Amuri”, pezzo che la Consoli ha interpretato con grandissima classe ma soprattutto con enorme cuore, recita così: “Man mano che passano i giorni questa febbre mi entra nelle ossa, nonostante fuori ci sia la guerra mi sento una stranezza d’amore, l’amore”.

Il concerto termina come è iniziato, con il botto. “Amore di plastica”, vera e propria hit, è stata intonata da tutta la piazza, personalmente, come ho scritto all’inizio, ho ri-scoperto in Carmen Consoli una musicista, una artista, una donna profondamente legata alle origini ma contemporaneamente proiettata verso il mondo; sono uscita da questa bella esperienza arricchita e serena e credo che queste sensazioni siano esattamente ciò che ogni artista degno di questa definizione abbia il “dovere” di trasmettere: lei ci è riuscita.

Gabriella Loconsole
Foto dalla pagina facebook del Festival

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