Storia da un minuto: le irripetibili impressioni di luglio che la mitica Premiata Forneria Marconi ha regalato al pubblico dell’Agìmus di Mola di Bari

Questa non è una recensione – non potrebbe esserlo – bensì flussi di coscienza musicali marchiati Premiata Forneria Marconi.

Mola 28 luglio 2023: avevo deciso di farmi il regalo di compleanno ascoltando la PFM dal vivo, l’occasione perfetta. Io non li avvicinavo sin dal secolo scorso, da perfetto highlander, come tutti del resto, uomini e donne, presenti a quel concerto. Tutti – o quasi – “over-qualcosa”.

Alle ore 21.00, nell’Arena sold out all’ombra del Maniero cittadino, nell’ambito della sezione estiva dell’Agìmus Festival 2023 che vanta solo straordinari eventi grazie all’immarcescibile direzione artistica del Maestro Piero Rotolo, il nostro “gathering” (raduno) si apriva per dare degno inizio alla “celebration” di intime passioni. La magia che scalzava la realtà. Un ritorno al passato attraverso frazioni di “passi in suono”.

Non ci è voluto che un attimo per ritornare agli “antichi” splendori targati anni ’70, carichi di sogni, promesse, incanti, lasciandosi scaracollare dalla “Carrozza di Hans” nei rapidi pendii dei propri ricordi. Non è stato necessario il teletrasporto di Kirk il Comandante, per rivivere quelle emozioni orbitali, ma solo “un po’ di fantasia e di bontà”, recitava il refrain “vintage” da Fiabe Sonore-Fabbri Editori che, come un “PFM-Stargate”, stava portando un migliaio (o forse più, tra dentro e fuori la Piazza Castello) di ‘sciamanati’ negli anfratti più lontani ed oscuri del sacro mondo onirico di ognuno dei presenti.

E così è stato.

Due ore in compagnia di Antichi Amici (Franz Di Cioccio, al canto ed alla batteria, e Patrick Djivas, al basso, a dirigere il cammino, assieme al fedelissimo Lucio ‘Violino’ Fabbri e a Alessandro Scaglione, Marco Sfogli, Eugenio Mori e Luca Zabbini) con cui si son condivisi avvincenti trascorsi musicali del vivere. Due note di attacco e con “Impressioni di settembre” si è stati subito catapultati nell’iper-sogno. A seguire, la citata “La Carrozza di Hans”, la navicella-trasporto con qualche molla oramai usurata ma sempre e comunque sulla giusta rotta tracciata da quel sogno. Un paio di pezzi progressive tra antico e nuovo mondo e poi lì che ci si è inchinati dinanzi a Nostra Signora “Dolcissima Maria” (estemporaneamente dedicata alla splendida padrona di casa): aneliti e sogni di gioventù. Un quadro dolce ed indimenticabile.

E poi ancora progressive. Coinvolgimento emotivo infinito di un cuore quasi senza più impulso alcuno: bradicardia ai limiti estremi più bassi del vivere con l’immancabile commovente quanto energico omaggio al divino Demetrio Stratos di “Maestro della voce”. Ma è stato con “È Festa” che tutti i cuori ardenti sono ritornati a pulsare impazziti. Catarsi assoluta, persa la cognizione del suono e del tempo, allorquando la poesia di De André con “Volta la carta” e “Il pescatore” ha cavalcato follemente la PFM-drea(m)usic. Libidine oltre misura.

Che concerto. “Facciamo ancora un pezzo, forse due, tre …” Tutti a battere le mani a ritmo. E poi il Bis/Tris. Estasi fino a che Hans, proprio lui, in cassetta, non viene a riprenderci per riaccompagnare poi sul finire tutti giù nell’Arena del Castello: planata cosmica senza bisogno di cintura di sicurezza alcuna.

Occorreva ora andar via. “Tutto è finito/si smonta il palco in fretta”. Dopo i saluti/commiati finali con gli Amici, uno sguardo intorno: nessun vuoto a perdere mentale in giro in quella fantastica festa di piazza. Tutti ritrovati invece nei “suoni dei propri passi” vitali, unici, indimenticati, irripetibili.

Vito Lopez
Foto di Musicarte di G. Mirizio
per gentile concessione dell’Agìmus

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