La settimana sportiva: l’analisi di Bari – Cagliari

Di molte emozioni posso essere orgoglioso, ma ce n’è una in particolare di cui vado fiero. Si tratta delle cicatrici che ho nel cuore. Le ho colorate così bene che adesso sembrano un arcobaleno. E domenica sera è apparso un altro colore nel mio personale arcobaleno.

E’ difficile trovare le parole giuste. Molto difficile. E’ un esercizio, un’acrobazia dal coefficiente altissimo e si rischia di perdere la bussola tanto è lo sconforto entro cui tutti noi presenti al San Nicola, nonchè chi era davanti la tv, siamo caduti al 93′ della partita, ovvero a 100 secondi dalla serie A. Perché perdere una finale, uno spareggio, ci sta, è nelle corde del Bari da 115 anni, ne ha persi tanti, forse tutti, (ricordo Bari Catanzaro a Napoli nel 1970 quando Mammì segnò con la mano il gol della vittoria gol che generò rabbia più che disarmante sconforto nei tifosi accorsi numerosi al San Paolo, all’epoca si chiamava ancora così), ma perdere in quel modo fa davvero male, ti tocca le corde del cuore e della mente. Si fa fatica ad accettare sportivamente un risultato così. Davvero. Eppure ne ho viste tante. Il rischio, nel commento è che l’emozione prenda il sopravvento sulla descrizione obiettiva dei fatti. Anche chi fa il giornalista, come me, fa fatica a mostrare lucidità. La verità è che nella vita, così come nel calcio, non si dovrebbe mai arrivare ad un epilogo così devastante. Perdere ci sta, si accetta, ma che si perda con due gol nel primo tempo, o perdendo a Cagliari, così da metterci tutti l’animo in pace. Invece che succede? Succede che si perde al 93′. E no.

Una squadra guidata da un condottiero bravo, umile, garbato, perbene ma forse ancora un tantino acerbo per la categoria, in quanto tante volte ha impostato la gara più per contenere che per cercare il gol e dominare l’avversario così come, invece, hanno fatto il Cagliari ed il Sudtirol. Lui no. Lui ha preferito arretrare il baricentro e affidarsi al contropiede, pratica inutile perché chi era deputato a finalizzare tale tattica è sparito dai radar da dopo il mondiale: eh si, sto parlando di Cheddira.

Peccato, perché tutto lasciava presagire una grande festa: il risultato positivo di Cagliari, 60mila persone al San Nicola che ha registrato il record di sempre di spettatori, un moderato entusiasmo, segno che nessuno credeva che fosse facile, temevano il Cagliari, poche le bandiere per strada, insomma non è stata ostentata sicurezza e spavalderia, così come accadde ai tempi di Antonio Conte, ma all’epoca era primo in classifica da inizio campionato e le premesse per la promozione erano note da tempo.

Ancora una atroce beffa. Dopo i punti di penalità ai tempi di Torrente per le tasse non pagate da Matarrese, dopo l’autogol assassino di Masiello, dopo due fallimenti, dopo l’umiliante ripartenza dalla serie D, insomma, ci mancava quest’altra. Mi chiedo cosa abbiamo fatto, noi, città, stampa e tifosi di così tanto male per vederci queste disfatte, queste atroci delusioni: nessuno potrà dircelo. Troppi i fatti negativi che travolgono il Bari da quasi 15 anni.

Si sapeva che il Cagliari avrebbe fatto una gara diversa dal Bari perché aveva un risultato solo per ottenere la promozione, e se l’è giocata fino in fondo. Queste sono gare che si giocano su equilibri precari, eppure il Cagliari non ha dominato il Bari, non ha prodotto tante occasioni gol, se non due tutte neutralizzate da Caprile, il temibile Lapadula ha fatto poco, pochissimo, ma il destino crudele ha deciso diversamente soprattutto col palo di Folorunsho e quell’occasione di Ricci sprecata ad inizio secondo tempo, ma anche con quel tiro di Benedetti a distanza ravvicinata neutralizzato dal portiere avversario; erano forse i primi vagiti del destino crudele, ma che hanno detto, comunque, che il Bari non si è voluto chiudere per 90 minuti. Diciamo che avrebbe dovuto osare di più, ma poi penso all’apporto nullo dei suoi terminali che da mesi non ne stanno azzeccando più una, penso sempre a lui, a Cheddira tanto per fare un nome perché è bene mettere in evidenza chi ha le sue buone responsabilità – anche se non è l’unico ovviamente – dal quale era lecito attendersi molto di più. Ed invece no.

Dispiace, questa squadra era andata oltre i propri limiti e meritava di andare in A perché ha gettato sempre il cuore oltre l’ostacolo. Ha giocato con passione, tenacia, forza, caparbietà, ha vinto dieci gare in trasferta, è arrivata terza da neopromossa, ha costruito un’annata eccezionale, lo meritava. Per amor di verità occorre anche dire che il mercato di gennaio, al netto di Morachioli che è stata una sorpresa positiva, non ci ha aiutato a crescere, a dare quel valore aggiunto, Benali e Molina, nonostante le loro quasi 600 presenze tra A e B che avrebbero voluto dare garanzia di esperienza, non sono mai stati determinanti.

Diciamo che domenica è mancato il coraggio a Mignani, soprattutto quello di far uscire Cheddira piuttosto che Esposito (è inspiegabile come si possa far uscire nelle ultime gare l’unico giocatore che ha convinto nell’ultimo periodo), poi c’è stata la sfortuna che ha dato il suo sporco contributo con l’infortunio di Di Cesare, che se fosse rimasto in campo probabilmente Pavoletti non avrebbe avuto il tempo per buttar dentro quel maledetto pallone, poi il palo di Folorunsho, l’occasione di Ricci, gli errori di molti (Maita che perde palla in occasione del gol) e quindi l’esperienza del Cagliari e la furbizia del suo tecnico hanno fatto il resto.

Poi la pioggia improvvisa, un brutto presagio quasi fossero lacrime che avrebbero coperto i volti di uno dei due popoli. Ha coperto quelli dei baresi, facendo calare sui volti dei tifosi sardi lacrime di gioia.

Si chiude un capitolo, questa è l’unica certezza. Bisogna capire se resta questa proprietà e poi occorrerà rifondare la squadra dal momento che alcuni sono arrivati al capolinea, altri torneranno alle case madri dai prestiti, altri ancora andranno a giocare in serie A, poi ci sarà da fare i conti con le delusioni, ad esempio Schiedler tanto per fare un nome. Rimarrà Polito? Chi lo sa. Tante sono le nubi che appaiono all’orizzonte. Ma ora c’è da smaltire la delusione. E chissà quanto servirà. Ma per favore, che si faccia chiarezza sul futuro. Che si dica subito se c’è volontà di riproporsi agli stessi livelli o se si deve vivacchiare badando bene a guardarsi le spalle. Perché la tifoseria lo pretende. Una squadra ambiziosa con un indotto da serie A, e non da 15esimo posto in serie B, con uno stadio capace di ospitare 61 mila spettatori se gli si costruisce attorno una squadra competitiva ed ambiziosa, non penso che debba essere costretta a galleggiare in B.

Quest’anno è andata bene senza un vero progetto, ma non sempre può andare così. Questa volta bisogna parlare coi fatti a cominciare dalle parole che devono scandire il programma. De Laurentiis dovrebbe indire una conferenza stampa subito, e non tre un mese, deve dire qualcosa, non può tenere sulle spine i tifosi. E se si glisserà nel parlare, il mercato parlerà da solo. Da lì si potrà misurare l’obiettivo vero, tenendo presente che ci saranno la Sampdoria, il Palermo che ha già dichiarato che allestirà una squadra da primato, le retrocesse Cremonese e Spezia, il Como che prima o poi verrà fuori, qualcun’altra che si confermerà da playoff e la solita sorpresa. Dunque occorre essere chiari.

Non possiamo controllare le malelingue degli altri, ma una vita retta ci consente di ignorarle”, scriveva Catone il Censore, dunque per favore che nessuno dica che De Laurentiis non voleva andare in serie A: chi lo dice è in malafede, sciocco complottista, e spinto dal rancore verso la famiglia per le note privazioni di privilegi, dunque si tratta di gentaglia non attendibile. Secondo la mente contorta di costoro, Folorunsho ha sbagliato apposta quel tiro, lo ha mandato di proposito sulla traversa, vero? E Ricci ha sbagliato di proposito quel tiro, vero? E Caprile ha sbagliato a parare quei due tiri, vero? Ma per favore, abbiate la compiacenza e il buon senso di tacere.

Noi, in particolare chi vi scrive, rifuggiamo dal complottismo e dai seguaci di tale presunta dottrina e chi lo invoca non merita alcuna risposta, che si parlassero tra di loro per sfogare le loro frustrazioni. Similes cum similibus congregantur.

Forse c’è qualcosa di peggio dei sogni svaniti: perdere la voglia di sognare ancora” diceva Freud. 

E allora, forza, ricominciamo, i De Laurentiis sono gli unici che possono farci fare il salto di qualità, lo dico da sempre, inimicandomi molti che, dicendo ciò, mi danno dell’asservito ed invece non hanno capito il motivo (dai De Laurentiis ricevo solo cortese e cordiale indifferenza, non sono parassita come i vedovelli di Matarrese, non ho mai chiesto loro nulla, nè mi sogno di chiedere), in alternativa chi verrà al posto loro perché saranno della stessa stoffa economica. Sperando che non cada nelle mani di imprenditori di casa nostra che aprirebbero le porte al clientelismo locale. E sarebbe punto e da capo, braccino corto, poca inclinazione nell’investire, disimpegno dei calciatori forti, apertura ai favoritismi e il Bari tornerebbe nell’anonimato.

Al prossimo anno (calcistico).

Massimo Longo

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