La settimana sportiva: l’analisi di Bari – Reggina

Alzi la mano chi credeva che questa squadra sarebbe arrivata così lontano.

Immaginate che una squadra di calcio neopromossa in Serie B parta con l’obiettivo di evitare la retrocessione così come dichiarato (al sottoscritto a Roccaraso) dal presidente e di consolidarsi nel campionato di seconda divisione italiana così da gettare le basi per tentare la promozione nei successivi due anni così come dichiarato dalla società nella persona di Polito.

I tifosi e gli addetti ai lavori si aspettano una stagione difficile, fatta di alti e bassi, con la squadra che cerca di adattarsi al livello più elevato del calcio professionistico italiano dopo anni di polvere e di umiliazioni.

Invece, la squadra inizia a fare una serie di risultati positivi, vincendo partite e prendendo punti contro avversari più esperti e quotati, soprattutto in casa loro, ma soprattutto più attrezzati. I tifosi iniziano a notare una mentalità diversa nella squadra: c’è una grinta e una determinazione che li spinge sempre a dare il massimo, anche contro le squadre più forti, c’è qualità e grande spirito di gruppo, ingrediente fondamentale per fare bene.

La sorpresa diventa ancora più grande quando la squadra, a metà girone di ritorno, si ritrova in vetta alla classifica di Serie B, poi una fisiologica flessione per poi rimanere ancorata tra le prime cinque posizioni tra lo stupore generale. La stampa sportiva e gli addetti ai lavori iniziano a parlare di un vero e proprio fenomeno calcistico, comincia a convincere i più diffidenti, si parla di una squadra capace di sconfiggere le avversità e di lottare per un traguardo che sembrava impossibile all’inizio della stagione.

La squadra diventa il fulcro dell’attenzione dei media e dei tifosi di tutta la città anche se non mancano le critiche e i mal di pancia ad ogni sconfitta (pochissime, sei) e ad ogni punto perso ma soprattutto ad ogni gara dove lo spettacolo ed il gioco non si vedono perché per i criticoni vedere il “gioco” e lo “spettacolo”, da una neopromossa, sarebbe condizione necessaria per poter strappare un applauso o un consenso, e quando vince gli stessi criticoni badano bene a non mettere il muso fuori. Si tratta di quelli che criticavano la società per non aver voluto trattenere nella rosa Mane e Mercurio, per intenderci, criticoni per non aver investito di più a gennaio, di gente che stando sulle scatole i De Laurentiis perché poco propensi a dispensar privilegi che venivano puntualmente elargiti con le precedenti gestioni, o gente vedovelle dei precedenti presidenti, o tifosi di strisciate a cui il Napoli dà fastidio così come potrebbe darne il Bari se promosso. Insomma i soliti noti. I talebani, tanto per ribadire un termine da me coniato qualche mese fa.

Gli stadi si riempiono di appassionati che vogliono vedere dal vivo questa squadra sorprendente, che sta dimostrando che niente è impossibile nel calcio anche se, occorre ammettere, ogni qual volta la squadra è chiamata a rispondere “presente” per dare la svolta, davanti a 30-40 e 50 mila spettatori fallisce l’appuntamento, perché occorre dire anche questo. Fatto sta però che è sempre lì davanti a squadre molto più quotate mentre il Genoa, dopo una falsa partenza, consolida posizioni su posizioni fino a stazionare in testa alla classifica grazie anche alla vittoria al San Nicola di Santo Stefano al freddo e al gelo.

La squadra neopromossa ha superato ogni aspettativa e ha dimostrato che, con la giusta mentalità e la giusta determinazione, si possono raggiungere traguardi incredibili. La sorpresa è stata grande, ma la squadra ha dimostrato che merita il posto in vetta alla classifica di Serie B e che la serie A non è poi così impossibile da raggiungere. E a prescindere dall’obiettivo credo che a questa squadra vada solo applaudita per quello che ha fatto pur con tante ombre per lo più dovute al fatto che come dico sempre non è stata costruita per vincere il campionato.

Comunque vada ritengo che si potrà parlare di vera e propria impresa, al cospetto di tante altre squadre molto più attrezzate dei biancorossi che, guarda caso, pian piano son venute fuori: penso al Parma, al Venezia, al Cagliari che fino a due-tre mesi fa sembravano relegati ad un campionato di metà classifica, ed il Bari è stato bravissimo a tenerli a distanza. Ora è giunto il momento di tentare di scrivere un altro capitolo di storia. Ci sono le condizioni ottimali. Mignani deve lavorare soprattutto nella testa dei giocatori, far capire loro che non è giunto il momento di appagamento, occorre pedalare nell’ultimo chilometro che si prospetta dolomitico e non lineare. I mezzi e gli uomini ci sono.

Sabato al cospetto di una Reggina sospinta dall’entusiasmo di aver riacciuffato il treno dei playoff grazie alla riduzione della penalità, di una Reggina che ha dominato in gran lunga il campo, il Bari è riuscito a vincere dimostrando carattere e spessore.

Una gara subito in salita, complicata, come ci ha abituato la squadra di Mignani nel girone di ritorno, un dejà vu insomma, ma che ha dimostrato l’assoluto valore della squadra capace di soffrire senza sbavature e di colpire con cinismo ma soprattutto di non mollare mai.

Un primo tempo poco lucido, sbiadito, con i calabresi a creare problemi alla difesa tanto che Caprile spesso ci ha messo la proverbiale pezza per salvare il risultato, poi l’infortunio di Pucino che, purtroppo, con ogni probabilità, non potrà dare il suo contributo nei playoff (auguri di pronta guarigione e agli imbecilli che hanno gioito al suo infortunio ricordiamo il pensiero di Umberto Eco, mai stato così azzeccato), con Cheddira ed Esposito (gran lavoro sporco il suo) poco ispirati, con Dorval prigioniero ancora della serie D con errori qua e là (meglio nel secondo tempo) e la poca brillantezza di Maita che ha avuto difficoltà differentemente da altre gare. Anche Folorunsho nel primo tempo, tranne che in una incursione, non ha brillato più di tanto. Poi il gol quando meno te lo aspetti, situazione tipica di questa squadra che ha sempre fatto gol nei momenti in cui ci si aspettava, magari, il gol degli avversari, segno di capacità e di grande carattere. Il gol colpisce psicologicamente la Reggina mentre il Bari comincia ad alzare il volume della gara anche senza entusiasmare, però il volto della gara cambia dal momento che i ragazzi biancorossi cominciano ad attaccare gli spazi e ad aggredire alti gli avversari. I calabresi non demordono, ci provano, cercano il pareggio, ci vanno vicini ma Caprile ancora una volta si dimostra un portiere di sicuro affidamento (deve migliorare solo nei disimpegni dal momento che spesso regala palloni agli avversari come accaduto anche ieri, ma “il ragazzo si farà”, per dirla alla De Gregori).

Poi le solite scelte di Mignani, i cambi, croce e delizia di tanti, cambi che ieri hanno funzionato come nel 90% dei casi fino adesso.

Dispiace per Ceter che è andato in gol poi annullato dall’arbitro. Il giocatore ha forza, prestanza, dà l’impressione che gli infortuni siano acqua passata, sta bene e si vede da un miglio che il gol è nell’aria, probabilmente arriverà nel corso di questo finale di campionato e di playoff.

Infine due parole su Benali: dopo un periodo di ambientamento dove è apparso ancora un pesce fuor d’acqua, il giocatore anglo-libico pian piano è venuto fuori fino a convincere i più diffidenti. Sabato, dopo le prove convincenti col Cittadella e di Modena, è stato il migliore in campo, un segnale che forse il vice Maiello è stato trovato, era in casa e nessuno lo sapeva.

Su Di Cesare si è detto tutto, una furia questo giovanotto. Un giocatore che cova la speranza di centrare un obiettivo che per lui sarebbe storico dopo averne centrato uno simile col Parma. Solo che oggi ha 40 anni.

Ora c’è da onorare la gara di Genova dove, verosimilmente, Mignani manderà in campo giocatori fin qui utilizzati poco come è giusto che sia, così da salvaguardare quelli che saranno i titolari nei playoff. Dunque pochi mugugni da parte dei tifosi, e poi non è detto che proprio in questa situazione possa venir fuori la voglia di stupire anche da parte di Bosisio, di Galano, di Molina, di Mallamo, di Botta e di Matino.
Mai dire mai.

Massimo Longo

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