Gran finale per “Musiche Corsare”, il Festival dell’associazione “Nel Gioco del Jazz”, con “What Love”, il nuovo esaltante progetto del Maestro Roberto Ottaviano

La seconda edizione del Festival Musiche Corsare, organizzato dall’Associazione Nel Gioco del Jazz, ha concluso la lunga kermesse con il grande Ensemble costituito e diretto da Roberto Ottaviano denominato “What Love”.
Ma prima di fare qualche considerazione su questo splendido gruppo, occorre dire che l’ultima serata è stata aperta dal piano solo di una leggenda del Jazz statunitense, Dave Burrell, classe 1940. Nel corso della sua carriera, in particolare ha collaborato con Archie Shepp negli anni ’60 e ’70 e con David Murray a cavallo tra gli anni ’80 e gli anni ’90. Una leggenda, un pianista eccezionale, uno dei pianisti più innovativi e di spicco della scena jazz d’avanguardia newyorkese nella seconda metà degli anni ’60. Per anni collaboratore anche di artisti come Marion Brown, Pharoah Sanders. Le sue composizioni dinamiche con radici blues e gospel ricordano la tradizione di Jelly Roll Morton, James P. Johnson e Duke Ellington, così come i compositori d’avanguardia Thelonious Monk e John Coltrane. Il suo stile originale e il suo approccio audace alla composizione, profondamente radicato nella tradizione afroamericana ma che impiega le più ampie ispirazioni musicali e culturali, forniscono una lettura unica della musica e della storia americana. Come lo stesso Ottaviano ha indicato nella sua introduzione, un disco fondamentale per scoprire la personalità di Burrell, porta il titolo “Montreaux one”, e inciso a nome del sassofonista Archie Shepp registrato nel 1975. Era al termine del periodo del free jazz (presto Shepp avrebbe esplorato inni e melodie tradizionali) e riusciva ad essere ben supportato da collaboratori quali Dave Burrell e Charles Greenlee.

Il super gruppo di Ottaviano, oltre ai componenti storici del gruppo Eternal Love (Alexander Hawkins. Giovanni Maier, Zeno De Rossi, Marco Colonna), è stato arricchito per l’occasione da altri splendidi musicisti del calibro di Francesco Bearzatti, Danilo Gallo, Gaetano Partipilo, Ralph Alessi, Samuel Blaser e Michele Sannelli. E’ stata presentata una suite suddivisa in 9 movimenti durante la quale tutti i musicisti sul palco hanno avuto modo di esprimersi al meglio, sia in singoli assoli, sia in parti corali.

L’atmosfera che si è creata è stata da subito stata approvata dal numeroso pubblico presente, che non ha esitato ad acclamare i singoli musicisti. Oltre al ruolo carismatico di Ottaviano, sempre apprezzato sia per la sua capacità di esprimersi con il sax soprano, ma anche per la conduzione dello splendido gruppo, la serata ha offerto splendide conferme e gradite sorprese.
Parlando dei tantissimi fiati presenti, nessuno può essere escluso. Da Gaetano Partipilo, che magari siamo abituati ad ascoltare con il suo gruppo e sempre capace di tirar fuori dal suo strumento tonalità particolari, a finire a Ralph Alessi e Samuel Blaser, ospiti d’onore che hanno incantato il pubblico.

Alessi, americano, classe 1963, trombettista, compositore e discografico ECM, ha all’attivo collaborazioni con Uri Caine, Fred Hersch, Ravi Coltrane, Jason Moran e tantissimi altri. Samuel Blaser, svizzero ma cresciuto musicalmente a New York, l’avevamo già ascoltato il giorno precedente con il francese Mark Ducret in un duo di trombone e chitarra. Due contesti completamente differenti tra loro. Di certo, nel gruppo allargato di What love si è espresso benissimo, ricamando splendidi assoli.

Anche Marco Colonna al clarinetto basso l’abbiamo già ascoltato più volte nel gruppo “Eternal Love” di Ottaviano. La sua padronanza tecnica dello strumento (molto particolare) è straordinaria e riesce a ricamare assoli molto ricercati. Ascoltarlo è sempre un piacere. Resta un musicista sopra la media. E cosa possiamo dire di Francesco Bearzatti? La sua maestria ormai non coglie di sorpresa, pur essendo nuova e più alta ad ogni nuovo incontro. E’ sempre una conferma. Riesce ad impreziosire tutto, sia con il sax tenore che con il clarinetto. E’ un musicista a tutto tondo. E’ un tutt’uno con lo strumento. I suoi assoli sono veramente irresistibili, e vorresti che non finissero mai. Anche il giorno precedente si era esibito nel gruppo di Danilo Gallo, esprimendosi sempre al meglio.

Se poi possiamo spendere ancora qualche parola, la padronanza e la capacità di tenere la scena da parte di Alexander Hawkins è geniale. La sua stretta collaborazione con Ottaviano è ormai nota (anche in duo con il meraviglioso omaggio a Charles Mingus). Ma non possiamo non sottolineare la splendida intesa che si è venuta a creare con il vibrafono di Michele Sannelli. Sannelli forse è stato il musicista più giovane dell’intera rassegna. Classe 1992, pugliese anche lui (di Ginosa) ma attivo a Milano. In un gruppo così ricco di grossi nomi, ha saputo far valere la sua padronanza tecnica e la capacità di dialogare in particolare con il pianoforte. In alcuni momenti questo dialogo tra i due lati estremi del palco è emerso prepotentemente. Tra l’altro Sannelli, degno allievo di Andrea Dulbecco, ha di recente pubblicato il primo CD a suo nome e del gruppo The Gonghers dal titolo Inner tales.

Sulla sezione ritmica poi, Zeno De Rossi è sempre una certezza. Sempre elegante e misurato, riesce a dare ritmo a tutto l’ensemble. Anche la presenza di due contrabbassi, di Danilo Gallo e Giovanni Maier, di fatto ha arricchito il sostegno all’orchestra, senza mai sovrapporsi. Entrambi i contrabbassisti, come anche Zeno De Rossi, nei giorni precedenti del Festival sono stati protagonisti di altre ottime esibizioni (Gallo con il suo gruppo con Francesco Bearzatti, Francesco Bigoni ed il grande batterista americano Jim Black, ma anche con il gruppo di Wayne Horwitz, insieme a Zeno De Rossi. Maier invece è stato di supporto al concerto di Tobias Delius).

Anche questa edizione del Festival ormai è alle nostre spalle. Come forse noto a tutti, ha lasciato dietro di sé una lunga scia di dubbi e incertezze sul futuro dell’associazione barese. Il concerto finale del Festival è stato una degna conclusione del forte impegno da parte di chi si è speso per la realizzazione delle Musiche Corsare. Su quello che c’è stato nel mezzo del Festival vorrei però ritornare, per fare ulteriori mie considerazioni. Se devo dire la mia, ho ascoltato con piacere tanti musicisti già noti, e ne ho scoperto altrettanti a me sconosciuti, ma sono tornato a casa soddisfatto di tutto quello che ho ascoltato, senza nessuna (dico nessuna) delusione. Non posso non condividere le scelte fatte dalla direzione artistica. Ma per ora lasciatemi solo dire che scrivere questo articolo fino in fondo mi è costato davvero parecchio.

Gaetano de Gennaro
Foto di Gaetano de Gennaro

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