La Redazione del Cirano Post augura a tutti una Pasqua di Resurrezione

Olio su tela
“Pietro e Giovanni corrono al sepolcro all’alba”
dipinto nel 1898 da Eugène Burnand (Moudon, 30 agosto 1850 – Parigi, 4 febbraio 1921) 
conservato al Museo d’Orsay di Parigi

“Cari amici,
come vorrei che il mio augurio, invece che giungervi con le formule consumate del vocabolario di circostanza, vi arrivasse con una stretta di mano, con uno sguardo profondo, con un sorriso senza parole!
Come vorrei togliervi dall’anima, quasi dall’imboccatura di un sepolcro, il macigno che ostruisce la vostra libertà, che non dà spiragli alla vostra letizia, che blocca la vostra pace!
Posso dirvi però una parola.
Sillabandola con lentezza per farvi capire di quanto amore intendo caricarla: “coraggio”!
La Risurrezione di Gesù Cristo, nostro indistruttibile amore, è il paradigma dei nostri destini.
La Risurrezione.
Non la distruzione. Non la catastrofe. Non l’olocausto planetario. Non la fine. Non il precipitare nel nulla.
Coraggio, fratelli che siete avviliti, stanchi, sottomessi ai potenti che abusano di voi.
Coraggio, disoccupati.
Coraggio, giovani senza prospettive, amici che la vita ha costretto ad accorciare sogni a lungo cullati.
Coraggio, gente solitaria, turba dolente e senza volto.
Coraggio, fratelli che il peccato ha intristito, che la debolezza ha infangato, che la povertà morale ha avvilito.
Il Signore è Risorto proprio per dirvi che, di fronte a chi decide di “amare”, non c’è morte che tenga, non c’è tomba che chiuda, non c’è macigno sepolcrale che non rotoli via.
Riconciliamoci con la gioia.
La Pasqua sconfigga il nostro peccato, frantumi le nostre paure e ci faccia vedere le tristezze, le malattie, i soprusi e perfino la morte, dal versante giusto: quello del “terzo giorno”.
Da quel versante, il luogo del cranio ci apparirà come il Tabor.
Le croci sembreranno antenne, piazzate per farci udire la musica del Cielo.
Le sofferenze del mondo non saranno per noi i rantoli dell’agonia, ma i travagli del parto.
Auguri.
La luce e la speranza allarghino le feritoie della vostra prigione.”
[Don Tonino Bello]

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