La settimana sportiva: l’analisi di Bari – Benevento

Non si può dire che Mignani non creda nella A. E no, perché se non ci avesse creduto non avrebbe detto in fase di conferenza stampa pre-gara che l’importante era vincere “belli o brutti”, che, tradotto terra terra, vuol dire “credo nella A e come vincere non mi interessa, basta che si vinca”, soprattutto – aggiungo – con la consapevolezza di essere il “comandante” (nome affibbiatogli da Polito) di una squadra con dei limiti, con una squadra che ha perso un po’ lo smalto del girone di andata, con una squadra che non crea più gioco e che cerca il gol poche volte, con un Cheddira, ormai, sempre più prevedibile, che è scomparso dai radar da tempo anche se con l’alibi della scarsa ricerca da parte dei suoi compagni e che con il ritorno di Folorunsho potrebbe ritrovare la via del gol, perché, è inutile girarci intorno, Cheddira ormai si è eclissato, perde palloni su palloni, perde ogni “uno contro uno” nel senso che si fa rimontare, cosa che non accadeva un tempo, e poi quel che è peggio, quelle pochissime occasioni da rete che gli capitano, le sbaglia.

E se non dicessi questo non sarei credibile, e siccome mi piace esserlo dico quel che penso, non so se voi siete d’accordo con me. Si, è vero, un attaccante capocannoniere del campionato (da ieri non più, ma siamo lì) non dovrebbe essere criticato, però se vogliamo ambire alla promozione c’è bisogno di lui, dei suoi gol, dei suoi scatti, delle sue profondità perché non possiamo sempre sperare nel rigore, nel gol del centrocampista, anche perché anche Esposito è sparito, Schiedler ha dimostrato di non essere affidabile in tema di gol, Antenucci ha 40 anni e non possiamo pretendere da lui la luna nel pozzo ed accontentiamoci di ciò che fa (e fa tantissimo).
Mi dite allora chi deve fare i gol per la promozione, atteso che, tra l’altro, le altre contendenti vanno in gol regolarmente coi loro attaccanti (oltre che con compagni di altri reparti)? Insomma, non so se riesco a spiegarmi, spero di si. Certo, potete non essere d’accordo con quanto dico, però la realtà dei fatti è questa.

Dicevo di Mignani e della sua bravura nel saper leggere le gare e apporre i giusti correttivi strada facendo, e sabato ha confermato questa tesi cambiando modulo di gioco (passando al 4-4-2) nel secondo tempo facendo subentrare Morachioli, un’ira di Dio sulla fascia, un giocatore che mi ha rievocato la vecchia ala sinistra degli anni 70, quello che prendeva palla dalla metà campo, si faceva 30 metri, saltava gli uomini come birilli e poi o crossava o tirava in porta.

Poi Folorunsho. E già, perché l’entrata del giocatore romano di origini nigeriane ha spaccato letteralmente la partita dopo il rigore realizzato dal nostro Mirco. E’ entrato col piglio di dover “far male”, nel senso di arrecare danno all’avversario, intendo, dando dimostrazione di essere tornato ai suoi livelli standard coi suoi cavalli di battaglia, ovvero la sgroppata dal centro del campo, l’incursione, il dribbling, la creazione degli spazi per i compagni e, infine, il tiro micidiale in porta, senza dimenticare le bombe su punizione, che sabato si sono rivelate efficaci in occasione del secondo gol. E col suo recupero tutti dovremmo essere più tranquilli perché se gira lui, la squadra può tornare ai vecchi fasti del girone di andata, e magari Cheddira può tornare ai suoi livelli. Chissà.

Certo, Polito ha ragione quando dice che non esistono partite facili, che tutte hanno un coefficiente altissimo di pericolosità, che nessuna gara è facile e che vincere certe gare sulla carta alla portata, è un’impresa, però non si può nascondere la polvere sotto il tappeto. Perché questa squadra ha dei limiti oggettivi. Sabato, fateci caso, finalmente non ha sofferto il gioco avversario negli ultimi trenta minuti. E perché? Perché giocava contro l’ultima in classifica e con due avversari in meno, altrimenti sai che sofferenza! La solita. E allora, è mai possibile che una squadra terza in classifica debba soffrire sempre in ogni gara meno che in quelle come ieri che capitano una volta sola in 38 gare? Qualcuno mi dia una risposta obiettiva.

La verità è che questa squadra, come dico da sempre, non è stata costruita per vincere il campionato ma per realizzare una tranquilla salvezza al di là di qualche buon giocatore nella rosa, e ciò che sta facendo è ragionevolmente oro colato al di là dei limiti, dove esperienza, qualità e saggezza (oltre che bravura di Mignani) stanno facendo la differenza e stanno supportando i risultati: prendere due gol in sette gare, fare sei vittorie in otto partite incasellando piccoli ma significativi record, non è da tutte. Per questo credo che vada supportata a prescindere, evitando di farsi prendere dai mal di pancia ad ogni piè sospinto, di cercare l’ago della critica nel pagliaio di un campionato straordinario.

Molti storcono il naso quando si dice che, in fondo, è sempre una neopromossa perché – dicono – anche le neopromosse possono ambire alla A come fece Bolchi, come hanno fatto il Lecce e tante altre squadre. E se dicessi che questa non è una regola scritta? Nel senso che una promozione in A per una neopromossa potrebbe anche non accadere? Direi una falsità? Che facciamo? Contestiamo la società, Polito, la squadra e l’allenatore per una eventuale mancata promozione dopo tutto quel che hanno prodotto fino adesso con una squadra venuta su per salvarsi e basta? Ecco, cerchiamo di essere realisti, gustarci quanto ci stanno facendo vedere, e supportare i giocatori che mai come in questo momento hanno bisogno di tutti, non dimenticando la realtà e l’evidenza che ci configura una squadra in difficoltà con la propensione a creare occasioni da rete, con qualche ragionevole limite e che con le carte “fresche” Morachioli e Folorunsho può correggere molte cose. Senza dimenticare gli apporti di Benali e di Molina, anch’essi forze fresche che non hanno tirato la carretta. Senza dimenticare che, forse, sarebbe il caso per Mignani di abbandonare per sempre l’idea del trequartista atteso che Botta in quel ruolo non fa più la differenza, Bellomo potrebbe pure farlo ma lui bada bene ad indietreggiare di una decina di metri e a limitarsi ai soli cross talvolta determinanti o comunque sempre pericolosi (ma non chiamiamolo trequartista però), sposando il 4-4-2 che appare più consono, robusto, solido e avvincente. E soprattutto efficace. Che è la cosa più importante.

Massimo Longo

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