La settimana sportiva: l’analisi di Ternana – Bari

Intendiamoci: il Bari non è il Real Madrid, e nemmeno la Juve che hanno l’imperativo di sbarazzarsi dell’avversario anche in trasferta. Il Bari è solo il Bari, squadra dal blasone moderato, 30 campionati di A, si d’accordo, ma è pur sempre il Bari che vince a Torino contro la Juve solo una volta in 116 anni di vita e occasionalmente a San Siro ma solo perché è bravo ad approfittare di squadre sotto condizione e poi con Fascetti in panca tutto è più facile.

Tutto questo panegirico per arrivare alla mesta conclusione che, in fondo, perdere a Terni ci sta, rientra nella normalità delle cose per il Bari, farne un dramma è inutile, siamo abituati a questo tipo di gare inconsistenti dove la squadra biancorossa non è capace di pungere nemmeno una volta, se non una sola, e, dunque, meritando di perdere la gara ma non tanto per la forza prorompente dell’avversario che non era il Genoa, ma proprio perché non è stata capace di rimontare il gol di svantaggio, cosa assolutamente alla portata, per poi, chissà, provare a vincerla. Ecco, il Bari ha questo limite, ovvero quello di non saper recuperare gli svantaggi se non occasionalmente e magari su rigore, soprattutto al cospetto di squadre di mezza classifica con le quali, insieme a quelle di alta classifica, non riesce mai a vincere. E un motivo ci sarà. Il limite, ecco il motivo, il limite.

A me piace fotografare il momento e giornalisticamente lo descrivo, bene o male siete voi a deciderlo, ma io mi limito a descrivere quel che vedo e così farò oggi. Poi le valutazioni, le considerazioni si faranno dopo.

Domenica la Ternana, che quanto ad occasioni da rete non è stata superiore al Bari, ha fatto la sua sporca gara, contenendo i portatori di palla baresi, chiudendo ogni varco e respingendo tutti i palloni inutili e inoffensivi che cadevano nella loro difesa, un po’ come ha fatto spesso il Bari quest’anno quando è uscito vincitore per un solo gol, soffrendo – ricorderete – da matti. Ecco, solo che con le altre squadre noi soffriamo da matti, quando siamo noi a dover recuperare, non facciamo soffrire nessuno. Perché anche questa è l’amara verità. Non credo di scrivere eresie o cose false. I limiti, parlavo dei limiti. Eccone uno.

Dopo la gara contro il Frosinone ho parlato (per la verità insieme alla maggior parte della stampa e di tanti tifosi) di “maturità” della squadra che è stata capace di fermare la prima in classifica con la vecchia regola non scritta del calcio secondo la quale contro quel tipo di squadre occorre prima di tutto non perdere. Ecco, la maturità, ma a mente fredda si fa fatica a parlare ancora di maturità soprattutto pensando al fatto che è bastato un semplice Cosenza a far cadere il muro ciociaro e della relativa imbattibilità per giunta in casa gialloblu: dunque il Frosinone era battibile, e allora perché Mignani non ci ha provato? Tutti quesiti del cosiddetto “senno di poi” cui non avremo alcuna risposta né adesso, né mai, ma tutti siamo autorizzati a farceli.

Mignani ha dimostrato di saperci fare azzeccando nel 90% dei casi la formazione e anche i cambi, però credo che debba ancora maturare sotto tanti aspetti, sicché è inutile prendersela con lui perché per l’allenatore questo è il primo anno di B, e un po’ di inesperienza ci sta. Sono certo che col tempo migliorerà e, ad occhio, spiccherà il volo prima o poi.

Il Bari ha vinto per cinque partite quasi di fila ma sempre senza tanto convincere e soprattutto brillare di luce propria raggiungendo il terzo posto, ma l’impressione che tutti abbiamo avuto è quella che sia andato oltre i propri meriti, che sia stato baciato più volte dalla buona stella perché, a mentre fredda, possiamo ben dire che, forse, sotto sotto, gli avversari caduti sotto i colpi baresi, avrebbero meritato quantomeno il pareggio, e pretendere di più dalle stelle favorevoli appare un esercizio di difficile realizzazione. Diciamocelo, suvvia.

Certo, siamo tutti d’accordo che certe gare si vincono anche così, sporcandosi le mani, magari facendo solo un tiro in porta e chiudendosi a riccio (Bolchi era padrone assoluto in tale pratica), però, sempre a mente fredda, possiamo dire che il Bari, nel girone di ritorno, non ha quasi mai convinto come gioco e in tante altre cose. Sta di fatto che siamo arrivati al terzo posto e chiacchiere non ce ne vogliono, però l’impressione è che adesso stia scontando la buona sorte fin qui caduta sulle teste, perché alla fine tutto torna, nel calcio come nella vita. La fortuna, alla fine, cozza con la realtà e termina di irradiare episodi favorevoli. Finché arriva una semplice Ternana in crisi a spazzar via tutta la produzione biancorossa.

Inutile stare a rimarcare il fatto che il Bari domenica si è rimesso il camice di crocerossina facendo tornare alla vittoria gli umbri dopo due mesi e risolvendo la crisi anche al classico ex incompreso (Partipilo) che non segnava da novembre, Insomma il Bari non si è smentito, è nel suo dna risolvere la crisi altrui anche se quest’anno, ad onor del vero, è capitato poche volte, tanto che ho pensato che potesse essere un segno del destino, naturalmente favorevole.

Schiedler decisamente scadente, ormai il suo score è questo: basta attenderlo, non c’è più tempo, questo è il suo valore, facciamocene una ragione tutti, società inclusa, spirito di sacrificio si, d’accordo, ma gli errori sono tanti e soprattutto i gol non si vedono, però non sappiamo se facendo giocare altri sarebbe cambiata la situazione. Certo, Antenucci ha dimostrato di essere l’unico ad aver avuto le idee più chiare, ma non possiamo sapere cosa ne sarebbe stato del Bari con lui dall’inizio. Esposito dopo un avvio interessante è sparito.

Il sospetto è che senza Folorunsho si faccia difficoltà nel costruire gioco, nello sfoderare qualche idea dal centrocampo in su, non si riesce più a mettere in condizione qualcuno di arrivare in porta anche se, sempre per onestà intellettuale, occorre dire che senza di lui il Bari ha vinto quattro gare e pareggiata una, giusto per inciso.

Cheddira ha giocato da solo contro tutti, i marcatori ormai lo conoscono bene, lui continua a perdere palloni tra i piedi, non punta più l’avversario, gli scatti ormai sono un lontano ricordo e quando capitano non gli riesce più di superare l’avversario in corsa, quelle rare occasioni da gol le sbaglia pure, e tiriamo la linea: da solo non può fare molto. La verità è che il Bari non lo sta mettendo in condizione di esprimere le sue qualità, e qui entra in gioco Folorunsho.

Sì è vero, mancava Maiello e la sua assenza si è fatta sentire, con Maita spostato al centro la squadra ha perso qualcosa sulle mezzali, Maita non è Maiello, Benedetti ha tirato la corda e anche lui mostra qualche affanno. Anche Botta ha dimostrato di non essere più lui ormai da tempo, non me ne voglia nessuno, ma non ritengo più l’argentino un valore aggiunto, mi dà più che altro di giocatore regalato agli avversari. E non sarà un caso che Mignani lo ha sostituito nel corso della gara per ben 14 volte. Sarà affetto dalla “saudade”, tipica patologia argentina di quanti giocano in Italia? Del resto, parliamoci chiaro, al di là di qualche “lampo” peraltro intravisto in C e non quest’anno, qualcuno vorrà spiegarmi come mai l’Inter lo adocchia, lo prende e poi lo vende alla Sambenedettese. Ecco.

Ora siamo al quarto posto a cinque punti dalle due quinte, il Pisa ed il Cagliari, quest’ultima squadra in netta ripresa, e il loro fiato si sente nitido. L’imperativo è cercare di mantenere il terzo o il quarto posto così da evitare i preliminari dei playoff.

La sosta viene a pennello, bisogna cercare di recuperare Folorunsho perché senza di lui la squadra perde molto in termini di quantità, ma soprattutto occorre ritrovare la brillantezza perduta, occorre ritrovare le ripartenze micidiali con cui il Bari ha quasi sempre fatto male.

Dopo aver visto all’opera il Genoa, però, occorre essere realisti e sinceri: i grifoni sono nettamente più forti del Bari e meritano, al momento, il secondo posto e forse anche la promozione diretta, sia per le prestazioni, sia per la sua qualità, ma il Bari deve continuare a sperare anche perché occorre dire che nulla è perduto soprattutto alla luce della gara di Marassi a fine campionato, fatto sta che si continua a vedere un grande Genoa ed un Bari che stenta, perché anche questa è la verità e a volte essere realisti serve a non spiccare voli pindarici. Che ci si accontenti del terzo o del quarto posto per adesso, obiettivo alla portata. In attesa della gara di Genova. E poi, suvvia, speriamo che questo benedetto Sudtirol, la cui società è un modello di impresa, segni un po’ il passo.

Massimo Longo

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