La settimana sportiva: l’analisi di Bari – Venezia

Terzo posto, un punto dal paradiso, con una ennesima vittoria sporca che, si sa, vale molto più di una vinta 6-2 o col poker, punteggi con cui il Bari, fin qui, aveva sconfitto qualche squadra, ma quella era un’altra epoca, sembra archeologia calcistica anche se è passato solo qualche mese; oggi si vince in modo striminzito, anche con due gol di scarto, ma si soffre, e quando vittoria e sofferenza vanno a braccetto, i tre punti hanno un profumo diverso, più intenso perché si vince con un altro atteggiamento, quello delle grandi squadre che riescono a portare casa i tre punti giocando strategicamente come il gatto fa col topo dove il Bari, ovviamente, è il gatto.

Il Bari ha vinto sporcandosi le mani, con umiltà, ma anche con la consapevolezza di potercela fare al cospetto, occorre dire, di un avversario davvero forte, forse la migliore squadra vista a Bari insieme al Pisa e al Genoa, e, a tal proposito, mi domando come mai stia ancora laggiù con quel fior fiore di giocatori che si ritrova nella rosa. Il calcio è davvero strano a volte. Naturalmente, anche se i tifosi della Serenissima non mi leggeranno, mi auguro che si salvino perché dire che se lo meritano è dire poco. Ho visto un Bari con l’elmetto e lo scudo, capace di difendersi bene soprattutto con gli attaccanti e con spirito di sacrificio: quel salvataggio di Benedetti nell’area piccola di Caprile che si è immolato sul giocatore veneto il quale, senza di lui, avrebbe segnato la dice tutta sullo spirito di sacrificio da parte di tutti.

Chi mi legge sa bene che ho sempre parlato di salvezza come obiettivo, cosa di cui ha parlato anche il presidente sin da Roccaraso, e forse evitando pericolosi proclami rimanendo con le luci di posizione inutilizzando gli anabbaglianti e gli abbaglianti, ha fatto bene alla squadra perché chissà cosa ne sarebbe stato se si fosse parlato sin dall’inizio di promozione o, peggio, di pretesa di promozione, facile che staremmo al posto del Venezia.

La gara di mercoledì ha detto anche che Mignani è uno stratega capace di mettere in campo quelle forze decisive alla causa.

Infatti, forse anche costretto dalle tre gare ravvicinate in sette giorni, ha messo in campo senza pensarci due volte Bellomo, Molina, Ricci e Antenucci, giocatori che son partiti dalla panchina fino a sabato scorso, poi ha deciso le sostituzioni che, volenti o nolenti, ha azzeccato perché con quelle sostituzioni il Bari ha vinto ancora, quindi addirittura ha gettato in campo Zuzek come quinto difensore, mica in sostituzione di Di Cesare che io, allenatore, avrei levato a causa del cartellino giallo, segno che, con il suo fido Vergassola, ha intuito che le cose si stavano mettendo male vista la qualità ed il forcing prevedibile del Venezia, e saggiamente ha preso una decisione tipica dei vecchi allenatori che pensavano bene di arroccarsi in difesa piuttosto che impensierire l’avversario con un’altra punta: Bolchi, Bearzot, Trapattoni tanto per citarne tre. Del resto, Quinto Orazio Flacco, nelle celebri “Satire”, a proposito di Bari, parlava di una “Bari moenia psicosi“, ovvero di una Bari fortificata ma anche parecchio pescosa, ed il Bari di mercoledì si è fortificato pescando tre punti preziosi che valgono quanto il prelibato carpaccio di tre saraghi di scoglio a 40 euro al chilo, mica ciambotto o pesce d’allevamento o, peggio, pesce azzurro (anche se a me piace molto).

Taluni potrebbero eccepire che qualcuno sarebbe potuto entrare prima o che qualcun altro non sarebbe dovuto uscire: Mignani ha risposto coi fatti incassando tre punti e, ripeto, qualcuno potrà storcere il muso, ma poi vince le gare. E se accade casualmente potrei avere dubbi anche io, ma se ne vince decine di gare con questo modo occorre avere il buonsenso di evitare inutili critiche e applaudire il tecnico. Diversamente, se le mosse non avessero sortito gli stessi effetti, allora tutte le critiche sarebbero state sacrosante. Ma al cospetto di un terzo posto – quasi secondo – cosa diavolo andiamo a criticarlo? Magari sono io che mi sbaglio, non so. Certo, magari cambiando qualcuno al posto di un altro, chissà, si sarebbe sofferto di meno, ma a parte che non c’è la controprova, poi credo che davanti si ha sempre un avversario che, con l’acqua alla gola sia per la classifica deficitaria, sia per il risultato negativo che sta patendo in quel momento, gioco forza, deve aggredire e giocare spingendo il Bari nella propria metà campo, fa parte del gioco, della normalità delle cose, tutto sta ad avere quella capacità giusta di sofferenza senza patire e senza cascare in errori o in paure, e fino adesso il Bari ha, si, sofferto gli avversari ma, tranne un paio di gare, non mi pare che gli avversari abbiano subissato la difesa biancorossa di occasioni da gol. Mercoledì quando il Venezia ci ha costretti dentro la nostra metà campo, non ha prodotto alcuna occasione, semmai l’ha prodotta nel primo tempo quando si è limitato a giocare e quando non aveva l’acqua alla gola, così dicasi a Brescia e col Cosenza. E non solo. Soffrire, sì, ma con giudizio e testa. Ecco, magari se si vuol muovere una critica occorre dire che si prendono troppi gol da calci piazzati, da corner o da cross, ma questo lo vado dicendo da tempo, ma quando si deve tenere stretta una vittoria, il Bari subisce ma non si vedono occasioni da gol clamorose.

Certo, non sempre potrà andar bene, potrebbe capitare che qualche volta il Bari possa subire un gol, magari pareggiando o perdendo la gara, ma anche questo fa parte del gioco, e poi il Bari non è il Chelsea e nemmeno il Bayern o il Paris Saint-Germain. Insomma.

Dove potrà arrivare il Bari? E chi lo sa, tutti ci auguriamo che arrivi lontano (non lo diciamo, meglio), i segnali sono positivi, le cose girano in favore dei biancorossi che, occorre dirlo, è in credito con la sorte anche se la sorte si deve andare a cercare, mica arriva dall’alto.

Domenica si va ad Ascoli Piceno, una delle più graziose città d’Italia, e il “picchio” è in ripresa avendo vinto a Modena lasciando alle spalle, almeno per il momento, la zona rossa così da poter guardare con fiducia il futuro che potrebbe voler dire anche playoff, ma sono convinto che nel Piceno tutti stanno pensando più che altro a salvarsi prima di tutto. Vedremo cosa riusciranno a combinare i nostri nella terra del ciauscolo, delle celebri olive e dell’ottimo nero delle colline marchigiane.

Il Bari fino adesso ha dimostrato che può contare su almeno 25 giocatori fissi (dispiace per Ceter, Bosisio e Galano), e Mignani lo sa e per questo lavora con serenità.

Questo Bari cinico guidato da uno stratega potrebbe offrire chance in più nello sfatare la iattura dei playoff. Ma, ripeto, non lo diciamo. Profilo basso, pensiamo a salvarci che è meglio….

Il refrain per cui se ci sia, o meno, volontà da parte della società di andare in A, francamente mi ha stufato parecchio, guardiamo avanti perché davanti alla possibilità di essere promossi direttamente nessuno può tirarsi indietro nemmeno i De Laurentiis che, così, risparmierebbero tanti soldi per altri anni arrancati in B. E poi, volete sapere come la penso? Qualche trattativa per la cessione avviata c’è.

Massimo Longo

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