Un manifesto femminista, provocatorio e anticonformista: la Compagnia Diaghilev mette in scena “Una casa di bambola” di Henrik Ibsen

Denuncia sulla condizione delle donne di fine Ottocento, «Casa di bambola» è l’opera teatrale più famosa del drammaturgo norvegese Henrik Ibsen ed è ancora oggi considerata un manifesto femminista ante litteram, fortemente provocatorio e anticonformista.

Un dramma che la Compagnia Diaghilev mette in scena dal 2 al 19 febbraio, nell’auditorium Vallisa di Bari, per la stagione teatrale 2022-2023 «Le direzioni del racconto», in una nuova produzione con l’adattamento e la regia di Giuseppe Marini e l’interpretazione di Altea Chionna, Deianira Dragone, Alessandro Epifani, Francesco Lamacchia e Paolo Panaro. Nuovi gli orari: dal martedì al giovedì sipario alle 20, il venerdì e il sabato alle 21, la domenica alle 19.

Marini ha scelto una rilettura critica dell’opera. «Ho voluto corroderne la superficie naturalista e disincagliarla da quei luoghi comuni, pregiudizi culturali e impalcature ideologiche cui è rimasta ancorata sin dal suo esordio», spiega il regista. La prima si tenne al Det Kongelige Teater, il Teatro Reale Danese di Copenaghen, il 21 dicembre 1879, l’anno stesso della stesura, alla quale l’autore lavorò durante un soggiorno ad Amalfi.  E sempre in Italia, ma a Roma, erano nati i drammi giovanili «Brand» e «Peer Gynt», dunque, poco prima che Ibsen si trasferisse in Germania, a Dresda, dove si sarebbe convertito al Positivismo e a quel Naturalismo sul quale Giuseppe Marini ha scelto di compiere l’azione di sgretolamento che caratterizza la rilettura di «Casa di bambola», inno all’insopprimibile libertà dell’essere umano.

L’opera racconta di Torvald Helmer (Paolo Panaro) e degli otto anni di matrimonio con Nora (Altea Chionna), sposa-bambina che il marito vezzeggia come fosse un giocattolo. Ma Nora serba un segreto: per aiutare nelle cure il marito, anni prima ha chiesto del denaro in prestito, ma ha rilasciato una cambiale con la firma falsa. E adesso Nora è ricattata proprio dall’uomo che aveva coinvolto per ottenere il prestito, Krogstad (Francesco Lamacchia), impiegato nella stessa banca della quale Helmer nel frattempo è diventato direttore. Krogstad vuole una promozione, mentre Helmer vuole licenziarlo. Nora, della quale è innamorato il dottor Rank (Alessandro Epifani), il migliore amico della famiglia Helmer, non riesce a impedire il benservito, e quando la lettera di licenziamento viene spedita, il marito riceve a sua volta una missiva nella quale gli viene rivelata tutta la verità. Non dovrebbe accadere nulla, perché il sotterfugio di Nora era a fin di bene. Infatti, lei spera di essere compresa. Invece, Helmer si arrabbia perché teme per la propria carriera. Ed è qui che Ibsen inserisce il colpo di scena: l’aiuto provvidenziale della signora Linde (Deianira Dragone), amica di Nora, fa sì che lo strozzino rinunci al proprio ricatto. Tuttavia, Helmer decide di punire ugualmente Nora, togliendole il ruolo di educatrice dei loro tre figli, spingendola così a lasciarlo. Nora, finalmente libera, non più un giocattolo nelle mani del marito, spezza il patto sociale sul quale Ibsen ha costruito il dramma, svelando, senza falsi pudori, le ipocrisie del perbenismo borghese. Dunque, evidenziando i turbamenti e le crisi che si celano dietro la facciata di rispettabilità, il grande drammaturgo norvegese compie l’atto rivoluzionario di smitizzare la famiglia, apparente simbolo della concordia, per rappresentarla come sede dei conflitti più aspri e laceranti.

Prenotazioni al numero 333.1260425. Biglietti online sul circuito Vivaticket.

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