La settimana sportiva: l’analisi di Bari – Perugia

Quando si perde in questa maniera c’è poco da analizzare e da dire. Lo sconcerto e la delusione prendono sempre il sopravvento sulla fisiologica critica che sabato la squadra si è meritata tutta senza appello.
Io da sempre mi son guardato bene dal criticare De Laurentiis dal momento che, come scrivo spesso, in quattro anni ci ha condotto dalle polveri di Troina a Marassi (anche se dobbiamo ancora andarci), raggiungendo persino il primo posto qualche mese fa, conquistando due promozioni ed una terza sfiorata a causa di un gol regolare annullato a Reggio Emilia, e con tutta franchezza, per me sarebbe stato un esercizio difficile muovere una sola critica sebbene nell’anno di Romairone non mi sono risparmiato, sebbene ci fosse l’alibi della fiducia riposta verso un direttore a lui sconosciuto. Ci sta sbagliare persona, un addetto ai lavori soprattutto quando si è neofiti del calcio e Luigi De Laurentiis lo era e lo è.
E poco mi è importato se il Bari di due anni fa veniva gestito dai comandi sotto il Vesuvio con Pompilio che ne gestiva la campagna acquisti e con Scala che prendeva ordini da lui: vincere due tornei con l’ausilio del Napoli non è un problema, l’importante era uscire in fretta da quelle categorie, con Pompilio o con Scala, e così è stato. Bari succursale? E chi se ne frega, almeno per me, ora il Bari è in B e tanto mi basta.

Certo, nemmeno a me piace la multiproprietà e se vogliamo, un tantino infastidisce essere pilotato da don Aurelio e dalla Filmauro, ma non ci possiamo far nulla, queste erano le condizioni sine qua non in sede di presa in carico in Comune nel luglio 2018 e così vanno accettate sperando che tutto si risolva in meglio a favore del Bari, anche se da sempre penso che sarebbe un suicidio se il Bari tornasse nelle mani di imprenditori locali perché si creerebbero tutti i presupposti del ritorno al clientelismo che ai più – agli ipocriti – non sta bene, ma che gli stessi sotto sotto sperano torni così da tornare a sistemare figli, nipoti, ad ottenere prebende, biglietti, favori politici (e non solo) e quant’altro, dopo tanto che è stato fatto dai De Laurentiis per dare una parvenza di città sprovincializzata (o deprovinciliazzata, fate voi), ma da queste parti si ama sguazzare nel provincialismo più bieco, qui piace tanto entrare in confidenza con la dirigenza di turno così da ottenere favori.

Perché questa è la verità anche se farà arrabbiare qualcuno. Pensateci. E’ così. E poi devo leggere striscioni “ De Laurentiis tempo scaduto”, “hai offeso i tifosi” (perchè avrebbe offeso i tifosi, poi, rimane un mistero: solo certi tifosi riescono ad interpretare frasi nelle quali si vuol dire altro) o robaccia del genere. Perché, poi? Perché il Bari ha perso contro il Perugia e perché in quattro anni dalla D siamo arrivati al primo posto in B, salvo poi retrocedere al quinto posto. Ma per piacere.
La verità è che i De Laurentiis qui a Bari non sono mai stati digeriti perché forestieri. E meno male che Bari storicamente passa per la città amante dei forestieri. E no, i De Laurentiis fanno eccezione perché si son permessi di porre freno alle prebende.

Il Bari di ieri mi è parso talmente brutto da non sembrarmi vero, soprattutto dopo aver visto il Bari tonico e spumeggiante contro il Parma e, se vogliamo, anche quello visto contro il Genoa che non avrebbe meritato di perdere. Pensavo che con la gara contro l’Ascoli dove il Bari rinunciò a giocare fosse stato toccato il fondo ed invece mi sbagliavo. I maligni dissero che i giocatori ebbero ordini precisi di rallentare la corsa perché il Bari era troppo in alto e ai De Laurentiis che tendono ad allungare la gestione societaria, non andava giù. Vero o falso? Chissà. Nessuno di noi ha certezze assolute, si fanno solo illazioni entro le quali io non mi ci infilo. Fatelo voi. Io mi occupo di certezze. Io parlo del presente.

Sabato il Bari ha giocato la peggior partita della stagione e ha meritato di perdere senza appello. Certo, fa rabbia se penso al fatto che il Bari va a Palermo, sbaglia tre gol facili, dà l’impressione di poter vincere a mani basse data l’inconsistenza dell’avversario, e poi, come è scritto nella nota legge della vita per cui chi sbaglia paga, subisce il gol e perde, e forse pure meritatamente così impara a sbagliare: il Perugia viene a Bari sbaglia tre gol facili (grazie anche a San Caprile), dà l’idea di vincere a mani basse, tutto lascia supporre che possa essere punito come il Bari a Palermo ed invece cosa fa? Vince. Ecco, tutta qua la differenza. Perché il calcio è strano, non c’è mai nulla di scritto, né di scontato, nemmeno la nota legge del “gol sbagliato, gol subito” spesso regge. E’ che il Bari, proprio, queste situazioni se le va a cercare da sempre. Purtroppo aggiungo. Altro che Legge di Murphy.

Un Bari forse mai sceso in campo: l’unica occasione (parola grossa, diciamo opportunità) l’ho registrata con Bellomo che ha tirato, defilato, debole sul portiere nel primo tempo, poi il nulla, solo errori ed orrori da parte di tutti (di Folorunsho soprattutto, ma non solo lui). Mi chiedevo man mano che trascorreva il tempo dove era finito il Bari visto in autunno, il Bari che vinceva a Perugia, a Cagliari, a Cosenza, contro il Brescia, il Parma, il Modena. Evaporato in una nuvola nera. Le assenze di Cheddira e di Maita non siano l’alibi perfetto perché non reggerebbe. Sabato non ho visto quel Bari pieno di intensità e di qualità intravisto fino a Palermo dove non ha meritato di perdere.

Cosa stia succedendo nel Bari non lo so e temo che non lo sapremo mai. Giocatori contati? Forse, ma quelli visti ieri sono gli stessi (più o meno) che hanno tirato la carretta fino adesso e, se vogliamo andare a fondo, Cheddira è mancato per sei turni ed il Bari non ha mai perduto, anzi, quando è rientrato dal Quatar, guarda la combinazione, il Bari ha perduto contro il Genoa. Fa rabbia vedere una squadra ultima in classifica (o penultima, siamo lì) venire a Bari e spadroneggiare nel gioco e nell’intensità e, per di più, sbancare il San Nicola, fa rabbia si.

Ora c’è il rush finale del mercato e da qui sapremo bene le intenzioni della società, ovvero se vuole continuare a lottare per un posto nei playoff (per la promozione diretta la vedo difficile), o se vuol proseguire nella “prospettiva” intesa come continuazione del progetto triennale, valorizzando i giovani e svecchiando la rosa, cosa che sappiamo tutti e che molto coerentemente Luigi De Laurentiis, dietro una mia domanda precisa a Roccaraso (che tanto fece arrabbiare i tifosi: poi gli stessi mi accusano di essere filo-presidente) dichiarò di non aspettarsi la promozione quest’anno ma che la stessa sarebbe stata programmata in tre anni. Certo, io ritengo che visto l’equilibrio regnante quest’anno, non tentarci sarebbe un delitto. Sarebbe un anno sprecato e regalato al tempo e alla storia. “Fere libenter homines id quod volunt credunt”, spiegava Giulio Cesare, ovvero “Gli uomini credono volentieri in ciò che desiderano”. E allora, su, coraggio.

A tal proposito mi chiedo se fosse necessario non convocare Salcedo, ieri, dal momento che tra i convocati c’erano solo due attaccanti peraltro troppo statici e in condizioni approssimative le cui rese sappiamo bene che sarebbero state poco remunerative. Non sarebbe stato il caso farlo giocare un’ultima volta? Per me è un errore clamoroso della società e, forse, di Polito. Ah già, io sono filo-societario, è vero, dunque queste affermazioni non dovrei farle. Adesso non avrò più prebende dai De Laurentiis. Ma andate al diavolo (riferito solo a chi mi accusa, si intende).

Massimo Longo

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