Nel Giorno della Memoria, l’Agìmus di Mola di Bari inaugura il suo “Inverno 2023” con la pièce “La musica miracolosa” di Stefano Valanzuolo e Francesco Nicolosi dedicata a Wladyslaw ‘Wladek’ Szpilman, il pianista di Varsavia

Un racconto, una finestra sul presente e un’indagine del passato, un’occasione di riflessione. E il ricordo si fa responsabilità per le celebrazioni del Mese della Memoria, al quale l’Agìmus di Mola di Bari diretta da Piero Rotolo, inaugurando ufficialmente la sua programmazione invernale, porta il proprio contributo oggi, sabato 28 gennaio (ore 20.45), al Teatro van Westerhout, con la storia del pianista di Varsavia resa celebre sul grande schermo da Roman Polanski. Storia che qui viene ripresa in un intreccio di narrazione e musica nel concerto-spettacolo “La musica miracolosa“, con Stefano Valanzuolo in veste di voce narrante e Francesco Nicolosi interprete al pianoforte di Chopin, Liszt-Wagner, Debussy, Rachmaninov e, per l’appunto, Szpilman, il pianista di Varsavia.

Quando Roman Polanski decise di raccontare l’Olocausto col film «Il pianista», vinse prima la Palma d’Oro a Cannes e poi tre Oscar a Los Angeles. E per girarlo, quel film, si ispirò all’omonimo romanzo autobiografico di Władysław Szpilman, il musicista ebreo scampato all’orrore nazista sulla cui vicenda è basato il concerto-spettacolo «La musica miracolosa. Storia del pianista del Ghetto di Varsavia» che l’Agìmus propone nel periodo in cui ricorre la «Giornata della Memoria». Un progetto nel quale il narratore Stefano Valanzuolo (autore del testo) descrive la straordinaria vicenda dell’artista polacco accompagnato dal pianista Francesco Nicolosi, che interpunge il racconto con pagine di Debussy (Clair de lune), Wagner (la morte di Isotta nella trascrizione di Liszt), Chopin (Notturno in do diesis minore, Variazioni su Là ci darem la mano dal Don Giovanni di Mozart e Preludio op. 28 n.4), Rachmaninov (Preludio op. 32. N. 10) e dello stesso Szpilman (Mazurka).

Dei quattrocentocinquantamila ebrei rinchiusi nel ghetto di Varsavia dai tedeschi, dopo l’invasione del 1939, ne rimasero in vita soltanto ventimila. E tra i sopravvissuti ci fu proprio Wladyslaw Szpilman, detto Wladek. A evitargli la morte sarebbe stato un ufficiale tedesco catapultato dal caso tra le macerie della capitale polacca. Dunque, un nemico e carnefice, miracolosamente folgorato da un lampo di umanità e di rispetto verso l’arte e la musica. Quasi uno spiraglio di luce in mezzo all’inferno. Ma a salvare la vita a Szpilman non fu semplicemente quell’ufficiale, fu anche la tenacia con la quale il pianista seppe non arrendersi a una morte che sembrava inevitabile, mantenendo accesso il desiderio incorruttibile di vivere, forse proprio perché unico superstite di una famiglia che gli aveva regalato il dono della musica e del saper suonare, in fondo in fondo un modo gentile di vivere. E se non ci fosse stato il film di Polanski, bellissimo e pluripremiato, a ridarle qualche anno fa giusta visibilità, oggi la figura di Szpilman, morto nel 2000, sarebbe forse sbiadita, dolorosamente confusa tra quelle di uomini e donne macinati dalla barbarie nazista, precipitata per sempre nell’oblio, celata agli occhi del mondo al pari di troppe tragedie senza nome. Per cui lo spettacolo «La musica miracolosa» questo si propone di fare: raccontare la storia possibile di un uomo sopravvissuto all’orrore grazie all’amore per la musica, il pianoforte e Chopin. In altre parole, per la vita.

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